Perché la Chiesa in Bolivia sta soffrendo

Per la prima volta in Bolivia, una chiesa è divenuta luogo di riconciliazione. È quanto avvenuto nella Cattedrale di Sucre, dove il 26 novembre scorso, contadini, centri educativi e gruppi parrocchiali si sono riuniti per pregare inseime per la pace. Lo rende noto l’agenzia Fides, che ha specificato l’impegno dei vescovi boliviani per placare i disordini e i conflitti nel Paese. È stata proprio la Conferenza Episcopale Boliviana a diramare un appello “per il dialogo, affinché siano superate le differenze tra boliviani”. La Chiesa del Paese ha offerto questo auspicio nella Domenica di solennità di Cristo Re, richiamandosi alle stesse parole di Papa Francesco, che alla Bolivia aveva dedicato un pensiero e un invito all’azione: “Ci sono governi deboli, molto deboli, che non sono riusciti a portare ordine e pace”, mentre sul volo di ritorno dal Giappone aveva ribadito: “La pace oggi è molto debole, ma non bisogna scoraggiarsi”.

Cattolicesimo e protesta

Secondo quanto riferito dalla stampa locale, la Chiesa boliviana non ha partecipato ai recenti rivolgimenti di potere che hanno portato all’esilio di Evo Morales. Eppure, nel Paese sud-americano il 76% della popolazione si dichiara cattolico, mentre solo il 2% sostiene di non essere religioso. La Chiesa è, dunque, innervata nella società boliviana a più livelli, finanche in un dialogo fra religioni, come con gli Evangelici, i Protestanti ed i Pentecostali (che rappresentano il 17,6% della popolazione). Il punto è che in Bolivia sta prendendo piede un governo di destra che, all’indomani della partenza del presidente Evo Morales, ha legittimato de facto sé stesso. D’altra parte, i manifestanti chiedono di porre fine a quello che definiscono un “golpe” a tutti gli effetti. Nel montare delle proteste, la Chiesa ha chiesto dialogo e pace a seguito delle violenze.

Chiese come obitori

Secondo quanto riporta il giornale The Irish Catholic, padre Gechi Revelin, sacerdote della Parrocchia di San Francesco a El Alto, ha denunciato chiese trasformate in obitori per ospitare le salme dei manifestanti caduti negli scontri fra l’esercito boliviano ed i sostenitori di Evo Morales. Scene raccapricianti si sono susseguite in altre Chiese del Paese, dove i familiari delle vittime hanno chiesto protezione per evitare che i cadaveri venissero sottratti dalle stesse forze militari. Otto giorni fa, una chiesa della capitale ha accolto salme sui banchi, dove alcuni scienziati forensi hanno condotto autopsie sul posto.

Il 7 novembre scorso, l’opinione pubblica è stata colpita dalla morte di Guzmán Vásquez, un giovane 20enne che perse la vita durante gli scontri. Dopo l’incidente, l’arcivescovo Oscar Aparicio, espresse sconcerto e rammarico per le violenze patite dal popolo boliviano. In una dichiarazione congiunta, i sacerdoti del Paese dichiararono la loro vicinanza ai familiari del defunto, esprimendo altresì “solidarietà con i fratelli feriti, che raggiungono i cento”.