“Don Oreste Benzi è stato uno dei grandi uomini del Novecento in Italia, ha saputo cambiare alcuni aspetti della cultura italiana: prima si parlava di ‘handicappati’, lui è stato fra i primi a chiamarli diversamente abili; le prostitute erano coloro che ‘facevano il mestiere più antico del mondo’, lui ci ha aiutato a riconoscerle come schiave, vittime della tratta. Inoltre, è stato un ‘provocatore’: ha portato avanti molte battaglie come dare una famiglia chi non ce l’aveva; ha portato in vacanza i disabili quando la mentalità del tempo era quella di tenerli quasi nascosti in casa. E’ stato un provocatore quando affermava che la droga era un surrogato di Dio: non basta il metadone, ma occorre ricostruire la persona e la personalità, bisogna dare valori”. A parlare a Interris.it è Elisabetta Casadei, teologa e postulatrice della causa di beatificazione del Servo di Dio don Oreste Benzi e membro del Comitato per il Centenario della nascita del sacerdote dalla “tonaca lisa”. A settembre prende il via, infatti, il Centenario di don Oreste Benzi, una serie di eventi che ci condurranno in un percorso di conoscenza e approfondimento della spiritualità del sacerdote riminese. L’evento culmine sarà il 7 settembre 2025, giorno in cui avrebbe compiuto cento anni.
Una nuova visione della storia e della società
Don Oreste Benzi, come spiega Elisabetta, aveva una visione completamente nuova della storia e della società, potremmo dire ribaltata. Lui era un forte promotore di quella che chiamava “società del gratuito“. E’ stato un grande educatore e ha fondato un’associazione – la Comunità Papa Giovanni XXIII – riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Alla sua morte, nel 2007, era presente in una ventina di Paesi. “Nel tempo l’Apg23 è cresciuta – sottolinea -. Lui aveva paura di essere ‘l’affondatore’ dell’associazione, invece ha costruito basi solide, ha lasciato un’eredità concreta, aveva strutturato l’Apg23 e formato le persone in modo che potessero affrontare il mare aperto anche senza di lui”.
L’attualità del suo messaggio
A 17 anni dalla morte, il messaggio di don Oreste è ancora attuale perché è stato capace di mettere al centro la famiglia e la relazione. “Viviamo in un mondo sfilacciato, frantumato, dove impera la solitudine – afferma -. Lui ci ha insegnato che l’uomo si sente esistere solo quando entra in relazione. L’uomo è fatto per mettere a frutto le proprie capacità, sentendosi parte di un ‘corpo’, questo è l’insegnamento di don Oreste Benzi – aggiunge -. E lo possiamo capire bene oggi grazie al magistero di Papa Francesco che nella ‘Fratelli tutti’ ribadisce che la famiglia umana è una, unica, che ci apparteniamo, che il bene dell’uno è custodito dall’altro. E’ il messaggio che oggi la Chiesa che deve dare, è da qui che parte il messaggio di evangelizzazione che deve essere fatta per trapianto vitale. Mettere la vita con la vita, portare i pesi gli uni per gli altri: questo è il profumo del Vangelo. Gesù ha avuto parole molto esplicite: ‘Vi riconosceranno da come vi amerete'”.
La spiritualità di don Oreste Benzi
Per il Centenario Elisabetta sta preparando due libri su don Benzi: il primo è una raccolta di aforismi (ne ha collezionati più di 600), il secondo è sulla spiritualità del sacerdote. “Don Oreste non è nato santo, era pieno di difetti, ma la pasta era buona – spiega Elisabetta -. E’ nato in una cultura contadina che profumava della pazienza e della gioia dei campi, dello stare insieme. I suoi genitori non erano eroici ma limpidi, potremmo dire che loro erano veramente ‘i poveri di Dio’. Quindi la prima parte del libro, inizierà proprio con i difetti di don Oreste – aggiunge -. Inoltre, mi ha colpito molto che lui ha iniziato a fare sul serio con il Signore molto tardi. In genere, nella vita dei santi si distingue sempre una prima e una seconda conversione – spiega -. La prima conversione è quando si decide di vivere per Cristo. La seconda conversione, invece, è avvenuta molto in là (nella maggior parti delle volto accade dopo i 40 anni). Don Oreste distingue la sua vita in tre periodi: il vivere per Gesù, il vivere con Gesù e il vivere in Gesù. Il sacerdote riminese ha vissuto come ‘facchino di Dio, così si definiva fino ai 60 anni. Mi sono stupita grandemente. Il vivere in Gesù, ossia l’uno nell’altro, avendo lo stesso cuore, di pensieri, si è vericato intorno ai 70 anni. Il Signore lo ha lavorato, scalpellato, rifilato, lucidato da artigiano, in tempi lunghi, questo per farci vedere che ha pazienza, ha tempo. Dio, da bravo artigiano, ha saputo fare di don Oreste un pezzo unico. Don Oreste può essere paragonato a un lottatore di sumo che ha combattutto contro se stesso: era docile nel mettersi in discussione, era capace di dare la priorità a un povero piuttosto che a un ministro, non mandava via nessuno senza avergli mostrato il suo bene”.
La causa di beatificazione
Elisabetta racconta che la causa di beatificazione del sacerdote riinese è a buon punto. Sono stati esaminati tutti gli scritti, anche quelli inediti. Sono state raccolte quasi 19 mila pagine di testi di don Benzi, senza contare i circa 30 libri e gli articoli di giornale a sua firma, gli interventi radio e in televisione. Tutto è stato rilegato in volumi, sono 56, ed inviato a Roma (per la causa di beatificazione di Paolo VI erano stati relegati 60 volumi). Gli sono state attribuite molte grazie, le più numeroso sono quelle di donne che devono partorire o che portano avanti gravidanza difficili, che sentono la vicinanza di don Oreste Benzi, ma al momento non è ancora stato riconosciuto nessun miracolo. “Ora sto esaminando tutto per fare un dossier, in gerco si chiama positio: conterrà la biografia documentata di don Benzi, la descrizione di come ha vissuto la fede, l’amore verso Dio e verso gli uomini, la castità, la giustizia, l’umiltà – aggiunge -. Tutti possiamo pregare don Oreste e invito a farlo. Miracoli riconosciuti al momento non ce ne sono. Penso che don Oreste ritardi un po’… lui era così, sempre in ritardo (ride, ndr). Un’altra spiegazione che mi sono data è che lui non si sarebbe mai voluto mettere davanti a Sandra Sabattini (dichiarata beata il 24 ottobre 2021)”.
Il ricordo di don Oreste Benzi
Elisabetta ha conosciuto il Servo di Dio molto giovane, frequentando la parrocchia. “Da postulatrice della sua causa di beatificazione, studiando tutti i documenti, mi sono resa conto che il sacerdote riminese incoraggiava tutti i giovani a proseguire negli studi – spiega -. Per lui la cultura era molto importante, ma so che aveva molto piacere quando qualcuno gli conunicava la decisione di studiare teologia – ricorda Elisabetta -. Un giorno, dopo aver fatto una fila lunghissima, sono finalmente riuscita a parlare con lui e gli ho confidato il mio desiderio di andare a Roma per studiare teologia e ho chiesto il suo parere. Lui mi guardò, piegò la testa verso la scrivania e si fece silenzioso. Io rimasi molto male, mi aspettavo una reazione diversa. L’unica cosa che mi disse fu: ‘Non ti dimenticare dei poveri‘. Qualche tempo fa, ricordando questo episodio, mi sono chiesta: se quel giorno mi avesse detto di no, cosa avrei fatto? So solo che oggi non avrei potuto fare la postulatrice della sua causa di beatificazione. Don Oreste non ha messo il bavaglio allo Spirito Santo, anche quello che lui non capiva lo promuoveva: è un segno di paternità spirituale enorme“.
Non un sognatore ma un profeta
“Credo che don Oreste abbia ancora molto dare e che sia molto di più di quello che ci ha già donato mentre era in vita. Alla Congregazione delle cause dei santi ci sono tre albi: quello dei santi, dei martiri, dei dottori della Chiesa – afferma -. Bisognerebbe chiedere di aprire quello dei Profeti. Perché essere profeti, come lo è stato don Oreste è una vita da non augurare a nessuno: è capitato a nostro Signore. Nessun profeta è profeta in casa sua. Don Oreste ha avuto una fortezza eroica nell’affrontare l’incomprensione – e conclude -: lui farà parlare molto più di sé in futuro rispetto al passato: quando lui parlava di società del gratuito non si trattava solo di parole. Lui non era un sognatore, ma un profeta“.