Quattro anni fa la tragedia di Ninive

La notte tra il 6 e il 7 agosto 2014 i tagliagole dell’Isis costrinsero oltre 125.000 cristiani ad abbandonare in fretta le loro abitazioni nella Piana di Ninive. La sconfitta militare dello Stato islamico e la riconquista dell’area da parte delle forze governative irachene ha aperto una nuova fase per le famiglie sfollate ma la ricostruzione delle case e dei villaggi è ancora lontana dall’essere conclusa. Per questo la Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, tra i principali sostenitori dell’impegno a favore dei cristiani in Iraq, in occasione del quarto anniversario di quella immane tragedia lancia una nuova campagna di raccolta fondi

L’inerzia del governo 

Il motivo è anche che il governo di Baghdad non ha fatto nulla per consentire il ritorno dei cristiani nella Piana di Ninive. Lo sottolinea Amjeed Tareq Hano, 28 anni, che aiuta il team di 70 ingegneri al lavoro nella sola Qaraqosh. Sulla sua scrivania un’alta pila di richieste. La strategia del “piano Marshall” per la ricostruzione lanciato da Acs un anno fa, subito dopo la cacciata dei miliziani islamisti, si basa infatti su un concetto fondamentale: non si tratta di “assistenzialismo” ma di coinvolgere direttamente le famiglie interessate. “Per poter ricevere un sostegno i proprietari devono contribuire personalmente alla ricostruzione o al restauro – spiega Amjeed – Soltanto così possiamo contenere i costi ed aiutare altre famiglie. Sconfiggiamo l'Isis armati di intonaco e mattoni e senza l’aiuto di Acs non saremmo mai potuti andare avanti!”. 

Metà dei cristiani sono tornati 

I risultati sono evidenti. Dal 2014 al giugno scorso la Fondazione ha donato circa 39,7 milioni di euro per progetti a sostegno dei cristiani iracheni. Ad oggi, 25.650 crstiani hanno fatto ritorno a Qaraqosh, cittadina simbolo della Cristianità in Iraq, oltre il 46% di quanti vi vivevano prima dell’arrivo dello Stato Islamico. Il piano di ricostruzione ha favorito il ritorno di ben 8.815 famiglie cristiane nella Piana, il 44,6% di quante ne erano presenti nel 2014. “Ero completamente scioccato quando ho visto cosa rimaneva della mia abitazione e della mia città. Ci è voluto tanto laoro ma ora siamo finalmente a casa!” racconta Musa, un cristiano di 60 anni di Qaraqosh. “E’ passato meno di un anno ormai da quando ci siamo impegnati in questo ambizioso Piano – spiega il direttore di Acs-Italia Alessandro Monteduro – La generosità dei nostri benefattori è stata straordinaria e ci ha permesso di ricostruire o restaurare 4.765 delle 13.555 abitazioni distrutte o danneggiate da Isis, ovvero il 35,2% degli edifici. Il sorprendente risultato finora raggiunto ci sprona ancor più ad andare avanti. Ci sono tante famiglie cristiane che vogliono tornare a Ninive e noi li aiuteremo affinché il Cristianesimo possa rimanere in Iraq!”. 

L’Iraq ha bisogno dei cristiani 

“Abbiamo ancora tanto lavoro da fare – gli fa eco don Georges Jahola, uno dei membri del Comitato per la Ricostruzione di Ninive, istituito dalla Fondazione pontificia insieme alle Chiese caldea, siro-cattolica e siro-ortodossa per coordinare la ricostruzione – La prossima fase è molto impegnativa perché prevede la ricostruzione delle abitazioni interamente bruciate o distrutte”. “Dobbiamo bollire l’acqua, perché contiene troppo cloro, l’elettricità è prodotta dai generatori e le strade sono piene di buche – conclude Amjeed che dopo l’invasione dell’Isis era stato costretto a vivere con la sua famiglia a Erbil, capoluogo del Kurdistan – L’Iraq è tutto fuorché sicuro, ma questa è la nostra casa e qui è il nostro futuro. E la nostra patria ha estremamente bisogno della presenza di noi cristiani”.