Un anno di guerra sul fianco orientale dell’Europa.  L’intervista a Fabrizio Maronta di Limes

L’intervista a Fabrizio Maronta, consigliere scientifico e responsabile relazioni internazionali di Limes, sulla situazione attuale e le prospettive dopo un anno di guerra in Ucraina

Est
Mariupol 16/03/2022 - guerra in Ucraina / foto Imago/Image nella foto: militari ONLY ITALY

Trecentosessantacinque giorni fa l’Europa, provata dalla crisi generale scoppiata nel febbraio-marzo  2020 per via della pandemia di Coronavirus, vedeva muoversi sul suo fianco orientale soldati e mezzi militari che facevano riapparire la guerra su Vecchio Continente, dopo oltre sette decenni di pace protrattisi dalla fine del secondo conflitto mondiale. Nelle prime ore di quel 24 febbraio cominciava l’invasione russa dell’Ucraina dava vita a un conflitto che in questi dodici mesi si è trasformato in un’estenuante guerra d’attrito tutt’ora in corso, con un prezzo elevatissimo di vite umane civili e militari e città ridotte a cumuli di macerie, e ha innescato una grande crisi umanitaria. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), a gennaio 2023 19,3 milioni di ucraini sono stati coinvolti in qualche forma di sfollamento – chi ha lasciato la propria casa, chi la propria città, chi il Paese. Gli sfollati interni sono 5,4 milioni, quasi il 60% di loro lo è da oltre sei mesi, mentre circa otto milioni di persone hanno cercato rifugio all’estero. Sono, inoltre, cinque milioni e mezzo gli ucraini rimpatriati in questo periodo. Chi è rimasto e chi è tornato si trova a sopravvivere in un Paese dove la guerra con la sua distruzione ha compromesso le infrastrutture, anche quelle che consentono i servizi essenziali come l’acqua, il riscaldamento, l’assistenza sanitaria, rendendo le condizioni di vita davvero dure e precarie. Secondo Ufficio Onu per gli affari umanitari alla fine dello scorso anno quasi la metà della popolazione ucraina necessitava di assistenza umanitaria: 21,8 milioni di persone su un totale di 43,3 milioni. In oltre un caso su due si tratta di donne e ragazze (56%), in quasi un quarto dei casi di bambini (23%), come anche persone con disabilità (15%). La distruzione poi costa cara anche in termini economici. A settembre 2022 la Banca mondiale stimava in 349 miliardi di dollari l’ammontare dei costi per la ricostruzione e la ripresa del Paese.

Papa Francesco Angelus
Foto © VaticanMedia

Papa Francesco voce della pace

In questo lungo anno di guerra, una voce si è levata incessantemente affinché al fragore delle armi e al sangue versato si sostituiscano il dialogo e la pace. Dall’inizio delle ostilità infatti papa Francesco lancia l’appello affinché diventiamo tutti “uomini e donne di pace” disposti a lavorare perché la si raggiunga.

L’intervista

Nell’anniversario dello scoppio del conflitto, Interris.it ha intervistato il consigliere scientifico e responsabile relazioni internazionali di Limes Fabrizio Maronta per comprendere qual è oggi la situazione in Ucraina, quali sono le prospettive del conflitto e quale ruolo possano avere altri attori delle scenario mondiale, come la Cina, per giungere a una qualche forma di negoziato.

Ucraina

Un anno dopo, qual è situazione sul terreno in Ucraina?

“Il conflitto si è trasformato in una guerra d’attrito, resta ancora dinamico ma da tempo non ci sono particolari exploit territoriali da parte di nessuno dei due eserciti. Nel sud, i russi hanno fortificato la sponda destra del fiume Dnipro, mentre gli ucraini li colpiscono tramite le armi a media gittata; nessuna delle due parti riesce a spezzare la resistenza avversaria. Ne conseguono un alto logoramento, in termini di vite umane e munizioni, e un accanimento su località minori, villaggi o poco più, apparentemente di scarso rilievo strategico ma che possono aprire la strada a centri urbani più grandi. Attualmente i russi si trovano nelle autoproclamatesi repubbliche separatiste del Donbas, Donetsk e Luhansk, controllano tutto l’oblast’ di Luhansk, Zaporizhia e Kherson, anche se la città omonima, a ovest del fiume Dnipro, è ancora disputata tra i russi e varie unità di resistenza ucraine. I russi si trovano a est del Dnipro, che taglia in due l’Ucraina e fornisce acqua alla Crimea, e senza il pieno controllo del territorio rischiano di perdere il loro obiettivo minimo, ovvero tenere la Crimea e assicurare la continuità tra il territorio russo e la penisola sul Mar Nero. La resistenza ucraina è particolarmente accanita proprio sulla costa perché ogni passo avanti dei russi su quel fronte li avvicina a Odessa: se questa cade, gli ucraini perdono il loro porto maggiore e lo sbocco sul mare mentre i russi possono puntare a riconnettere il sud e l’est conquistati con la Transnistria, avamposto sul confine orientale della Moldavia dove hanno soldati e arsenali. Dal punto di vista militare, la Russia ha finora risparmiato la propria aviazione, che potrebbe diventare uno strumento in caso di escalation pronunciata e di una nuova offensiva per avere la meglio su Kiev, colpendo soprattutto le retrovie occidentali del Paese. Inoltre, per via della sproporzione demografica tra i due, il bacino di arruolamento russo resta spropositatamente maggiore rispetto a quello ucraino. La Russia, che potrebbe mirare a fortificarsi nella parte centromeridionale a est del fiume Dnipro, ha dimostrato di reggere la guerra nonostante le sanzioni, più di quanto l’Occidente pensava, così come l’Ucraina ha resistito e ha dimostrato di sapere combattere in maniera coraggiosa”.

Quanto è costato un anno di guerra, in termini di perdite, civili e militari, e di vite distrutte, cioè con persone costrette a lasciare la propria casa, la propria città, il proprio Paese? 

“Almeno sette milioni di ucraini si sono rifugiati in Polonia, altri soprattutto in Slovenia e Repubblica Ceca, oltre che in altri paesi europei e in Nordamerica. Per quanto riguarda i morti, non è facile fare una stima: sia da parte ucraina che russa il numero delle vittime, tra civili e militari, si aggira almeno intorno alle 200mila persone. Nelle ultime settimane di guerra si è registrato un maggior numero di vittime tra i soldati russi, come nelle primissime fasi del conflitto, quando pensavano si sarebbe trattato di un’invasione simile a quella della Crimea e non di dover combattere una guerra. Gli ucraini dispongono di un arsenale di armi potenti e precise mentre i russi stanno mandando avanti fanteria ‘spendibile’, ovvero poco addestrata e dunque facilmente per ‘stanare’ le postazioni ucraine. Si tratta perlopiù di detenuti a cui è stata promessa l’amnistia se fossero andati al fronte e uomini reclutati con la ‘mobilitazione parziale’ dello scorso autunno. È una tecnica di guerra particolarmente efferata e disumana, ma che produce dei risultati in termini di logoramento delle capacità ucraine”.

Ucraina
Kiev 06/04/2022 – guerra in Ucraina / foto Imago/Image
nella foto: bombardamento ONLY ITALY

Quali sono le prospettive del conflitto?

“Ora c’è un sanguinoso equilibrio dovuto alla guerra d’attrito. A meno di un exploit negoziale, cinese o di altri, nei prossimi mesi si combatterà in maniera anche più intensa perché ambo le parti cercheranno di arrivare a controllare più territori possibili, in modo che cedere poi qualcosa in ottica negoziale sia meno oneroso. Nell’ipotesi di un ‘cessate il fuoco’ negoziato, i russi considerano l’oblast’ Kherson – esclusa probabilmente la città – la conditio sine qua non per garantire la continuità territoriale con la Crimea e rendere il Mar d’Azov una sorta di ‘lago russo’. Il punto fondamentale da capire è se gli obiettivi di entrambi siano verosimili o meno. Tutti mi sembra tendano a escludere la vittoria totale di uno dei due per i russi prendere l’intera Ucraina, per gli ucraini cacciarli indietro e tornare ai confini del 1991 degradando magari in permanenza il potenziale bellico avversario. I punti fermi ‘non negoziabili’, verosimilmente, sono per Kiev il controllo su tutto ciò che a ovest di Odessa e del Dnipro e per Mosca la Crimea. Ci sono poi i territori che la Russia ha sottratto con la forza dal 2014, Donetsk e Luhansk, che oggettivamente sono russofoni e più russofili del resto del Paese. Se alla fine la guerra, secondo logica militare, terminasse con un accomodamento territoriale, dal punto di vista occidentale si teme che questo possa creare un precedente pericoloso, perché dimostrerebbe che la guerra è efficace per la revisione dei confini. Ma l’altissimo prezzo che pagherebbe la Russia potrebbe valere come deterrente per il futuro. Restano comunque determinanti il quando e il come si arriva alla fine della guerra, perché più si combatte più aumenta la distruzione. Prima della guerra il prodotto interno lordo ucraino si aggirava sui 150-160 miliardi di euro, adesso secondo alcune stime per la ricostruzione del Paese ne servirebbero più del doppio. Questo potrebbe rappresentare un problema sia per l’Ucraina che per l’Europa, perché il Paese continuerebbe a esistere sì come stato sovrano, ma in macerie, con alti tassi di povertà e il rischio che nascano e si sviluppino criminalità e traffici”.

Qual è stato l’impatto delle sanzioni alla Russia?

“Non hanno funzionato rispetto all’obiettivo di fungere da deterrente ma sono efficaci come un ‘tarlo’ per mettere in ginocchio l’economia russa e dimostrare che non è valsa la pena di aver fatto quello che si è fatto. La Russia ha un’economia piuttosto grezza, basata su un apparato manifatturiero limitato e sull’esportazione di materie prime. Ma è un’economia tenace e il sistema di potere riesce a ri-orientarla in base alle necessità della guerra. Per  questo  gli effetti dell’embargo sono stati inferiori rispetto a quello che si pensava, sia dal punto di vista economico che finanziario. Le sanzioni poi vengono aggirate perché molti Paesi, come la Cina e l’India, non le adottano e continuano a comprare idrocarburi russi, vendendo a Mosca i loro prodotti. Inoltre è vero che la Russia è fuori dal sistema interbancario Swift, ma molte transazioni, ad esempio come quelle con cinesi e indiani ma non solo, vengono regolate in valute diverse dal dollaro. Questo ha puntellato il sistema finanziario ed economico russo. Un punto debole però è proprio l’esportazione delle materie prime, lì infatti le sanzioni cominciano a pesare. Nel 2022 Putin ha ridotto i flussi dell’export di gas e di idrocarburi riuscendo comunque a guadagnare di più grazie all’aumento dei prezzi, ma adesso l’Occidente resiste meglio e Mosca comincia ad avere problemi perché cinesi e indiani non pagano quanto gli occidentali, ma comprano a sconto”.

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Kiev 06/04/2022 – guerra in Ucraina / foto Imago/Image
nella foto: bombardamento ONLY ITALY

In vista dell’anniversario del conflitto sono stati giorni di visite e discorsi: Putin ha parlato alla Duma, Biden e Meloni sono stati, in due momenti diversi, in visita a Kiev. Quale messaggio ha voluto far passare il capo di Stato russo e quali significati hanno avuto gli incontri del presidente statunitense e della premier italiana con Zelensky?

“Quello di Putin è stato il discorso di un leader in difficoltà che si è visto costretto a fare appello agli elementi classici della retorica russa, toccando corde profonde nella popolazione. Se chiamati a difendere la patria i russi rispondono, quindi si deve dimostrare loro che la patria è in pericolo. Così ha incentrato il suo intervento sul fatto che gli Stati Uniti e i loro alleati minaccino la Russia e che in Ucraina si stia combattendo una guerra contro la Federazione Russa. Ma la causa del conflitto è l’aggressione russa all’Ucraina, non la minaccia di un Occidente guerrafondaio, e gli ucraini combattono per difendersi. Biden ha ribadito la difesa di un Paese aggredito dove si combatte per difesa, ma anche per evitare il precedente di una revisione dei confini tramite la guerra”.

Qual è stato il ruolo della Cina e come potrebbe evolvere?

“I cinesi hanno finora tenuto il piede in due staffe. Sono delusi e profondamente impensieriti dall’avventurismo di Putin, che peraltro non li aveva avvisati dei suoi piani in Ucraina malgrado la proclamata ‘amicizia senza limiti’ tra i due paesi, ma non possono scaricare la Russia perché temono che un Federazione Russa in ginocchio possa diventare una fonte di instabilità. Inoltre, o forse soprattutto, Mosca è l’unico alleato di peso di Pechino nella contestazione dell’assetto internazionale americanocentrico. Pertanto le fornisce beni di consumo, elettronica, cibo e valuta attraverso l’import di idrocarburi, ma al contempo mira favorire il negoziato, con esiti però tutti da vedere”.