Vescovi francesi: l’aborto non è un diritto fondamentale

Il 26 novembre il Parlamento francese sarà chiamato a votare una risoluzione che mira a “riaffermare il diritto fondamentale all’interruzione volontaria di gravidanza in Francia e in Europa” ed “il diritto universale delle donne a disporre del loro corpo liberamente, come condizione indispensabile per la costruzione dell’uguaglianza reale tra donne e uomini in una società progredita”. L’assemblea nazionale francese andrà incontro alle votazioni il giorno dopo la visita del Santo Padre all’Europarlamento di Strasburgo, evento fortemente contestato dalle femen proprio qualche giorno fa in piazza San Pietro.

La Conferenza episcopale francese (Cef), guidata da monsignor Guy de Kerimel, vescovo di Grebole-Vienne e presidente del gruppo di lavoro della Cef dedicato al “Fenomeno sociale dell’aborto e questioni educative” ha voluto precisare che “imporre l’aborto come una procedura medica ordinaria al servizio della libertà delle donne manifesta la difficoltà di fondare in maniera solida questo presunto diritto fondamentale”. “Come può – domanda il presule – un diritto umano basarsi sulla negazione del diritto alla vita di altri esseri umani all’inizio della loro esistenza e della loro crescita?”.

Nella dichiarazione presentata al Parlamento si legge: “la promozione della libertà femminile e delle pari opportunità tra uomo e donna sono cause giuste da sostenere e sottoscrivere”, tuttavia mons. de Kerimel afferma: “Quando si leggono le storie di tante donne che hanno abortito si devono comprendere anche le loro angosce, le pressioni e le sofferenze che esse provano per essere state condotte a commettere un atto che esse ritengono grave. Per alcune donne si tratta di un vero e proprio inferno, tanto che anche “sociologi, psicologi e psicoanalisti, lontani da riferimenti religiosi, conoscono tali situazioni dolorose”.

In un contesto in cui il trauma post-aborto viene completamente negato, Karmiel si chiede: “si può parlare di libertà? Certamente la libertà è fondamentale nei rapporti uomo/donna, nella maternità e nella paternità, ma deve essere una libertà responsabile”. Per questo, conclude il vescovo francese “bisogna lavorare a monte per far sì che la gravidanza non sia intesa come una ‘aggressione’ che giustificherebbe la legittima difesa tramite la soppressione de ‘l’aggressore’ “, ovvero il nascituro, poiché “esso è un innocente.

Jean-Marie Le Méné, presidente della Fondation Jérôme Lejeune, considera le prossime votazioni un evento fondamentale per la società francese “questa risoluzione avrà un impatto giuridico, psicologico e simbolico”. Si tratta di andare contro i valori stessi della Repubblica, perché incompatibile con il codice civile francese e con il codice della salute pubblica (articolo L.2211-1), che stabiliscono come principio fondamentale il rispetto dell’essere umano dal principio della sua vita.

Affermare che “l’aborto sia un diritto fondamentale” significa rendere sempre più normale ciò che non lo è, uccidere. Sono tante le voci che gridano per difendere la vita, la Chiesa prima tra tutte non manca di pronunciarsi, ma in questo caso è Pasolini a parlare e a confermare quanto la conferenza episcopale francese ha dichiarato in questi giorni: “Sono traumatizzato della legalizzazione dell’aborto perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio.” (Pier Paolo Pasolini gennaio 1975).