Udienza a San Pietro, il Pontefice: “Se sopravvive in noi la certezza che Dio ama noi e questo mondo, subito muta la prospettiva”

“Se facessimo affidamento solo sulle nostre forze, avremo ragione di sentirci delusi e sconfitti, perché il mondo spesso si dimostra refrattario alle leggi dell’amore. Ma se sopravvive in noi la certezza che Dio non ci abbandona, che Dio ama teneramente noi e questo mondo, allora subito muta la prospettiva“. E’ quanto ha dichiarato, questa mattina, Papa Francesco rivolgendosi alle quasi 18 mila persone che hanno riempito piazza San Pietro per la catechesi durante l’udienza generale del mercoledì.

L’ancora uno dei simboli cristiani della speranza

“Passeranno i cieli, passerà la terra, verranno cancellate le speranza umane, ma la Parola di Dio – ha scandito il Papa – è più grande di tutto e non passerà. Non ci sarà giorno della nostra vita in cui cesseremo di essere una preoccupazione per il cuore di Dio. E Dio sicuramente provvederà a tutti i nostri bisogni, non ci abbandonerà nel tempo della prova e del buio. Questa certezza chiede di annidarsi nel nostro animo per non spegnersi mai. Qualcuno la chiama con il nome di ‘Provvidenza’”. In merito, il Papa ha ricordato che “tra i simboli cristiani della speranza c’è l’ancora. Essa esprime che la nostra speranza non è vaga; non va confusa con il sentimento mutevole di chi vuole migliorare le cose di questo mondo in maniera velleitaria, facendo leva solo sulla propria forza di volontà”.

“La nostra vita ancorata in cielo”

“La nostra vita – ha aggiunto Francesco parlando a braccio – è ancorata in cielo e noi dobbiamo solo reggerci alla corda, arriveremo lì dove siamo diretti”. “La speranza cristiana – ha spiegato – trova la sua radice non nell’attrattiva del futuro, ma nella sicurezza di ciò che Dio ci ha promesso e ha realizzato in Gesù Cristo. Se Lui ci ha garantito di non abbandonarci mai, se l’inizio di ogni vocazione è un “Seguimi”, con cui Lui ci assicura di restare sempre davanti a noi, perché allora temere?”. Secondo il Papa, “con questa promessa, i cristiani possono camminare ovunque. Anche attraversando porzioni di mondo ferito, dove le cose non vanno bene, noi siamo tra coloro che anche là continuano a sperare”. “E’ proprio dove dilaga il buio che bisogna tenere accesa una luce“, ha continuato sottolineando che “la promessa di Gesù ‘Io sono con voi’ ci fa stare in piedi con speranza, confidando che il Dio buono è già al lavoro per realizzare ciò che umanamente pare impossibile”. Dunque, ha concluso Bergoglio, “il santo popolo fedele di Dio è gente che sta in piedi e cammina nella speranza. E dovunque va, sa che l’amore di Dio l’ha preceduto: non c’è parte del mondo che sfugga alla vittoria di Cristo Risorto, la vittoria dell’amore”.

“La nostra è un’anima migrante”

“La nostra anima è un’anima migrante!”, ha esclamato Papa Francesco durante l’Udienza Generale, poche ore dopo aver ricordato la propria origine in una famiglia di migranti nel collegamento con il “Ted Talk” di Vancouver. “‘Homo viator, spe erectus’, dicevano gli antichi. La nostra esistenza – ha spiegato alla folla – è un pellegrinaggio, un cammino. Anche quanti sono mossi da una speranza semplicemente umana, percepiscono la seduzione dell’orizzonte, che li spinge a esplorare mondi che ancora non conoscono”.
La Bibbia – ha continuato – è piena di storie di pellegrini e viaggiatori. La vocazione di Abramo comincia con questo comando: “Vattene dalla tua terra. E il patriarca lascia quel pezzo di mondo che conosceva bene e che era una delle culle della civiltà del suo tempo. Tutto cospirava contro la sensatezza di quel viaggio. Eppure Abramo parte”. Secondo il Papa, “non si diventa uomini e donne maturi se non si percepisce l’attrattiva dell’orizzonte: quel limite – ha concluso – tra il cielo e la terra che chiede di essere raggiunto da un popolo di camminatori”.