Thailandia, i monaci buddisti impegnati a salvare gli alberi delle foreste

La devastazione ambientale in Thailandia ha causato notevoli danni, non solo al patrimonio naturale del Paese, ma anche al suo tessuto sociale ed economico. Molti ex agricoltori, infatti, hanno dovuto abbandonare le terre a causa del disboscamento, andando a rimpinguare l’esercito di disperati che vivono ai margini della Capitale Bangkok.

In risposta a questo, nei piccoli villaggi agricoli i monaci thailandesi, conducono un singolare rituale: ordinano gli alberi, legando intorno ad essi le vesti arancioni tradizionali. Attraverso la conoscenza delle comunità e delle radicate tradizioni religiose buddiste, questi monaci stanno lentamente, ma inesorabilmente, lavorando per salvare le sempre più ridotte foreste tailandesi.

Le comunità religiose buddiste hanno sempre mantenuto un certo distacco dalle questioni legate alle grandi trasformazioni sociali: ma dopo quasi un secolo di neutralità, hanno deciso di mettere in discussione la legittimità di molte delle politiche del governo e delle regole sociali. Molte delle critiche sollevate dai questi monaci si basano proprio sugli insegnamenti del buddismo tradizionale.

La foresta, infatti, è per i seguaci di questa filosofia uno degli strumenti privilegiati con cui connettersi agli insegnamenti del Buddha Gautama che, dopo aver a lungo meditato, pervenne all’illuminazione proprio sotto un albero, quello della Bodhi.

Una delle principali battaglie di questi monaci è stata portata avanti nel bosco Thai, abbattuto a un tasso di velocità impressionante: nel 1938, infatti, la foresta ricopriva il 72% del territorio, mentre già nel 1985 ne sopravviveva solo il 29%. Negli ultimi decenni, sia i monaci delle foreste sia molti buddisti laici hanno tentato di affrontare la questione in modo attivo.