Perché “Humanae Vitae” è così attuale

Cinquant’anni fa il beato Paolo VI, prossimo santo, pubblicava l’ultima enciclica del suo pontificato, la più travagliata e discussa, “Humanae Vitae”. Un documento attaccato da più parti, anche dall’interno della Chiesa, oggetto di critiche feroci e, nella prassi generale, ignorato o disatteso nelle sue conseguenze pratiche. Eppure, la condanna della contraccezione (quella ormonale, ma non solo) si è rivelata profetica. La lettera di Paolo VI si collocava in un contesto molto particolare: era da poco terminato il Concilio Vaticano II e si vedevano, con il “maggio francese”, i primi bagliori di quella “rivoluzione”, anche sessuale, che sarebbe stata il Sessantotto.

Controcorrente

Al di là degli aspetti storici della genesi del documento, ricostruiti nel libro “La nascita di un’enciclica. Humanae Vitae alla luce degli Archivi Vaticani” di mons. Gilfredo Marengo, appena pubblicato dalla Lev, che demolisce il mito di una decisione solitaria di Paolo VI, il pontefice bresciano non ebbe paura di andare controcorrente. Era consapevole di come sarebbe stata accolta l’enciclica. “Si può prevedere – scriveva al punto 18 – che questo insegnamento non sarà forse da tutti facilmente accolto: troppe sono le voci, amplificate dai moderni mezzi di propaganda, che contrastano con quella della Chiesa. A dire il vero, questa non si meraviglia di essere fatta, a somiglianza del suo divin fondatore, ‘segno di contraddizione’, ma non lascia per questo di proclamare con umile fermezza tutta la legge morale, sia naturale, che evangelica”.

Visione profetica

Il Papa, pur riconoscendo i problemi insorgenti (“non solo le condizioni di lavoro e di alloggio, ma anche le accresciute esigenze, sia nel campo economico che in quello della educazione della gioventù, rendono spesso oggi difficile il sostentamento conveniente di un numero elevato di figli”) aveva chiarissime le prospettive e le conseguenze che avrebbe avuto lo “sdoganamento” della pillola: l’apertura di una “via larga e facile all’infedeltà coniugale e all’abbassamento generale della moralità”; la vulnerabilità dei giovani, che “hanno bisogno d’incoraggiamento a essere fedeli alla legge morale e non si deve loro offrire qualche facile mezzo per eluderne l’osservanza”; la perdita di rispetto della donna, con il rischio di arrivare a “considerarla come semplice strumento di godimento egoistico e non più come la compagna rispettata e amata”. Senza dimenticare le possibili, pesanti intromissioni dei governi (e potremmo aggiungere delle multinazionali) nell’imposizione di pratiche contraccettive o sterilizzazioni di massa. Lo scenario di oggi è sotto gli occhi di tutti. La “cultura del provvisorio” contro cui si pronuncia tanto spesso Papa Francesco, che porta a considerare la fedeltà un retaggio medievale e spinge i giovani a non impegnarsi; la figura femminile calpestata e oltraggiata, salvo poi aggiornare le statistiche dei femminicidi quasi quotidianamente; i danni causati, soprattutto sulle giovani generazioni, dalla pornografia dilagante; le campagne contro la natalità di Paesi come Cina e India e quelle imposte in maniera subdola in tanti Paesi in via di sviluppo. Come non considerare profetiche, allora, le parole di Paolo VI?

Regolamentazione delle nascite

La Chiesa non può mai stancarsi di ripetere la verità del Vangelo, l’insegnamento di Cristo. Anche quando è scomodo o richiede sforzo. “Nel difendere la morale coniugale nella sua integralità – affermava Paolo VI – la Chiesa sa di contribuire all’instaurazione di una civiltà veramente umana; essa impegna l’uomo a non abdicare alla propria responsabilità per rimettersi ai mezzi tecnici; difende con ciò stesso la dignità dei coniugi”. Può farlo anche approfondendo tale verità: come giustamente afferma Lucetta Scaraffia sull’Osservatore Romano, “nessuno sembra ricordare che, per la prima volta, un papa ha accettato la regolamentazione delle nascite e ha invitato i medici a ricercare metodi naturali efficaci“.

Conseguenze

Certo, oggi il problema dal punto di vista etico non è solo quello della contraccezione. Mezzo secolo fa c’era un solo tipo di pillola, oggi ce ne sono tante varianti, diverse delle quali abortive. Senza dimenticare che 50 anni di mentalità e politiche contro la natalità hanno prodotto conseguenze i cui esiti non sono ancora prevedibili. Da una parte ci si comincia a render conto delle gravi conseguenze della denatalità (l’Europa sempre più vecchia sembra diventata la terra promessa delle masse di migranti diseredati in fuga, la Cina ha posto fine alla devastante imposizione del figlio unico); dall’altra, il largo impiego di contraccettivi chimici ha creato enormi problemi di fertilità nelle donne, che, paradossalmente, in molti casi cercano di “rimediare” con la fecondazione artificiale.

Manifesto di vita coniugale

Per questo “Humanae Vitae” risulta quanto mai attuale. E per questo la sua lettura andrebbe riproposta ai giovani in vista del Sinodo. Si parla tanto di formazione alla vita matrimoniale: il punto 8 (e il successivo) dell’enciclica di Paolo VI è un “manifesto” alla luce del quale ripartire: “Il matrimonio non è quindi effetto del caso o prodotto della evoluzione di inconsce forze naturali: è stato sapientemente e provvidenzialmente istituito da Dio creatore per realizzare nell’umanità il suo disegno di amore. Per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, gli sposi tendono alla comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite. Per i battezzati, poi, il matrimonio riveste la dignità di segno sacramentale della grazia, in quanto rappresenta l’unione di Cristo e della Chiesa”.

Ma quanti sono quelli che ancora credono davvero in tutto questo? E quanti sono pronti a insegnare ai giovani la bellezza del matrimonio cristiano?