Una raccolta fondi per finanziare le ri-conversioni all’induismo

Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic) ha definito “una violazione della libertà religiosa e un abuso terribile alle fondamenta laiche della Costituzione dell’India” l’iniziativa lanciata da un’associazione radicale indù che ha l’obiettivo di raccogliere fondi per finanziare l’annunciata ri-conversione di centinaia di migliaia di cristiani e musulmani questo Natale. L’azione provocatoria è partita da il Dharam Jagram Samiti, una branca del gruppo paramilitare indù Rashtriya Swayamsevak Sangh che in questi giorni è sceso in strada per pubblicizzare la proposta diffondendo volantini in cui si richiede la donazione.

Sul foglio si può trovare un vero e proprio listino prezzi in cui si legge che la conversione di un cristiano costa 200mila rupie (2.580 euro), quella di un musulmano 500mila rupie (6.450 euro). Per il 25 dicembre il gruppo estremista indù ha organizzato il “ritorno a casa” di 5000 famiglie definite nell’opuscolo una ‘samasya’ cioè un “problema” per il Paese.

Sajan George ha spiegato alla stampa che “per le ri-conversioni di Natale le forze nazionaliste indù hanno preso di mira le sezioni più povere ed emarginate della società. Queste persone già subiscono disprezzo da parte della comunità di maggioranza, e discriminazione sistematica da parte delle autorità. In più sono vittime di aggressioni durante i momenti di culto e preghiera, privati e pubblici”. Non è la prima volta infatti che una situazione simile colpisce le minoranze religiose, già ad Agra il “ritorno a casa” ha coinvolto circa 300 musulmani, tutti migranti molto poveri di origine bangladeshi. L’iniziativa ha preso di mira proprio le persone più povere, infatti tra i molti convertiti di quest’ultima azione alcuni hanno riferito di non essere consapevoli di quanto stava accadendo, ma di aver accettato la proposta unicamente per l’offerta di soldi e sussidi.