Afghanistan, boom di violazioni dei diritti umani. Mobilitazione a sostegno delle “donne invisibili”

A un anno dal ritorno al potere dei talebano in Afghanistan le attiviste italiane unite in battaglia per i diritti 

Afghanistan
E’ trascorso un anno dal ritorno al potere dei talebani in Afghanistan. Dodici mesi di terrore e atrocità. Le attiviste italiane si uniscono nella battaglia per i diritti umani.  E in autunno organizzeranno una mostra di artiste afghane a Roma. Per tenere acceso il faro sulle donne di Kabul. Oppresse da una tragica versione afghana del “buio a mezzogiorno“. Ieri le attiviste hanno rilanciato una testimonianza. E cioè la voce dell’ambasciatore dell’Afghanistan a Roma. Khaled Ahmad Zekriya è stato nominato dalla precedente amministrazione del presidente Ashraf Ghani. E non riconosciuto dai talebani. Ora esorta governo italiano e la comunità internazionale a non cedere alle pressioni. “I talebani chiedono soldi per concedere diritti alla popolazione afghana”, spiega. Ma quello del regime di Kabul è un ricatto e un inganno. Allarme per le “donne invisibili“.
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Terrore in Afghanistan

Il messaggio di Khaled Ahmad Zekriya è chiaro e forte. I talebani “non sono affidabili“. E sui diritti “non bisogna in alcun modo barattare”. Quindi “tocca a loro dare garanzie per primi”. Un anno di regime talebano pesa come un macigno. E a portare avanti la battaglia per la tutela dei diritti umani in Afghanistan è anche il Cisda di Milano. Ossia la onlus “Coordinamento italiano sostegno donne afghane”. Dal 1999 l’ associazione è impegnata in progetti di solidarietà a favore delle donne afghane. Con la collaborazione del “Large Movements Aps” è stata avviata la campagna #StandUpWithAfghanWomen. Un’iniziativa destinata ai governi europei. A partire da quello italiano. E alle istituzioni internazionali. Una mobilitazione che si snoda in diverse azioni di informazione. Sensibilizzazione. Advocacy. Rivolte alla società civile e ai decisori politici. Fulcro delle iniziative è la denuncia del regime di apartheid totale e di genere instaurato in Afghanistan. La tutela dei diritti umani. Il sostegno alle realtà democratiche e antifondamentaliste.
AfghanistanLa bandiera dei talebani

Vita a rischio

Cisda e Large Movements Aps documentano l’orrore. In Afghanistan la vita e la sicurezza delle donne sono a rischio. Fin da quando sono bambine. Infatti è ormai completamente negato il loro diritto di scelta. Nella sfera personale. Educativa. E lavorativa. “Tutta la popolazione è costretta a vivere in condizioni inaccettabili“, dichiarano i promotori della campagna. Da qui l’appello per il non riconoscimento del governo dei talebani. E per l’ autodeterminazione del popolo afghano. Affinché possa decidere del proprio destino. Senza ingerenze straniere. Con la messa al bando dei personaggi politici legati ai partiti fondamentalisti. Il riconoscimento delle forze afghane progressiste (come RAWA e Hambastagi). E il monitoraggio sulle violazioni dei diritti umani fondamentali commesse dal governo talebano. Sono questi i punti fondamentali di #StandUpWithAfghanWomen. “In Afghanistan è in atto una resistenza tenace e clandestina da oltre 40 anni. Contro tutti i fondamentalismi e le ingerenze straniere. E’ condotta dalle donne. E va sostenuta. Perché è una luce contro l’oscurantismo e la violenza di genere. Nonché contro le connessioni transnazionali che le alimentano”, sottolineano Cisda e Large Movements Aps.
AfghanistanStudentesse in Afghanistan (Fonte: Unicef)

Incubo talebano

L’avvocatessa Carmen Tiziana De Angelis racconta della solidarietà con le “sorelle intrappolate” in Afghanistan. Della battaglia portata avanti in qualità di presidente del club Zonta Roma Capitolium. “E’ passato solo un anno dal ritorno dell’incubo talebano a Kabul. Ma non si sente quasi più parlare delle terribili condizioni delle donne afghane – avverte De Angelis- Covid, siccità, Ucraina, Taiwan sono al centro dell’attenzione dei media. Così le donne afghane sono state relegate in basso alla classifica delle crisi internazionali. Di fatto messe a tacere”. E aggiunge:  “Noi non ci siamo ancora assuefatte alla situazione disperata e intollerabile delle afghane. Non ci arrendiamo. E faremo di tutto affinché un faro di luce rimanga sempre acceso. Sulle ragazze e donne di Kabul e dell’Afghanistan”. Anche attraverso eventi culturali per far conoscere la situazione delle afghane E le loro battaglie. Per denunciare le violazioni dei loro diritti. Ma soprattutto per mantenere alta l’attenzione sul popolo afghano, ormai quasi dimenticato.