SILENZIO E IL “DONO DEL PIANTO” PER LA VISITA DEL PAPA AD AUSCHWITZ

“Non ho vissuto l’esperienza di Giovanni Paolo II, i cui compagni di classe erano per metà ebrei, – ha ricordato papa Francesco – ma ho e ho avuto in passato amici ebrei”. Ci si è chiesti dove era Dio quando c’è stato l’Olocausto, ma “dove era l’uomo?”: questa domanda “è la smentita più clamorosa della solidarietà umana nella nostra epoca”. “Ogni ebreo ucciso fu uno schiaffo al Dio vivente in nome degli idoli”.

Per la sua visita ad Auschwitz, il prossimo 29 luglio papa Francesco, come ha annunciato ai giornalisti sul volo di ritorno dall’Armenia, ha scelto la modalità del silenzio, e chiede il dono del pianto davanti all’orrore: non terrà alcun discorso nei luoghi in cui i nazisti sterminarono in modo pianificato e sistematico milioni di persone, in maggioranza ebrei. Potrebbe aiutare a sintonizzarsi con il silenzio e il pianto la sua riflessione, riferita nelle righe precedenti, di quando era arcivescovo di Buenos Aires, e tratta da un dialogo con il suo amico rabbino Abraham Skorka.

Il papa latinoamericano – terzo pontefice a visitare il lager nazista, dopo un papa polacco (1979) e un papa tedesco (2006) – ha scelto una via diversa da quella di Giovanni Paolo II, che durante il suo primo viaggio in Polonia celebrò una messa vicino Auschwitz e parlò dell’Olocausto nella omelia, e da Benedetto XVI che visitò Auschwitz1 e Auschwitz due, e fece “un grande discorso che non era nel contesto liturgico”, come ha sottolineato padre Federico Lombardi.

Il cerimoniale della visita prevede che il Papa, giunto al lager, si fermi nei pressi del tristemente famoso arco, entri a piedi passandovi sotto, si fermi in preghiera silenziosa alla “piazza dell’appello”, il luogo in cui il francescano Massimiliano Kolbe si offrì al posto di un padre di famiglia che era stato designato per essere ucciso.