Rohingya, “Il mondo non resti in silenzio”

Arrivato in Bangladesh, Papa Francesco affronta quella che è considerata una delle questioni più serie a livello umanitario, e molto spinosa a livello diplomatico; parla apertamente di Rohingya, ed elogiando quanto fatto dal Governo di Dacca, “nel suo slancio umanitario a favore dei rifugiati affluiti in massa dallo Stato di Rakhine, provvedendoli di un riparo temporaneo e delle necessità primarie per la vita”, il Pontefice sottolinea quanto questi sforzi sono stati fatti “con non poco sacrificio”, sotto gli occhi silenziosi di tutto il mondo. “Nessuno di noi può mancare di essere consapevole della gravità della situazione, dell'immenso costo richiesto di umane sofferenze e delle precarie condizioni di vita di così tanti nostri fratelli e sorelle, la maggioranza dei quali sono donne e bambini, ammassati nei campi-profughi”, dice Bergoglio, che invoca poi l'intervento della comunità internazionale sulla questione: “È necessario che la comunità internazionale attui misure efficaci nei confronti di questa grave crisi, non solo lavorando per risolvere le questioni politiche che hanno condotto allo spostamento massivo di persone, ma anche offrendo immediata assistenza materiale al Bangladesh nel suo sforzo di rispondere fattivamente agli urgenti bisogni umani”.

Prima del discorso del Pontefice, il presidente Abdul Hamid, nel suo intervento ricorda proprio che il suo Governo “ha dato riparo a un milione di Rohingya scacciati” dal Rakhine. Nel sottolineare poi la “molto lodevole posizione” del Papa “in favore di questo popolo perseguitato e la sua appassionata voce contro tale brutalità”, afferma: “Ciò dà speranza per la soluzione della crisi. La sua vicinanza a loro, la richiesta di aiutarli e di assicurare loro pieni diritti, dà alla comunità internazionale la responsabilità di agire con prontezza e sincerità”.

Sulle orme di Montini e Wojtyla

Presentandosi alle autorità del Paese, Papa Bergoglio sottolinea il fatto che “il Bangladesh è una nazione che si sforza di raggiungere un'unità di linguaggio e di cultura nel rispetto per le diverse tradizioni e comunità, che fluiscono come tanti rivoli e ritornano ad arricchire il grande corso della vita politica e sociale del Paese”. “Nel mondo di oggi, – ammonisce – nessuna singola comunità, nazione o Stato, può sopravvivere e progredire nell'isolamento. In quanto membri dell'unica famiglia umana, abbiamo bisogno l'uno dell'altro e siamo dipendenti l'uno dall'altro“. Un viaggio, questo, che si pone in continuità con quello dei suoi predecessori, Paolo VI e Giovanni Paolo II, che visitarono questo luogo rispettivamente nel 1970 e nel 1986.  Anche se è uno Stato giovane, esso “ha sempre avuto un posto speciale nel cuore dei Papi, che fin dal principio hanno espresso solidarietà con il suo popolo, intesa ad accompagnarlo nel superare le difficoltà iniziali, e lo hanno sostenuto nell’esigente compito di costruire la nazione e il suo sviluppo“. 

Il dialogo interreligoso

La visita di Francesco in queste terre è “primariamente diretta alla Comunità cattolica“, come lo steffo Pontefice ricorda. Ma il pensiero di Bergoglio va anche al dialogo interreligioso. In questa prospettiva, molto importante sarà l'incontro di domani a Ramna con i Responsabili ecumenici e interreligiosi. “Insieme pregheremo per la pace e riaffermeremo il nostro impegno a lavorare per la pace – afferma il Papa -. Il Bangladesh è noto per l’armonia che tradizionalmente è esistita tra i seguaci di varie religioni. Questa atmosfera di mutuo rispetto e un crescente clima di dialogo interreligioso consentono ai credenti di esprimere liberamente le loro più profonde convinzioni sul significato e sullo scopo della vita. Così essi possono contribuire a promuovere i valori spirituali che sono la base sicura per una società giusta e pacifica”. Parla anche di terrorismo e, nel ricordare l'attentanto che ha sconvolto proprio Dacca un anno fa, ribadisce: “Il santissimo nome di Dio non può mai essere invocato per giustificare l’odio e la violenza contro altri esseri umani nostri simili“. 

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L'impegno dei cattolici

Infine, elogia i cattolici che vivono in Bangladesh: “anche se relativamente pochi di numero, cercano di svolgere un ruolo costruttivo nello sviluppo del Paese, specialmente attraverso le loro scuole, le cliniche e i dispensari”. “La Chiesa apprezza la libertà, di cui beneficia l’intera nazione, di praticare la propria fede e di realizzare le proprie opere caritative, tra cui quella di offrire ai giovani – aggiunge -, che rappresentano il futuro della società, un’educazione di qualità e un esercizio di sani valori etici e umani. Nelle sue scuole la Chiesa cerca di promuovere una cultura dell’incontro che renderà gli studenti capaci di assumersi le proprie responsabilità nella vita della società. In effetti, la grande maggioranza degli studenti e molti degli insegnanti in queste scuole non sono cristiani, ma provengono da altre tradizioni religiose”. “Sono certo che, in accordo con la lettera e lo spirito della Costituzione nazionale – conclude -, la Comunità cattolica continuerà a godere la libertà di portare avanti queste buone opere come espressione del suo impegno per il bene comune”.