Castellucci (Cisl Puglia): “Il Recovery? L’ultima chance per rilanciare lo sviluppo”

Intervista al segretario generale Cisl Puglia, Antonio Castellucci, sulle difficoltà economiche, le possibilità di rilancio e sviluppo della sua regione

Chilometri interminabili di coste, paesaggi mozzafiato che da sempre hanno fatto gola ai turisti provenienti sia dall’Italia che dall’estero. Stiamo parlando della Puglia, regione che, in passato, era stata definita la locomotiva del Sud. Traino di un’economia che, come nel resto del nostro Belpaese è stata duramente messa alla prova a causa dell’epidemia da coronavirus.

I settori colpiti

Difficile fare un bilancio di quali siano i settori produttivi o operanti nel campo dei servizi che sono stati più colpiti. Dall’industria, al mondo dell’organizzazione dei matrimoni, dall’agricoltura, agli stabilimenti balneari e agli agriturismi; tutti i lavoratori e le lavoratrici hanno dovuto fare i conti con le chiusure e i divieti che sono stati imposti per poter contenere la diffusione del Covid. Problematiche che si vanno a sommare a quelle già esistenti in epoca pre-covid.

L’intervista

A fianco dei lavoratori e delle lavoratrici, ma anche degli imprenditori e dei lavoratori autonomi, si schiera la Cisl Puglia, guidata dal segretario generale Antonio Castellucci. Nato il 16 agosto 1970 a Torricella (Ta); sposato, padre di due figli, ha conseguito il diploma di maturità scientifica, con specializzazione in informatica.

Nel 1997 diviene Capo lega comunale Fisba Cisl (oggi Fai Cisl) di Torricella e nel 1998 partecipa al corso di formazione per Operatori sindacali Cisl di Taranto. Dal 1998 al 2002 è anche Operatore Caf Cisl Taranto; nel corso del 2002 viene eletto componente di segreteria territoriale Fai Cisl e, a seguire, componente del Consiglio generale Fai Cisl Puglia e del Consiglio generale territoriale CISL Taranto. Nel 2009 viene eletto Segretario generale Fai Cisl Taranto.

Nel 2013 viene eletto Segretario generale Fai Cisl Taranto Brindisi, componente Esecutivo Fai Cisl nazionale, della Segreteria interregionale Fai Cisl Puglia Basilicata, del Consiglio generale Cisl Taranto Brindisi, del Consiglio generale Fai Cisl Puglia Basilicata, del Consiglio generale Cisl Puglia Basilicata. Il 6 ottobre 2015 viene eletto Segretario generale Cisl Taranto Brindisi. Il 15 settembre 2020 viene eletto Segretario generale Cisl Puglia. Interris.it lo ha intervistato.

Dallo scorso 15 settembre lei è il nuovo Segretario generale Cisl Puglia. Una nuova sfida? Come prevede il suo lavoro?

“Più che una nuova sfida penso che il livello regionale sia una modalità un po’ diversa di fare sindacato rispetto a quando ero segretario generale di un territorio importante e complesso come quello della Cisl Taranto Brindisi. Sono cambiati un po’ i parametri delle soluzioni per lavoratrici e lavoratori, ma poi in definitiva il lavoro del sindacalista, se pur con modalità diverse, rimane fondamentalmente simile a qualunque livello si ricopra una responsabilità. In ogni caso le sfide fanno parte della vita di tutti, e se riguardano anche il poter aiutare le persone, lavoratrici e lavoratori, anziani, giovani, le sfide risultano essere ancora più appaganti. La Cisl di Puglia, grazie a chi mi ha preceduto, all’attento lavoro svolto in questi anni, è una capillare e propositiva realtà sindacale presente pressoché in ogni comune della nostra regione, vicina ai cittadini, pertanto il mio impegno, con tutto il gruppo dirigente sarà massimo e resterà quello del confronto, del dialogo sociale instancabile con il partenariato e con la Regione Puglia per individuare modalità efficaci per la risoluzione dei problemi e alleviare le preoccupazioni che, ogni giorno, ci evidenziano non solo i nostri iscritti”.

Quali sono le problematiche più forti nella sua regione?

“La Puglia fino agli anni scorsi è stata definita da illustri economisti la locomotiva del Sud, ma al momento paga le stesse tematiche che hanno fatto crollare i dati economici delle altre regioni del Mezzogiorno: un divario Nord – Sud troppo accentuato. Quando, invece, è evidente che il Paese non può venir fuori da questa crisi pandemica ed economica senza una parte importante dei confini nazionali. In Puglia alcuni settori hanno retto meglio di altri, alla tempesta perfetta solo perché ben attrezzati, ma rimangono interi settori che, essendo soprattutto legati a piccole e medie imprese, fanno fatica a rialzarsi. La Cabina di Regia regionale istituita, su insistente richiesta, tra Sindacati confederali e Regione Puglia sta lavorando proprio per attenuare la perdita di consistenza economica delle aziende e la successiva emorragia di occupazione”.

Negli ultimi anni gli agricoltori della Puglia hanno dovuto far fronte a un grave problema: quello della Xylella fastidiosa. Come è ora la loro situazione? Cosa fare per aiutarli?

“La vicenda Xylella si è abbattuta come una tempesta sull’agricoltura pugliese, aggravando i problemi che si accavallano da decenni: la scarsa innovazione, una filiera che finisce per portare ai produttori meno del 10% del valore  al consumo, un eccessivo condizionamento da parte della grande distribuzione e in genere dell’intermediazione commerciale, solo per citare alcuni dei grandi temi che finiscono per scaricarsi sul lavoro agricolo, a cominciare dai dipendenti, i tanti braccianti agricoli siano essi italiani o stranieri, determinando condizioni mortificanti se non in tanti casi illegali, a cominciare dal caporalato. La vicenda della batteriosi, in questi anni, ha generato drammaticamente una perdita per i produttori di olio di oliva del 30% della produzione lorda vendibile, la diminuzione del numero di giornate agricole impiegate per la coltivazione degli uliveti con la riduzione di lavoro per migliaia di lavoratori a tempo determinato oltre ovviamente al deturpamento ambientale con il disseccamento di alberi di ulivo monumentali. Occorre affrontare in maniera sistemica le questioni del comparto primario, decisivo per la Puglia, non solo in termini economici e lavorativi, ma per la nostra stessa sopravvivenza anche come comunità, specie in periodi difficili come hanno dimostrato questi lunghi mesi della pandemia. Pertanto per combattere e affrontare con successo l’emergenza Xylella fastidiosa serve investire, da subito, provando a recuperare il tempo perduto, in ricerca ed in innovazione in modo da poter puntare sempre più anche ad un’agricoltura di qualità”.

Con il nuovo governo Draghi si è molto parlato del nuovo piano di investimenti per il Sud da inserire nel Pnrr. Cosa ne pensa?

“Si è parlato molto, in queste settimane, di quote e di percentuali, la stessa ministra per il Sud ha parlato di un 40% di fondi per il Mezzogiorno. Purtroppo la ristrettezza dei tempi sta limitando il confronto tra istituzioni e parti sociali, specie nei territori, finendo per parlare più dei principi generali che dei vari progetti. Alla fine molto probabilmente dipenderà da quelli che potremmo definire i dettagli, ovvero i singoli progetti, a cominciare da quelli già in itinere e che erano già stati finanziati, e che ora si ritroveranno, quasi certamente, nel Pnrr col rischio di avere come principale obiettivo quello di spendere comunque, mentre oggi più che mai c’è la necessità di un quadro d’insieme tenendo conto che il Paese non cresce a prescindere. È dal Sud che è possibile crescere con maggiore velocità, proprio perché vi è un ritardo che va colmato, nella convinzione che se cresce il Mezzogiorno cresce l’Italia (e probabilmente cresce anche l’Europa) ed è questa la sfida dei prossimi anni, specie a fronte di un pesante debito pubblico che potrà essere affrontato solo con uno sviluppo generale del Paese, affrontando con decisione diseguaglianze sociali e territoriali con una unità di intenti ovvero con un serio patto sociale”.

Recovery

Con il Recovery Plan, arriverà all’Italia un’ingente somma di denaro. Quali sono i settori principali su cui investire in Puglia?

“Credo non sia possibile dire quale settore vada privilegiato se non altro perché l’obiettivo non può che essere quello di uno sviluppo generale e diffuso. Certo vanno difesi i punti di forza dell’apparato produttivo e industriale, dall’agricoltura alla siderurgia, dall’aerospazio all’automotive, di sicuro il problema non è quello di salvare le aziende decotte che finiscono per assorbire risorse senza possibilità di trasformarsi in ricchezza e posti di lavoro. Dobbiamo convincerci che nonostante la mole di risorse non si tratta di risorse infinite. Anzi va compreso che si tratta quasi di un’ultima chance per rilanciare uno sviluppo che deve comunque fondarsi sulla produzione industriale, sugli investimenti infrastrutturali, sul manifatturiero, sui servizi, sulla ricerca, sulla formazione e sull’innovazione tecnologica”.

A causa del Coronavirus, anche il settore turismo in Puglia ha sofferto moltissimo.  Quali sono state le ripercussioni sul settore?

“Se è vero che il turismo non può sostituire l’industria, non si può non essere coscienti che con 865 chilometri di coste, un clima mite, un sistema di servizi con investimenti già avviati, un prestigio internazionale che coniugano lidi con le masserie, i trulli con castelli e cattedrali, sarebbe un suicidio non puntare decisamente sull’opportunità turistica che nonostante tutto sinora non ha sviluppato a pieno il suo appeal verso l’estero. La crisi sanitaria ha praticamente bloccato tutto il comparto, se si esclude, ma solo parzialmente, il periodo estivo dell’anno scorso ed a macchia di leopardo. Un tornado si è abbattuto sulla cosiddetta wedding industry, matrimoni più che dimezzati, fatturati crollati del 90%, con effetti devastanti sul catering, dimore storiche, dai viaggi di nozze ai fiori, dai fotografi alle agenzie, migliaia gli addetti che hanno perso il posto di lavoro, in particolare donne e giovani. Nel 2020, dati nazionali, i ricavi del settore sono crollati da 15 miliardi di euro a meno di due miliardi, e anche la prima metà del 2021 è compromessa dalle restrizioni legate alla pandemia. Secondo l’Istat l’anno scorso i matrimoni, sia religiosi che civili, sono passati da 170mila a 85mila, con la totale cancellazione di quelli stranieri, spesso a più alto budget e grande indotto, insomma un vero e proprio blackout; ma credo che se riusciremo a vaccinare in massa i cittadini per sconfiggere il Covid 19 e sapremo anche attrezzarci nell’ambito del riassetto dei collegamenti e del trasporto aereo e delle opportunità crocieristiche oltre alla tradizionale offerta che va razionalizzata, potremmo costruire con il turismo una gamba fondamentale delle ripresa economica pugliese dei prossimi anni”.

Quali sono le strategie per ripartire? Cosa si prevede per l’estate 2021?

“Sul turismo troppo spesso si è pensato che bastasse una politica di marketing e di promozione, attraverso una semplice brochure, come se bastassero il mare e un paesaggio da mozzafiato per attrarre villeggianti da tutto il mondo, al massimo si sono garantiti sostegni al traffico aereo ma forse non si è fatto abbastanza per una seria politica turistica che potesse occupare fino a 12 mesi all’anno destagionalizzandola, lasciando alla parcellizzata iniziativa per pochi mesi di improvvisati imprenditori del bed and breakfast come realizzare un pacchetto Puglia. Così per esempio si è finito per creare disfunzioni e alla fine scarsa ricaduta economica, con centri balneari che in estate raddoppiano se non triplicano i costi dei servizi ed i propri abitanti, con strutture non in grado di reggere e che finiscono per incentivare quel mordi e fuggi che non determina un flusso di crescita stabile che pure sarebbe possibile. Questo non vuol dire centralizzare le scelte ma coordinare le varie offerte, le strutture, la concertazione, superando campanilismi e improvvisazione, cercando di costruire una rete turistica in grado di fare squadra e di creare ricchezza e sviluppo in tutti i territori: un ruolo che la Regione può, e deve, assolvere con autorevolezza e competenza”.

Vuole fare un appello al governo per quel che riguarda la sua regione?

“Nonostante il blocco dei licenziamenti, il lockdown e la cassa integrazione covid e più in generale gli effetti della pandemia, secondo l’Eurostat, hanno fatto perdere all’Italia 39,3 miliardi di euro di salari, passando da un monte salari di 525,732 miliardi nel 2019 a 486,459 miliardi nel 2020, facendo un calcolo molto grossolano possiamo dire che in Puglia abbiamo perso all’incirca oltre due miliardi di euro in salari mentre rimangono irrisolte questioni dalle pesanti ricadute occupazionali a cominciare dall’ex Ilva. Sempre più centrale appare il tema del lavoro come leva di sviluppo e come tutela sociale, si potranno fare sacrifici, si potrà razionalizzare e ristrutturare ma non si potrà prescindere dalla difesa del lavoro e della sua qualità. I consumi delle famiglie italiane sono tornati ai livelli del 1997. Sempre secondo l’Istat la spesa è crollata del 12,3% l’anno scorso, a prezzi costanti si torna indietro di 24 anni. Pensare ad un ritorno indietro di oltre venti anni non è sostenibile per le imprese ma non lo è a maggior ragione per i lavoratori, la strada è quella di un nuovo patto sociale, dell’intesa interistituzionale, della capacità di fare squadra garantendo gli interessi e i diritti di tutti. Nessuno si salva da solo, sia in termini sanitari, sociali che economici. Il sindacato, la Cisl in Puglia continuerà a lavorare per il bene comune e a fare la sua parte riportando responsabilmente al centro la persona e il lavoro”.