Ayala: “Quando ho saputo dell’arresto di Messina Denaro ho pensato a Falcone e Borsellino”

L'intervista di Interris.it al magistrato Giuseppe Maria Ayala, in merito all'arresto del latitante mafioso Matteo Messina Denaro

Il dott. Giuseppe Ayala e i militari del Ros impiegati nell'arresto

L’arresto di Matteo Messina Denaro eseguito ieri mattina dai Carabinieri del Reparto Operativo Speciale a Palermo, mentre egli si trovava in una clinica privata per sottoporsi ad alcune terapie, rappresenta un momento di grande importanza nella lotta nei confronti della criminalità organizzata e un simbolo di riscatto per tutta la società civile.

Il profilo criminale

Matteo Messina Denaro è nato nel 1962 a Castelvetrano, in provincia di Trapani. Suo padre Francesco, detto don Ciccio, era il capo mandamento della zona. Dopo la scomparsa del padre, morto latitante, Messina Denaro ha assunto il comando del mandamento mafioso di Trapani e, in seguito, di tutta la Sicilia. È stato un fedelissimo di Totò Riina e dopo l’arresto del boss si è messo agli ordini di Bernardo Provenzano. Infine, dopo che quest’ultimo è stato assicurato alla giustizia ed è deceduto nel 2016, Messina Denaro è divenuto uno dei boss mafiosi più ricercati al mondo. Nel corso della sua carriera delinquenziale, egli si è reso autore di numerosi ed efferati delitti, tra cui la pianificazione del delitto del piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito con l’obiettivo di costringere il padre Santino a ritrattare le rivelazioni riguardanti la strage di Capaci e poi strangolato e sciolto nell’acido dopo oltre 770 giorni di prigionia.

Corruzione

La latitanza e le ricerche

Matteo Messina Denaro ha iniziato la sua latitanza nell’estate del 1993 e, da allora, era ricercato con le accuse di associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo, furto e altri reati minori. Nel corso degli anni, numerose indagini da parte delle forze dell’ordine, hanno permesso di assicurare alla giustizia numerosi fiancheggiatori che ne hanno favorito la latitanza nonché persone appartenenti alla sua famiglia, come ad esempio la sorella, fino a giungere all’arresto avvenuto nelle scorse ore. Interris.it, in merito all’importanza di questo evento nella lotta alla mafia, ha intervistato il dottor Giuseppe Maria Ayala, magistrato, collega e amico di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino – che ha scritto alcune delle pagine più importanti e memorabili del contrasto alla criminalità di tipo mafioso, tra cui il maxiprocesso di Palermo che ha segnato un momento di fondamentale importanza nell’affermazione della legalità nel contrasto al fenomeno mafioso. È stato senatore e membro della Commissione Giustizia nonché Sottosegretario al Ministero di Grazia e Giustizia dal 1996 al 2000. Attualmente è vicepresidente della Fondazione Falcone che, attraverso la cultura e la divulgazione nelle scuole, opera per contrastare il fenomeno mafioso e diffondere la cultura della legalità.

L’intervista

Che cosa rappresenta l’arresto di Matteo Messina Denaro nella lotta alla mafia?

“E’ un grande successo dello Stato. Segna la chiusura di una stagione tremenda perché, Messina Denaro, era l’ultimo del cosiddetto “gruppo dei corleonesi” anche se lui è della provincia di Trapani ma, dal punto di vista della storia della mafia, era l’ultimo esponente purtroppo ancora in libertà, ma finalmente oggi non lo è più, della fase stragista che ha caratterizzato gli anni ’80 e il ’92 – ’93, con l’uccisione dei miei colleghi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e con le stragi di Firenze, Milano e Roma. Si chiude definitivamente quella stagione di cui lui era l’ultimo esponente. Non dobbiamo pensare che abbiamo sconfitto la mafia però, tale fatto, rappresenta la conferma che la mafia è in grande difficoltà. L’azione dello Stato deve continuare e cercare finalmente di sconfiggere questo fenomeno.”

A distanza di trent’anni dall’arresto di Toto Riina che significato assume oggi l’arresto di Matteo Messina Denaro?

“E’ la conferma della chiusura della stagione più tragica della lunga storia di Cosa Nostra. Quella dell’uccisione di molti servitori dello Stato che avevano il solo torto di aver fatto il proprio dovere. Addirittura, nelle stragi del ’93, sono morte persone che non c’entravano niente con la mafia. Quindi, si conclude una stagione drammatica e sanguinaria, la peggiore che si possa immaginare. La cattura di Messina Denaro la chiude emblematicamente, perché essa si era chiusa precedentemente. Tale cattura è la conferma finale di questo”.

Che messaggio ideale si sente di lanciare a tutti coloro che hanno combattuto contro la mafia in questi trent’anni? Cosa direbbe oggi a Falcone e Borsellino?

“Ho saputo della notizia dell’arresto da un mio amico che l’ha appresa mentre ero ancora a letto e mi ha telefonato. Le prime persone a cui ho pensato in quel momento sono state proprio Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che hanno dato la vita, ma sono stati i protagonisti di una grande svolta nella risposta giudiziaria dello Stato al tremendo fenomeno di Cosa Nostra. L’entusiasmo che mi ha provocato la notizia di questa cattura è stato un po’ offuscato dalla tristezza nel pensiero a questi due grandi personaggi della storia del nostro Paese.”

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (© Tony Gentile)

Cosa vorrebbe dire in riguardo alla lotta alla mafia ai giovani che si apprestano ad entrare nell’età adulta?

“Indegnamente sono vicepresidente della Fondazione Falcone e, come impegno fondamentale, abbiamo l’obiettivo di andare in tutte le scuole e università d’Italia per parlare con i giovani e seminare la pianta della legalità. Penso che, questa notizia, per i giovani, rappresenti una conferma ulteriore di come, nella vita, si debba seguire un percorso di rispetto delle regole. Non dobbiamo pensare soltanto alla criminalità organizzata, ma anche all’evasione fiscale, alla corruzione e a tutto ciò che, di illegale, si consuma nel Paese. Dobbiamo sperare che i giovani assorbano l’importanza della qualità della vita democratica di un paese, data dalla norma fondamentale rappresentata dal rispetto delle regole. Riflettendo anche in merito al fatto che alla terribile criminalità organizzata, di tanto in tanto, vengono assestati dei colpi. Dobbiamo avere fiducia nello Stato, perché lo Stato c’è.”