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Agricoltura al femminile: il senso della Giornata internazionale

In Italia le donne rappresentano oltre la metà della popolazione censita (30 milioni nel 2023), di cui il 42 % vive nelle aree di collina e di montagna. Una parte significativa di esse è impegnata quotidianamente nei campi

Le donne oggi occupate in agricoltura sono 823 mila – il 30% circa del totale delle persone occupate in agricoltura – in calo rispetto al 2010 quando rappresentavano il 36,8%. La Giornata internazionale delle donne rurali è stata istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2007. Con lo scopo di riconoscere “il ruolo chiave delle donne rurali nel promuovere lo sviluppo rurale e agricolo, contribuendo alla sicurezza alimentare e allo sradicamento della povertà rurale”. Le aziende condotte da donne hanno prevalentemente un orientamento tecnico economico misto.  Con l’incremento delle applicazioni tecnologiche sono aumentate le possibilità di lavoro per le donne su molte delle attività della produzione primaria. Per esempio la guida dei trattori o per l’uso dell’agricoltura di precisione. Cristian Maretti è il presidente di Legacoop Agroalimentare. E in occasione della Giornata internazionale delle donne rurali evidenzia che “il mondo femminile da sempre appartiene alla cooperazione tanto da farne un caratteristica peculiare“. La presenza femminile nelle aziende agricole è al 30% circa del totale degli occupati. Mentre i capi d’azienda al 31,5% dei casi sono donne. Cristian Maretti auspica, quindi, “che ancora più donne diventino il riferimento aziendale per i nostri consigli di amministrazione delle cooperative”. È il caso di Marzia Di Pastina 33enne, nata a Sezze (Latina), socia amministrativa della San Lidano Cooperativa, attiva anche nella IV Gamma, ossia le verdure e gli ortofrutticoli freschi che, dopo la raccolta, sono sottoposti a processi tecnologici di minima entità. L’amministratrice delegata dell’azienda agricola LidMar si è aggiudicata l’Innovation Women Farmers Award indetto dal Copa Cogeca. Il suo contributo dimostra come le donne rendano l’agricoltura più umanistica e sostenibile. Grazie alla loro naturale propensione al rinnovamento e alla transizione ecologica del sistema agricolo. Alla maggiore capacità di adattamento. Allo stretto legame con il territorio, alla cultura e alla tradizione locale

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Foto di Megan Thomas su Unsplash

Agricoltura “rosa”

Le maggiori percentuali di personale femminile si riscontrano per le aziende che praticano policoltura e per quelle non classificate. In teoria, questo tipo di ordinamenti dovrebbe richiedere una capacità di gestione più articolata e complessa oltre che più onerosa. Ma nelle aziende femminili, che mediamente sono più piccole di quelle maschili, si possono realizzare soluzioni più semplici grazie anche alle capacità femminili di organizzare processi contemporaneamente su più fronti. La fotografia delle aziende agricole italiane in relazione all’età media dei conduttori insieme a quella relativa all’adesione a organizzazioni di produttori o altre associazioni mostra una certa omogeneità dei dati tra uomini e donne, segno che il fenomeno della senilizzazione delle aziende agricole. Nonché le motivazioni alla base della scelta di aderire a reti di produttori coinvolge tutti gli imprenditori nello stesso modo, indipendentemente dal genere. In alcuni casi vedono le donne imprenditrici emergere sugli uomini, lasciando ipotizzare comportamenti virtuosi che le differenziano da essi. Si può ipotizzare che le donne imprenditrici abbiano una maggiore disponibilità ad aggiornarsi e seguire corsi di formazione. A livello territoriale è possibile notare che in molte regioni le percentuali relative alle donne imprenditrici formate superano quelle degli imprenditori uomini. Relativamente alla distribuzione delle aziende nelle differenti aree rurali, emerge senza equivoci che le aziende agricole condotte da donne si concentrano soprattutto nelle aree rurali intermedie e in quelle con complessivi problemi di sviluppo. Ossia le aree nelle quali sono carenti le infrastrutture e i servizi e sono più deboli le filiere agricole. Le donne riescono a gestire meglio le situazioni di scarsità di risorse.

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Foto di Zoe Schaeffer su Unsplash

Attività connesse

Nell’ambito della multifunzionalità e della pratica di attività connesse, i dati mostrano che le aziende condotte da donne sviluppano soprattutto funzioni diverse da quelle strettamente agricole (broadening). Al contrario, le aziende condotte da uomini sviluppano soprattutto funzioni legate all’attività agricola (deepening). Anche relativamente alla capacità di fare investimenti funzionali ad innovare, le aziende condotte da donne sono un passo indietro rispetto agli uomini e questo per tutte le tipologie di innovazione prese in considerazione. Entrambi i fenomeni sembrano contribuire a delineare il profilo di una azienda agricola femminile strutturalmente debole i cui caratteri la allontanano dalla funzione primaria dell’agricoltura per ritagliarle quasi uno spazio accessorio. Nel quale anche la dimensione dell’investimento e dell’innovazione hanno scarsa importanza. Le rilevazioni della banca dati Rica focalizzano l’attenzione sulla componente giovanile delle imprenditrici e degli imprenditori agricoli. La maggiore presenza di giovani imprenditrici in termini percentuali sul totale dei giovani imprenditori è localizzata in Umbria e Molise. Invece, osservando la distribuzione territoriale delle giovani imprenditrici risulta che esse si concentrano soprattutto in Sicilia e nel Lazio. Anche in termini economici esiste un divario delle imprese condotte da donne rispetto a quelle condotte da uomini. Questo si spiega non certo per mancanza di competenze imprenditoriali. Bensì a causa delle complicazioni di conciliazione vita lavoro e anche probabilmente di quelle legate ad un accesso più facile al credito. Questioni che notoriamente pesano maggiormente sulle scelte lavorative delle donne.

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Foto di Julia Koblitz su Unsplash

Integrazione

Il Gender mainstreaming è il processo di integrazione della prospettiva di genere nell’elaborazione, nell’attuazione, nel monitoraggio e nella valutazione di politiche, programmi e progetti in tutti i settori e a tutti i livelli. Si tratta di uno strumento potente per garantire che il concetto di uguaglianza di genere sia integrato in tutti gli aspetti dell’elaborazione delle politiche, piuttosto che essere trattato come una questione a
sé stante. La parità di genere, nella politica di sviluppo rurale, è stata sempre richiamata nei Regolamenti Comunitari (compreso quello in vigore, fase 2023-2027). Ma la sua applicazione è stata sempre demandata agli Stati membri, invitando – ma non esigendo- questi ultimi a tenerne conto nella programmazione degli interventi dei Programmi di sviluppo rurale (PSR). In Italia tale attenzione si è tradotta essenzialmente nell’inserire – fra i criteri di selezione di alcune misure dei PSR – degli elementi premiali a favore delle donne. Nonostante la mancanza di un’attenzione specifica alle donne, queste ultime, pur se con difficoltà, hanno intercettato le opportunità offerte dai Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) candidando le proprie progettualità. Le donne conducono circa un terzo delle aziende agricole totali (31,5%), con una dimensione aziendale mediamente inferiore rispetto a quelle a conduzione maschile (in media 4 ha in meno). Contribuendo, di conseguenza, in misura minore alla produzione standard nazionale (17,5%), secondo i dati del censimento dell’Agricoltura Istat. In realtà, il contributo femminile al settore primario, va ben oltre i numeri, e non è adeguatamente  riconosciuto. Eppure, le donne svolgono un ruolo fondamentale nel promuovere lo sviluppo dei territori rurali. Contribuendo alla sicurezza alimentare. Assicurando prodotti di qualità e rispettosi dell’ambiente.

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Foto di Antonino Visalli su Unsplash

Agricoltura femminile

Il leaflet “Giornata Mondiale delle Donne Rurali… conosciamole meglio” è stato pubblicato dal CREA Politiche e Bioeconomia. Nonostante le difficoltà e gli ostacoli ad affermarsi in un’attività ancora per molti versi ad appannaggio maschile, le  imprenditrici agricole dimostrano una maggiore disponibilità ad aggiornarsi. E ad occupare aree rurali più problematiche in termini di sviluppo, di infrastrutture e di servizi. Inoltre, si caratterizzano per un più spiccato orientamento verso la multifunzionalità e le attività connesse. Il contributo delle donne alle attività agricole è un tema vario e molto complesso, caratterizzato e determinato da retaggi culturali, tradottisi quasi sempre in mancate opportunità, e da dinamiche difficili da interpretare per la scarsità di informazioni disponibili. Tutto questo ha celato, e continua a celare, il vero contributo delle donne al settore primario, che rimane, pertanto, ancora non adeguatamente riconosciuto. Nonostante gli ostacoli, però, le donne svolgono un ruolo fondamentale nell’assicurare prodotti sani, di qualità e rispettosi dell’ambiente. Il Censimento dell’agricoltura, curato dall’ISTAT, rimane oggi la fonte più articolata, nonostante tutto, che permette di costruire una panoramica della presenza e del peso che le donne hanno nel settore primario, aiutandoci a delineare possibili cambiamenti, realizzati o in atto. Dai dati censuari emerge uno spaccato sintetico al 2020, del contributo dato dalle donne imprenditrici, quelle che sono a capo delle aziende agricole e che quindi sulla carta fanno scelte di managment per la crescita e l’affermazione delle proprie imprese. In occasione della Giornata internazionale delle donne rurali, istituita dall’Onu per riconoscere il ruolo chiave delle donne nel promuovere lo sviluppo agricolo, Zoetis – azienda leader globale nella salute animale – lancia “Allevamento al femminile”. Un progetto volto a celebrare il ruolo cruciale delle donne nel mondo dell’allevamento in Italia.

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Foto di Batatolis Panagiotis da Pixabay

Donne protagoniste

L’iniziativa, che riflette l’impegno dell’azienda nella promozione della sostenibilità e dei valori di diversità, equità e inclusione (dei) nel settore zootecnico, si propone di dare visibilità e supporto alle allevatrici e veterinarie che operano in questo campo. In particolare, questa prima edizione vedrà come protagoniste otto donne fra allevatrici e veterinarie, dislocate fra Lombardia, Emilia-Romagna e Marche. Le storie di queste professioniste saranno presentate per evidenziare il loro impegno e la loro passione nel fare la differenza in un comparto tradizionalmente complesso e caratterizzato da una forte presenza maschile, dimostrando come, grazie al contributo femminile, il settore stia diventando sempre più aperto all’innovazione e alla diversità. Nel panorama agricolo italiano, infatti, sempre più donne si stanno affermando. Con quasi 200.000 imprenditrici attive in campagna, il 28% delle aziende agricole è oggi a guida femminile, una realtà che sta trasformando profondamente il settore. Tuttavia, c’è ancora molta strada da fare, stereotipi da sfidare e pregiudizi da eradicare. Ed è per questo che Zoetis intende dare il proprio contributo attraverso il progetto Allevamento al Femminile.

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