Cesare Mirabelli: “La democrazia si realizza vivendola”

Il 15 settembre si celebra la Giornata internazionale della democrazia, per l'occasione In Terris ha intervistato il giurista e presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli

“La democrazia non si può imporre ma va vissuta e alimentata tutti i giorni con la partecipazione del popolo“. In occasione della Giornata internazionale della Democrazia, Cesare Mirabelli, giurista e presidente emerito della Corte costituzionale, sentito da InTerris, spiega perché la democrazia non è un modello formale sancito dalla semplice organizzazione di libere elezioni. Rappresentanza delle minoranze, libertà di espressione, il ricambio nei centri di potere sono solo alcuni elementi che consentono ad una democrazia di rispondere alle difficili sfide dei nostri giorni.

Presidente Mirabelli anzitutto possiamo tracciare un bilancio dello stato di salute delle nostre democrazie?

“Non darei giudizio su come sta messa la democrazia, ma ricorderei che è una forma di governo dello Stato che richiede alcuni elementi essenziali senza la quale non può definirsi tale. I due più importanti sono il rispetto dei diritti fondamentali e il fatto che le espressioni di potere rispondano ad un’investitura popolare”.

Quindi serve che ci sia un parlamento scelto dal popolo?

“Ci sono molte modalità di declinare le istituzioni democratiche, non solo il parlamento. Di certo però il cammino verso la democrazia è complesso e non irreversibile, abbiamo avuto dittature feroci nel ‘900 stati in cui prima era presente la democrazia. Ripeto la democrazia non è elemento che non è permanente e formale ma si realizza vivendola; si nutre di formazioni sociali partecipate. Non esiste uno stato democratico totalitario, dove vale legge assoluta della maggioranza. La democrazia consente il ricambio al governo con modalità non cruente”.

Sta dicendo che un altro elemento della democrazia è la rappresentanza e il rispetto delle minoranze?

“L’equilibrio tra diverse istituzioni che devono essere suscettibili a forme di controllo è importantissimo, cosi come la separazione dei poteri e operare secondo regole condivise. Altro elemento è la trasparenza nell’azione di governo, la democrazia si nutre di partecipazione”.

A proposito, la pandemia ha ridotto la partecipazione e ha posto molte limitazioni alle libertà personali. Una democrazia può consentire questo?

“E’ una situazione di emergenza, ha di assoluta novità. L’emergenza non si significa situazione di eccezione, con questo termine si intende la sospensione dei diritti fondamentali. Ci sono dei limiti imposti a diritti ma secondo criteri che ne danno la giustificazione, sono limiti temporanei e suscettibili di controllo e devono essere adeguati rispetto allo scopo. Situazione di emergenza forse può essere disciplinata meglio ma in generale nessuno è stato minacciato nei diritti fondamentali. Prendiamo ad esempio libertà di culto, alcuni provvedimenti molto restrittivi in Germania e Francia sono stati dichiarati illegittimi dal tribunale tedesco e Francese perché estremamente soppressivi del diritto di celebrazione religiosa. Diritti possono essere limitati ma non soppressi”.

Poi c’è tutta la querelle sui vaccini…

“Ne non è una violazione imporre un vaccino se ci limitiamo a determinati eventi. Per la poliomelite fu imposto l’obbligo  e in questo modo fu eradicata la malattia. Obbligo è imposto nell’interesse della persona e generale. Ma occorre giudizio, non possono esserci misure permanenti, e la decisione deve avere sempre una base democratica con il voto del parlamento”.

Altro tema caldo è l’influenza dei social e dei nuovi media sulla democrazia, si tratta di grandi piattaforme in mani ai pochi privati….

“Ogni strumento presenta opportunità e rischi, oggi l’informazione è diffusa in modo rapidissimo. Abbiamo immagini parziali della verità, occorre quindi un accresciuto senso critico da parte di tutti, la democrazia richiede educazione, è un conquista non risalente a epoche remote. La prima volta che le donne hanno votato in Italia è nel ’46. Non scandalizziamoci se è un cammino faticoso. Le formazioni sociali aiutano anche ad formare un senso critico legato al ragionamento”.

Dopo il ritorno dei talebani in Afghanistan, l’Occidente è tornato a chiedersi se è possibile esportare la democrazia. Lei che ne pensa?

“Non è possibile imporre democrazia, come non è possibile imporre una monocultura. La globalizzazione non può essere omologazione assoluta dei costumi, rispettare le tradizioni e al contempo i diritti fondamentali è la via seguire. Le tradizioni metabolizzano i diritti tramite il rispetto della libertà di comunicazione ed espressione del pensiero. Alcuni diritti fondamentali della persona possono essere imposti ma poi i modelli culturali possono essere diversi. Le democrazie non si esauriscono nel voto nell’urna, alcune delle peggiori dittature godevano di un voto popolare “bulgaro”. La democrazia si vive con una stampa libera, un’opinione pubblica attenta e procedure di ricambio al potere. Ci può essere anche una lunga permanenza al potere ma questo deve essere sempre bilanciato e controllato da altri organismi e dal popolo”.