Prof. Casula: “Tricolore: da 227 anni senso di unità degli italiani”

Nella festa del Tricolore, il professor Carlo Felice Casula racconta a Interris.it i 227 anni della bandiera italiana, dalla Repubblica Cispadana all'epoca napoleonica, dal Risorgimento, all'Unità d'Italia, fino alla nascita della Repubblica

Roma - Il Torrino del Palazzo del Quirinale illuminato con il Tricolore. Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

Nel suo Canto agli ItalianiMameli scriveva: “Raccolgaci un’unica bandiera, una speme”. Il Tricolore nasce a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797. Nei suoi 227 anni, da simbolo di riscossa è divenuto emblema di libertà conquistata con il sacrificio di molti. Espressione delle speranze e degli eroismi di un popolo diviso che voleva l’Italia unita, il Tricolore da simbolo di riscossa è divenuto emblema di libertà conquistata con il sacrificio di molti. Simbolo della nostra identità, rappresenta ancora oggi il sentimento di unità degli italiani.

Nella Festa del Tricolore, il professor Carlo Felice Casula racconta a Interris.it i 227 anni della bandiera italiana, dalla Repubblica Cispadana all’epoca napoleonica, dal Risorgimento, all’Unità d’Italia, fino alla nascita della Repubblica.

Dalla rivoluzione francese alla Repubblica Cispadana

La bandiera della Repubblica italiana – esordisce il prof. Casula – nasce a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797, quando il Parlamento della Repubblica Cispadana, su proposta del deputato Giuseppe Compagnoni, decreta “che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori verde, bianco e rosso, e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti”.

In realtà, come spesso avviene, la scelta non nasce dal nulla. Perché già nel decennio precedente il Tricolore verde bianco e rosso aveva cominciato a circolare, ad essere usato soprattutto dai militari e dai simpatizzanti della rivoluzione francese.

Si trattava di riprendere in Italia il modello del Tricolore francese – blu, bianco e rosso – adottato il 15 febbraio 1794 per sostituire il vecchio simbolo della casa regnante francese. Rispetto al modello francese, sul tricolore italiano c’è il colore verde, scelto forse per riprendere il colore delle uniformi della Guardia civica milanese. 

L’epoca napoleonica

La prima campagna d’Italia, che Napoleone conduce tra il 1796 e il 1799, sgretola l’antico sistema di Stati in cui era divisa la penisola. Al loro posto sorgono numerose repubbliche giacobine, di chiara impronta democratica. La maggior parte non sopravvisse alla controffensiva austro-russa del 1799. Tuttavia, esse rappresentano la prima espressione di quegli ideali di indipendenza che alimentarono il nostro Risorgimento.

Il Risorgimento

Chiusa la stagione del ’48, la bandiera divenne il simbolo di una riscossa divenuta ormai nazionale. Il 23 marzo 1848 Carlo Alberto rivolge alle popolazioni del Lombardo Veneto il famoso proclama che annuncia la prima guerra d’indipendenza e che termina con queste parole: “(…) per viemmeglio dimostrare con segni esteriori il sentimento dell’unione italiana vogliamo che le Nostre Truppe (…) portino lo Scudo di Savoia sovrapposto alla Bandiera tricolore italiana”.

L’unificazione d’Italia e re Vittorio Emanuele II

Il 17 marzo 1861 venne proclamato il Regno d’Italia. La bandiera della nuova Italia formatasi dopo l’unificazione continuò ad essere quella della prima guerra d’indipendenza: resta lo stemma Sabaudo al centro, su sfondo bianco.

E’ una bandiera che raccoglie sia quello che era stato il portato rivoluzionario risorgimentale sia il perseguire della dinastia Sabauda. Proprio per marcare questa continuità, Vittorio Emanuele II da re di Sardegna diventa re d’Italia senza mutare il suo nome: a rigor di logica si sarebbe dovuto chiamare Vittorio Emanuele I – essendo il primo re d’Italia – ma volle sottolineare la continuità dinastica della casata Sabauda. E venne lasciata la numerazione precedente: re Vittorio Emanuele II.

La Repubblica Sociale italiana

Forse è meno noto che anche durante gli anni dell’occupazione tedesca, la Repubblica Sociale italiana conservò il Tricolore come bandiera anche se al suo interno conteneva il simbolo del fascio littorio per evidenziare che si trattava di un nuova realtà statuale. Realtà non proprio indipendente essendo sotto controllo stretto dell’occupante tedesco.

Dall’Italia Fascista all’Italia Repubblicana: il tricolore

Un altro passaggio ancora si ha dopo la fine del fascismo con il passaggio all’Italia Repubblicana con la nascita del Tricolore che diventa quello che noi abbiamo ancora oggi: le tre bande di colori verticali perfettamente uguali l’una all’altra come dimensione, ovviamente senza più lo stemma sabaudo, essendo ora la bandiera della Repubblica italiana.

Il Tricolore venne confermato dall’Assemblea Costituente nella seduta del 24 marzo 1947 e inserita all’articolo 12 della nostra Carta Costituzionale. E perfino dall’arido linguaggio del verbale possiamo cogliere tutta l’emozione di quel momento, quando il presidente Meuccio Ruini pone ai voti la nuova formula: “Pongo ai voti la nuova formula: ‘La bandiera della repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a bande verticali e di eguali dimensioni’. Viene approvata. L’Assemblea e il pubblico delle tribune si levano in piedi in un vivissimo e prolungato applauso”.

Il modello del Tricolore finirà per diffondersi a livello europeo e a livello mondiale. La ragione profonda della presa e del successo di questa nuova tipologia di bandiera è che essa non rappresenta più i simboli di una casa regnante. Ma è il simbolo dello Stato e del popolo tutto.