Dalla Terra Santa l’appello di speranza dei patriarchi

La luce in fondo al tunnel dell'emergenza secondo i leader religiosi cristiani. Nella città santa un segno di speranza per l'umanità in pandemia

Gerusalemme
Dalla terra natale di Gesù un raggio di luce nel buio dell’emergenza Covid-19. L’ allarme globale causato dal virus accentua divisioni e disuguaglianze. Un ulteriore motivo di squilibrio sociale all’interno delle singole realtà. E nelle relazioni già complesse tra le nazioni dell’area mediorientale. Si sa che da secoli non c’è pace in Terra Santa. Ma la speranza abita sempre laddove Cristo è nato, vissuto, morto e risorto. La pandemia ha inevitabilmente aggravato un’inveterata situazione di emergenza geopolitica che non accenna a placarsi. Ma i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme esortano a vedere la luce in fondo al tunnel.Terra

Allarme in Terra Santa

La Fondazione Ivo de Carneri (26 anni di progetti di cooperazione internazionale) ha analizzato il modello israeliano di contrasto alla pandemia. E lo ha messo a confronto con le campagne di immunizzazione di massa nel Vecchio Continente.  “L’anno scorso è stato un periodo di grande dolore per tutto il mondo. A causa della pandemia Covid-19. Milioni di persone hanno sofferto di una grave malattia. E molti sono morti. Altri milioni hanno dovuto affrontare gravi difficoltà economiche. Isolamento. Solitudine. Disperazione. Nostro Signore è stato con noi durante tutte queste afflizioni”, affermano i patriarchi e capi delle Chiese di Gerusalemme.

Oltre la sofferenza

Nella città santa i leader religiosi invitano a guardare alla croce. “Trono di gloria di Cristo”. Da dove “pronunciò parole di perdono e guarigione. Anche se portava sulle sue spalle il peso schiacciante degli innumerevoli peccati e sofferenze dell’umanità. In questo modo, Cristo si è unito a noi nei nostri dolori. Ed è ancora con noi”.

Crisi in corso

Da qui l’esortazione dei patriarchi a “unirci a tutta la cristianità. Nel consacrarci a questa sacra chiamata. Durante questo periodo di crisi in corso”. Così facendo, “preghiamo di dare nuova sostanza a quell’antica acclamazione di gioia. Scambiata in una moltitudine di lingue. Da milioni di cristiani in tutto il mondo. L’Alleluia”.