Un altro prete nel mirino delle violenze tra gruppi etnici e religiosi in Nigeria. “Un altro sacerdote cattolico, il parroco padre Paul Offu, è stato ucciso nella diocesi di Enugu, in Nigeria – informa la onlus Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), la fondazione di diritto pontificio che dal 1947 sostiene in tutto il mondo la libertà religiosa e la Chiesa -. Se ne è avuta notizia ieri. Presunti autori i mandriani islamisti Fulani”. Aiuto alla Chiesa che soffre rivolge “un pressante appello alle autorità affinché sia garantita la necessaria sicurezza”. I pastori di etnia Fulani, sottolinea LaPresse, sono musulmani e sono stati coinvolti in varie violenze interreligiose.
Pastori islamisti
“Alle violenze di Boko Haram si sono unite quelle dei pastori islamisti fulani. Se in Iraq e in Siria Isis ha perso terreno, la Nigeria è oggi lo Stato che registra la maggiore attività terroristica a livello globale. Il nostro Paese rappresenta la “speranza” futura del fondamentalismo islamico”, aveva denunciato don Joseph Bature Fidelis, sacerdote della diocesi di Maiduguri, parlando in un recente incontro organizzato da Aiuto alla Chiesa che soffre con alcuni membri delle rappresentanze diplomatiche europee presso la Santa Sede. I rapporti che giungono in questi giorni dal Paese africano ad Acs sono drammatici. Dall’inizio di febbraio nel solo Stato di Kaduna, oltre 150 persone, in prevalenza di etnia adara, sarebbero state uccise da pastori islamisti di etnia fulani. Un’ondata di violenze che ha provocato altresì 10 mila sfollati e la distruzione di oltre 150 abitazioni. “Questi ultimi attacchi hanno ridotto diverse comunità in macerie e portato la crisi umanitaria a livelli gravissimi – ha scritto ad Acs, padre Williams Kaura Abba, sacerdote della diocesi di Kaduna -. L’attuale ondata di uccisioni è iniziata domenica 10 febbraio 2019 quando i pastori fulani hanno ucciso 10 cristiani, tra cui una donna incinta a Ungwar Barde nel distretto di Maro a Kajuru”. Il sacerdote ha riferito la drammatica situazione all’ospedale di Kajuru, parlando in particolare di un bambino di 5 anni gravemente ferito. “Hanno provato prima ad ucciderlo con le pistole e poi con il machete, ma Dio lo ha protetto”. Non contenti i pastori fulani lo hanno colpito violentemente alla spina dorsale con dei bastoni. Ora è paralizzato. “Questo povero bambino ha anche perso una delle sorelle durante l’attacco, mentre sua madre sta lottando per sopravvivere in un altro ospedale”. “Né il governatore di Kaduna, né alcun rappresentante del Governo federale si è degnato di far visita alle vittime o di consolare i loro cari. Sono soltanto le comunità cristiane a prendersi cura delle medicine e delle cure per i feriti”, ha denunciato ad Acs il sacerdote.
Interessi economici
Lo scorso 19 marzo nella capitale Abuja è stata organizzata una pacifica marcia di protesta. In quell’occasione padre Kaura Abba ha lanciato un appello alla comunità internazionale, ribadito ad Acs: “Vi chiediamo di far pressione sul governo nigeriano affinché venga in aiuto del nostro popolo. Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a questa carneficina umana. Se vogliamo salvare quel che resta della nostra umanità gli organi competenti del governo devono adempiere ai loro obblighi senza timore”. In sintesi: il 61% della popolazione mondiale vive in Paesi in cui non vi è rispetto per la libertà religiosa; nel 9% delle nazioni del mondo vi è discriminazione; e nell’11% degli Stati vi è persecuzione. In 17 di dei 38 Stati in cui si registrano violazioni della libertà religiosa (cioè quasi la metà del totale dei Paesi di persecuzione e discriminazione) la situazione è peggiorata. La Nigeria, documenta Limes, è il primo paese dell’Africa per popolazione, Pil, riserve petrolifere e produzione di greggio. Lo è anche in termini di investimenti cinesi, il 17% del totale. E a essa è dedicato un decimo dei 60 miliardi promessi dal presidente Xi Jinping al Continente Nero al recente Forum sulla cooperazione Cina-Africa. Sinora i progetti di Pechino si erano concentrati soprattutto sulle ferrovie (Lagos-Kano, Abuja-Kaduna) e sugli aeroporti delle quattro maggiori città. Non è la prima volta, precisa Limes, che la Repubblica Popolare investe in un porto nella porzione occidentale del continente, avendolo già fatto a Jamestown (Ghana) e Kribi (Camerun). È tuttavia rilevante dal momento che sostiene l’ambizione nigeriana di ergersi a leader della portualità dell’Africa subsahariana. “Oltre ovviamente a trascinarsi dietro i consueti dubbi sulla cosiddetta trappola del debito- osserva Limes- La Cina investirà 250 milioni di dollari nella costruzione di un interporto a Ibadan, per decongestionare gli affollati scali di Lagos, alla quale la stessa Ibadan sarà collegata da un ferrovia realizzata sempre da una compagnia della Repubblica Popolare”.