Udienza, Papa: “Imparare a congedarsi è la saggezza degli anziani”. Tre bimbi ucraini sulla papamobile

Il Papa, continuando il ciclo di catechesi sulla vecchiaia, ha incentrato la sua catechesi sul tema “Pietro e Giovanni”

Riportiamo l’Udienza Generale di Papa Francesco che, questa mattina, si è svolta come consuetudine in Piazza San Pietro. Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando il ciclo di catechesi sulla vecchiaia, ha incentrato la sua riflessione sul tema “Pietro e Giovanni” (Lettura: Gv 21,17-18). Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha salutato i fedeli italiani e stranieri.

C’erano anche tre bambini ucraini accanto a Papa Francesco sulla papamobile che ha portato il Santo Padre in piazza San Pietro in occasione della tradizionale udienza generale del mercoledì. Ognuno indossava una t-shirt di colore diverso gialla, blu e rossa. I bimbi, imitando Bergoglio, hanno salutato per l’intero percorso tutti i pellegrini in piazza. I tre frequentano una scuola primaria di Roma, la Alberto Cadlolo, dove sono arrivati dopo essere fuggiti dalla guerra.

La catechesi del Papa

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Nel nostro percorso di catechesi sulla vecchiaia, oggi meditiamo sul dialogo tra Gesù risorto e Pietro al termine del Vangelo di Giovanni (21,15-23). È un dialogo commovente, da cui traspare tutto l’amore di Gesù per i suoi discepoli, e anche la sublime umanità del suo rapporto con loro, in particolare con Pietro: un rapporto tenero, ma non melenso, diretto, forte, libero e aperto. Un rapporto nella verità. Così, il Vangelo di Giovanni, così spirituale, così alto, si chiude con una struggente richiesta e offerta d’amore tra Gesù e Pietro, che si intreccia, con tutta naturalezza, con una discussione tra di loro. L’Evangelista ci avverte: egli rende testimonianza alla verità dei fatti (cfr Gv 21,24). Ed è in essi che va cercata la verità.

Possiamo chiederci: siamo capaci noi di custodire il tenore di questo rapporto di Gesù con i discepoli, secondo quel suo stile così aperto, così franco, così diretto, così umanamente reale? Non siamo, invece, molto spesso tentati di chiudere la testimonianza del Vangelo nel bozzolo di una rivelazione “zuccherosa”, alla quale aggiungere la nostra venerazione di circostanza? Questo atteggiamento, che sembra rispetto, in realtà ci allontana dal vero Gesù, e diventa persino occasione per un cammino di fede molto astratto, molto autoreferenziale, molto mondano.

Nel corso della discussione di Gesù con Pietro, troviamo due passaggi che riguardano precisamente la vecchiaia e la durata del tempo: il tempo della testimonianza, il tempo della vita. Il primo passo è l’avvertimento di Gesù a Pietro: quando eri giovane eri autosufficiente, quando sarai vecchio non sarai più così padrone di te e della tua vita. E anche la tua testimonianza si accompagnerà a questa debolezza.

L’Evangelista aggiunge il suo commento, spiegando che Gesù alludeva alla testimonianza estrema, quella del martirio e della morte. Ma possiamo ben intendere più in generale il senso di questo ammonimento: la tua sequela dovrà imparare a lasciarsi istruire e plasmare dalla tua fragilità, dalla tua impotenza, dalla tua dipendenza da altri, persino nel vestirsi, nel camminare. Ma tu «seguimi» (v. 19). La sapienza della sequela deve trovare la strada per rimanere nella sua professione di fede – «Signore, tu lo sai che ti voglio bene» (vv. 15.16.17) –, anche nelle condizioni limitate della debolezza e della vecchiaia.

Questo colloquio tra Gesù e Pietro contiene un insegnamento prezioso per tutti i discepoli, per tutti i credenti. E anche per tutti gli anziani. Imparare dalla nostra fragilità ad esprimere la coerenza della nostra testimonianza di vita nelle condizioni di una vita largamente affidata ad altri, largamente dipendente dall’iniziativa di altri. Ma di nuovo dobbiamo interrogarci: disponiamo di una spiritualità realmente capace di interpretare la stagione – ormai lunga e diffusa – di questo tempo della nostra debolezza affidata ad altri, più che alla potenza della nostra autonomia? Come si rimane fedeli alla sequela vissuta, all’amore promesso, alla giustizia cercata nel tempo della nostra capacità di iniziativa, nel tempo della fragilità della dipendenza, del congedo dal protagonismo della nostra vita?

Questo nuovo tempo è anche un tempo della prova, certamente. Incominciando dalla tentazione – molto umana, indubbiamente, ma anche molto insidiosa –, di conservare il nostro protagonismo. “E lui?”, dice Pietro, vedendo il discepolo amato che li seguiva (cfr vv. 20-21). Deve proprio stare nella “mia” sequela? Deve forse occupare il “mio” spazio? Deve durare più di me e prendersi il mio posto? La risposta di Gesù è franca e persino ruvida: «A te che importa? Tu seguimi» (v. 22). Bellissimo.

Gli anziani non dovranno essere invidiosi dei giovani che prendono la loro strada, che occupano il loro posto, che durano più di loro. L’onore della loro fedeltà all’amore giurato, la fedeltà alla sequela della fede creduta, anche nelle condizioni che li avvicinano al congedo della vita, sono il loro titolo di ammirazione per le generazioni che vengono e di grato riconoscimento da parte del Signore. Persino la sequela forzatamente inoperosa, fatta di emozionata contemplazione e di ascolto rapito della parola del Signore – come quella di Maria, sorella di Lazzaro – diventerà la parte migliore della loro vita. Che non sarà mai più tolta (cfr Lc 10,42).

Papa: “Non dimentichiamo l’Ucraina”

I bambini che erano con me nella papamobile erano ucraini”. A rivelarlo il Papa, al termine dell’udienza di oggi, prima dei saluti ai fedeli di lingua italiana. Tramite loro, il Pontefice ha manifestato ancora una volta la sua vicinanza al popolo ucraino. “Non dimentichiamo l’Ucraina, non perdiamo la memoria della sofferenza di quel popolo martoriato!”, l’appello del Santo Padre.

Papa: “Vicinanza alle vittime del terremoto in Afghanistan”

“Nelle scorse ore un terremoto ha provocato vittime e danni ingenti in Afghanistan“, ha proseguito il Papa al termine dell’udienza in merito al sisma 5.9 che ha colpito la regione afghana del Paktika, provocando almeno 250 morti. “Esprimo la mia vicinanza ai feriti e a chi è stato colpito dal sisma, e prego in particolare per quanti hanno perso la vita e i loro familiari. Auspico che con l’aiuto di tutti si possano alleviare le sofferenze della cara popolazione afghana”.

Papa: “Dolore per l’uccisione dei religiosi in Messico”

“Esprimo dolore e sgomento per l’uccisione in Messico l’altro ieri di due religiosi gesuiti, fratelli miei, e di un laico. Quante uccisioni in Messico…”. ha detto Francesco chiudendo l’udienza generale del mercoledì a piazza San Pietro. “Sono vicino alla comunità cattolica colpita da questa tragedia – ha aggiunto riportato da Ansa -. Ancora una volta ripeto che la violenza non risolve i problemi ma cresce inutili sofferenze”.