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Climate change, Rossi Albertini: “Ischia e dissesti italiani, siamo solo all’inizio!”

“La  frana di Ischia? Purtroppo non è finita: con i cambiamenti climatici siamo solo all’inizio”. Così Valerio Rossi Albertini, fisico nucleare e noto divulgatore scientifico, sui danni causati dai cambiamenti climatici all’ambiente e all’uomo, a partire dalla tragedia di Ischia, in un’intervista a tutto tondo per Interris.it nella quale si parla anche del presunto gap delle donne nelle scienze.

Valerio Rossi Albertini-Tiranni, detto Rossi Albertini (Roma, 30 ottobre 1963), è un fisico e divulgatore scientifico italiano, specializzato in metodi di indagine sia teorici sia sperimentali, di materiali e dispositivi avanzati per la produzione e l’accumulo di energia, quali celle a combustibile, celle fotovoltaiche organiche, batterie a ioni di litio. È attivo, inoltre, nella divulgazione scientifica televisiva.

 

L’intervista a Valerio Rossi Albertini

Lei si è laureato cum laude in Fisica con indirizzo nucleare all’Università “La Sapienza” di Roma. Come è nato il suo interesse per questa materia?

“La passione per la scienza è nata da bambino. Ero appassionatissimo di quei piccoli esperimenti che si possono fare reperendo i prodotti chimici in casa. Una cosa peraltro assolutamente sconsigliata perché mescolavo sostanze chimiche pericolose di nascosto dai miei genitori: varichina, acido muriatico, soda, bicarbonato…c’era l’incoscienza dell’infanzia. Mi chiedevo sempre: ‘Cosa succede se mischio queste sostanze?’ e facevo le prove. Una volta mischiai l’acido muriatico con la varechina. Risultato, una cosa pericolosissima: il cloro, che è un gas asfissiante! E’ lì che imparai (a mie spese) ad essere più prudente: avendo preso due boccate di cloro, evitai il ricovero ma passai un brutto quarto d’ora! E’ ovvio che questi esperimenti non vadano fatti. Ma testimoniano la curiosità che è innata in tutti i bambini. Dunque: per fare bene lo scienziato bisogna mantenere la curiosità del bambino, ma con la razionalità dell’adulto. Lo scienziato è come il bambino curioso che si guarda intorno e cerca di capire come funzionano le cose e il mondo. Anche lo scienziato infatti cerca di capire il funzionamento delle cose, grandi o piccole che siano. Mi permetta, riallacciandosi alla sua domanda, di fare una critica amichevole al sistema scolastico”.

Prego…

“Io mi sono iscritto a Fisica non perché abbia studiato fisica al liceo scientifico, ma ‘nonostante’ l’abbia studiata a scuola”.

Perché questa critica (seppur amichevole…) al sistema scolastico?

“Perché purtroppo (e non è colpa degli insegnanti ma dell’intero sistema che andrebbe ristrutturato) il programma curricolare prevede di insegnare la fisica solo sui libri, con formule ed esempi alla lavagna. Ma questa non è fisica! Il padre della fisica moderna, Galileo Galilei, aveva un’idea diversa. Dovremmo tornare a lui per insegnare questa materia. Oppure osservare i bambini! la fisica è infatti la capacità di guardarsi intorno e capire il funzionamento di ciò che si vede. Ma non è questo quello che si insegna alle superiori, purtroppo. La scuola dovrebbe far innamorare i ragazzi della scienza. Non imporre solo che studino le formulette o le equazioni a memoria. Altrimenti non si appassioneranno”.

Lei è un insegnante. Pensa sia vero che le donne siano meno portate per le materie scientifiche?

“No. Il mio gruppo di ricerca è stato storicamente a maggioranza di ricercatrici donne. E non perché ci fosse una ‘quota rosa’. Ma semplicemente per questioni di merito: nell’ambito di mia competenza, al momento della selezione le ragazze avevano prevalso sui ragazzi. Credo però sia necessario fare una precisazione: la difficoltà delle donne nelle scienze esiste, ma non è legata alle capacità individuali…anzi. In genere le donne sono molto serie, motivate e impegnate”.

A cosa è dunque dovuto il gap?

“E’ una questione sociale. La donna non è abbastanza tutelata nel suo diritto di essere lavoratrice e madre. Si tratta di uno svantaggio intrinseco: ad un certo punto della carriera, dover coordinare vita privata e carriera professionale può non essere semplicissimo”.

Dunque, c’è o non c’è un gender gap nelle scienze?

“Entrambe le risposte. Non c’è per quel che riguarda la preparazione, la dedizione, la capacità e il talento. E questo smonta non pochi pregiudizi sulle donne che studiano materie scientifiche. C’è però un gap sociale dovuto all’istituzione che non tutela a sufficienza le donne nel duplice ruolo di lavoratrici e di madri”.

Qual è la funzione sociale del divulgatore scientifico?

“Quella del divulgatore scientifico ha in questo momento storico una delle più alte funzioni che esistano. Prendiamo ad esempio la recente tragedia della frana a Casamicciola, nell’isola di Ischia. Chi ha il compito di spiegare qual è la vulnerabilità di quel particolare territorio e perché? Lo fa il divulgatore scientifico. Non il giornalista, il cui compito è riportare i fatti e dunque documentare il ‘cosa è successo’. Deve invece farlo il divulgatore scientifico, il cui compito è quello di spiegare ‘perché è successo’. Sono due aspetti complementari ma distinti dell’informazione”.

In pandemia qual è il ruolo del divulgatore scientifico?

“E’ un ruolo cruciale che comprende anche la lotta alle cosiddette fake news. Infatti, durante il lockdown tenevo una rubrica su Rai1 di informazione e di comunicazione per spiegare alla gente che cosa fosse questo nuovo virus che circolava; come si fosse diffuso; come contrastarlo e, non ultimo, la necessità della vaccinazione per proteggersi e proteggere fragili ed anziani. In una situazione di crisi mai affrontata prima come è stata la pandemia di Covid19, è stato essenziale divulgare una corretta informazione. Le fake news, infatti – e ne sono circolate tantissime specie tramite social – attecchiscono nella persona che non è sufficientemente preparata. Non ha gli anticorpi – mi permetta il gioco di parole visto che parliamo di virus – contro le false informazioni. Non possiamo pretendere che tutta Italia sia composta da scienziati o medici…E’ per questo che è necessaria la figura del divulgatore scientifico: è un mediatore che permette al privato cittadino (anche quando non è alfabetizzato scientificamente) di discriminare quando una notizia ha un fondamento scientifico e quando no”.

Crede che la tragedia di Ischia – oltre ai fattori antropici – sia riconducibile anche alle conseguenze del cambiamento climatico?

“Certamente sì. C’è una vulnerabilità intrinseca dell’Isola di Ischia. Già 100 anni fa infatti – precisamente nel 1910 – ci fu un’alluvione con conseguente frana di fango che seppellì Casamicciola. Al tempo, per comprendere le cause della tragedia, venne istituita una commissione d’inchiesta. Negli atti si possono ancora oggi leggere le risposte. La commissione infatti stabilì diverse cause della frana. La prima fu la predisposizione naturale dell’isola vulcanica composta da ceneri che si depositano su ammassi rocciosi e che quindi non sono coesi e si possono distaccare facilmente. La seconda: l’insufficiente incanalazione delle acque piovane; la terza: la mancanza di opere di difesa idraulica a tutela dei centri abitati; infine: l’eccessivo disboscamento (già un secolo fa si usò proprio questo termine…). Quindi, 100 anni fa la commissione fotografò la fragilità dell’isola in maniera assolutamente precisa e direi moderna”.

E’ dunque colpa dell’uomo?

“In gran parte sì, perché non si sarebbe dovuto costruire alle pendici di un monte di un’isola vulcanica, da dove è facile che ci siano dei distaccamenti anche importanti. Ciò nonostante, non possiamo ridurre tutto agli errori dell’uomo. Purtroppo, i cambiamenti climatici sono stati determinanti in questa tragedia. Lo rivelano proprio i dati storici”.

Perché?

“Perché nel 1921, affinché si producesse la frana, dovette piovere per due settimane ininterrottamente. Lo scorso 26 novembre, per produrla sono bastate cinque ore! E’ arrivata una ‘bomba d’acqua’, il costone friabile si è distaccato; poi, a causa del disboscamento, non ha trovato nessun ostacolo e in pochissimo tempo – non giorni, ma ore! – ha spazzato via case e vite umane”.

Cosa insegna la tragedia di Ischia?

“L’Italia è un Paese fragile. Se si continua ad ignorare il pericolo nelle tante zone a rischio che sono presenti in Italia, statisticamente prima o poi qualche altra tragedia avverrà. Sia perché il dissesto idrogeologico in Italia è una piaga generalizzata del nostro Paese (il 94% dei comuni sono a rischio idrogeologico) sia perché i cambiamenti climatici non hanno ancora dispiegato tutti i loro effetti dannosi”.

In che senso?

“Gli eventi degli ultimi anni, quali: Ischia, il nubifragio delle Marche, il distacco del seracco sulla Marmolada, le estati torride con siccità prolungate …non sono gli effetti estremi dei cambiamenti climatici. Questi purtroppo sono solo i primi segni premonitori. Sono come una carezza prima del pugno vero e proprio! Quando inizieranno a schiaffeggiarci sarà molto peggio”.

Quali soluzioni contro la crisi climatica?

“Le istituzioni devono far funzionare le conferenze sul clima che invece sistematicamente falliscono. Come avvenuto in Egitto pochi giorni fa senza, in pratica, un ‘niente di fatto’ anche a causa dell’assenza al summit sul clima delle tre grandi Nazioni inquinanti del Pianete: Cina, India e Russia. Non possiamo dunque stupirci che la situazione non migliori e anzi vada peggiorando poiché non c’è una reale collaborazione su scala globale”.

Cosa invece possiamo fare noi in Italia?

“Poiché non si può eliminare la causa, è necessario quanto meno contrastare e mitigarne gli effetti. A Ischia, ad esempio, fare dei canali di scolo e abbattere le costruzioni che sono sulla traiettoria della frana. Anche se sono case condonate. Questo significa metter mano al portafogli: per spostare intere famiglie che vivono nella ‘zona rossa’ ormai legittimamente (perché legalizzate) è necessario dare loro un’alternativa concreta e soddisfacente. Ma questo lavoro, seppur improbo, va fatto assolutamente, senza aspettare oltre. Non solo per coloro che hanno la ‘colpa’ di aver costruito abusivamente una casa in una zona pericolosa; ma anche per quei 5 bambini morti travolti dal fango. I bambini non hanno nessuna colpa dello scempio fatto dall’uomo. A Ischia come altrove”.

Milena Castigli

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