“Si fomenta la paura dei migranti a fini politici”

Un messaggio originale, quello che Papa Francesco ha scritto per la prossima Giornata mondiale della Pace che si celebra il 1. gennaio. Originale perché, come ha sottolineato mons. Silvano Tomasi nel corso della presentazione, “si concentra sull'enorme flusso migratorio” in atto.

Il S. Padre ha parole chiare rivolte alla politica: “In molti Paesi di destinazione – scrive – si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio. Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano”.

Quello di migranti e rifugiati “è un tema caro al cuore del S. Padre – ha detto il cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero per lo Sviluppo integrale – ma è un compito centrale per il nostro lavoro” perché si tratta di tutelare “la dignità della persona” e “non ci può essere uno che vive nella dignità quando il suo vicino ne è privo”.

Che il tema sia al centro del lavoro del Dicastero lo dimostra il fatto che alla presentazione c'era l'intero vertice dello Sviluppo integrale: oltre a Turkson e Tomasi, anche il segretario padre Bruno M. Duffé e il sottosegretario padre Michael Czerny, S.J., responsabile della Sezione migranti. Proprio padre Duffé ha fatto riferimento al titolo del messaggio sottolineando che chi lascia la propria terra “è un cercatore di pace” ed ha richiamato “la responsabilità di ciascuno, dei singoli Paesi e dell'intera comunità umana” di fronte a un problema che “è un'emergenza del mondo”. Un aspetto su cui si è soffermato anche padre Czerny facendo riferimento ai “patti globali” che si stanno preparando all'Onu ai quali “la Chiesa vuole contribuire concretamente” e che “spera vadano nella direzione di una condivisione delle risorse e di una distribuzione delle responsabilità in maniera più equa tra gli Stati”.

A questi documenti ha fatto esplicito richiamo il Papa nel suo messaggio: “In quanto accordi condivisi a livello globale, questi patti rappresenteranno un quadro di riferimento per proposte politiche e misure pratiche. Per questo è importante che siano ispirati da compassione, lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni occasione per far avanzare la costruzione della pace: solo così il necessario realismo della politica internazionale non diventerà una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza“. Il Dicastero ha elaborato una proposta in 20 punti. Come ha spiegato mons. Tomasi, i patti dovrebbero essere definiti a dicembre del prossimo anno: “Il Papa impegna la Chiesa a contribuire” in modo che “un movimento ordinato” dei migranti “garantisca la pace. La Chiesa può offrire l'assistenza, la dottrina sociale, la testimonianza” per “farsi voce di chi non ha voce”. Ma per raggiungere questo traguardo, ha aggiunto l'arcivescovo, “devono cambiare le relazioni tra i Paesi: il dialogo deve prendere il posto della forza che porta alla violenza” e occorre sviluppare “politiche di collaborazione” per favorire la diffusione dei benefici legati alle tecnologie e alll'accesso ai mercati. “Meno disuguaglianza e ingiustizie favoriscono la pace e la gente può far valere il suo primo diritto che è quello a non emigrare”. Mons. Tomasi si è soffermato anche sul passaggio del Papa dedicato alle paure alimentate dal movimento migratorio: “Causano rigetto, la nascita di partiti xenofobi… non è la strada della pace. Le migrazioni, se ben gestite, sono un vantaggio economico, demografico e culturale, per chi arriva e per chi accoglie. La conoscenza oggettiva di questo fenomeno è un'esigenza” ha concluso l'arcivescovo.

Ma Francesco, ricordandole quattro caratteristiche che deve avere l'accoglienza, ha anche sottolineato, in due diversi passaggi, la necessità di porre dei “paletti”: “Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, 'nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, (per) permettere quell’inserimento'. Essi hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurarne i giusti diritti e lo sviluppo armonico”. E ancora, occorre uno “sguardo contemplativo” verso migranti e rifugiati che sappia “guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei 'limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso', considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi”.