Papa: “La vita va tutelata dal concepimento alla fine naturale”

Papa Francesco ha ricevuto in udienza i dirigenti della Confederazione Federsanità. Anelli (Fnomceo): "Le parole del Papa ci corroborano"

Fonte: Vatican News

Le patologie possono segnare il corpo, confondere i pensieri, togliere le forze, ma non potranno mai annullare il valore della vita umana, che va tutelata sempre, dal concepimento alla fine naturale”. Lo ha detto Papa Francesco questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, all’udienza i dirigenti della Confederazione Federsanità.

“Farsi prossimi – dice il Papa – significa abbattere le distanze, fare in modo che non ci siano malati di “serie A” e di “serie B”, mettere in circolo le energie e le risorse perché nessuno sia escluso dall’assistenza sociosanitaria. Auspico che la ricerca e le varie professioni sanitarie abbiano sempre questo orizzonte”.  

Il discorso integrale del Papa

Care amiche e cari amici, benvenuti! Ringrazio la Presidente per le sue parole. Ha citato San Giuseppe Moscati, un “buon samaritano” che ha saputo incarnare uno stile di cura integrale, nel territorio. Anche la vostra Confederazione, che riunisce le Aziende Sanitarie Locali, Ospedaliere, e gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, insieme ai rappresentanti dell’Associazione dei Comuni Italiani, ha un forte legame con il territorio, in una dinamica continua di scambio tra locale, regionale e nazionale.

Con il vostro impegno, contribuite a mantenere il rapporto tra centro e periferia, tra piccolo e grande, tessendo relazioni e promuovendo percorsi di integrazione socio-sanitaria e socioassistenziale.

Proprio a partire dall’identità del vostro organismo, vorrei proporre tre “antidoti” che possano aiutarvi a camminare nel solco tracciato.

Innanzitutto, la prossimità, antidoto all’autoreferenzialità. Vedere nel paziente un altro me stesso spezza le catene dell’egoismo, fa cadere il piedistallo sul quale a volte siamo tentati di salire e spinge a riconoscerci fratelli, a prescindere dalla lingua, dalla provenienza geografica, dallo status sociale o dalla condizione di salute. Se nelle persone che incontriamo nelle corsie degli ospedali, nelle case di cura, negli ambulatori riusciamo a scorgere prima di tutto dei fratelli e delle sorelle, cambia tutto: la “presa in carico” smette di essere una questione burocratica e diventa incontro, accompagnamento, condivisione.

Il nostro è il Dio della prossimità, che ha scelto di assumere la nostra carne, non è un Dio distante, irraggiungibile. Cammina con noi, sulle strade dissestate di questo mondo, come ha fatto con i discepoli di Emmaus, che si mette in ascolto dello smarrimento, delle angosce, del grido di dolore di ciascuno. A noi chiede di fare lo stesso. E questo è tanto più importante quando ci si trova nella malattia e nella sofferenza.

Farsi prossimi significa anche abbattere le distanze, fare in modo che non ci siano malati di “serie A” e di “serie B”, mettere in circolo le energie e le risorse perché nessuno sia escluso dall’assistenza sociosanitaria.

Ecco allora il secondo antidoto: l’integralità, che si oppone alla frammentazione e alla parzialità. Se tutto è connesso, dobbiamo anche ripensare il concetto di salute in un’ottica integrale, che abbracci tutte le dimensioni della persona. Senza nulla togliere al valore delle competenze specifiche, curare un malato significa considerare non solo una certa sua patologia, ma la sua condizione psicologica, sociale, culturale e spirituale.

Quando Gesù guarisce qualcuno, oltre ad estirpare dal suo corpo il male fisico, gli restituisce la dignità, reintroducendolo nella società, dandogli una nuova vita. Naturalmente questo lo può fare solo Lui, ma l’atteggiamento, l’approccio alla persona è modello per noi. Una visione olistica della cura contribuisce a contrastare la “cultura dello scarto”, che esclude quanti, per diversi motivi, non rispondono a certi canoni.

In una società che rischia di vedere i malati come un peso, un costo, occorre rimettere al centro ciò che non ha prezzo, non si compra e non si vende, cioè la dignità della persona. Le patologie possono segnare il corpo, confondere i pensieri, togliere le forze, ma non potranno mai annullare il valore della vita umana, che va tutelata sempre, dal concepimento alla fine naturale. Auspico che la ricerca e le varie professioni sanitarie abbiano sempre questo orizzonte.

Terzo antidoto è il bene comune, come rimedio al perseguire interessi di parte. Anche in campo sanitario è frequente la tentazione di far prevalere vantaggi economici o politici di qualche gruppo a discapito della maggior parte della popolazione. E questo vale anche sul piano dei rapporti internazionali. Il diritto fondamentale alla tutela della salute – cito dalla Nuova Carta degli Operatori Sanitari – «attiene al valore della giustizia, secondo il quale non ci sono distinzioni di popoli e nazioni, tenuto conto delle oggettive situazioni di vita e di sviluppo dei medesimi, nel perseguimento del bene comune, che è contemporaneamente bene di tutti e di ciascuno».

La pandemia ci ha insegnato che il “si salvi chi può” si traduce rapidamente nel “tutti contro tutti”, allargando la forbice delle disuguaglianze e aumentando la conflittualità. Occorre invece lavorare perché tutti abbiano accesso alle cure, perché il sistema sanitario sia sostenuto e promosso, e perché continui ad essere gratuito. Tagliare le risorse per la sanità è un oltraggio all’umanità.

Prossimità, integralità e bene comune: vi consegno questi “antidoti”, con l’incoraggiamento a continuare a operare a servizio dei malati e dell’intera società. San Giuseppe Moscati vi guidi nel vostro lavoro quotidiano e vi doni la sapienza del curare e del custodire. Vi benedico di cuore e vi affido all’intercessione della Vergine Maria. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

Anelli (Fnomceo): “Le parole del Papa ci corroborano”

Le parole del Papa a sostegno della sanità pubblica “ci corroborano nella nostra opera. Ora è il momento di investire sui professionisti”: lo ha detto Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), ringraziando il Papa per quanto ha detto oggi ricevendo in udienza i rappresentanti di Federsanità Anci.

Grazie Papa Francesco per le parole chiare e inequivocabili a sostegno del nostro Servizio sanitario nazionale: tagliare le risorse per la sanità – rileva Anelli in una nota – è un oltraggio all’umanità. Grazie per i tre ‘antidoti’, prossimità, integralità e bene comune, che permettono di realizzarne i principi fondamentali, l’universalità, l’uguaglianza e l’equità, e di curare la persona nella sua interezza, restituendole, insieme alla tutela della salute, la dignità”. Per il presidente della Fnomceo “questo è il momento per investire, non per tagliare. Mancano i medici, gli altri professionisti. Un intervento straordinario del Governo oggi per i professionisti significa dare forza al Servizio sanitario nazionale, perché sono loro che garantiscono il diritto alla Salute. Il Pnrr e le risorse stanziate non sono sufficienti a un vero rilancio: dopo aver investito su strutture e infrastrutture, è necessario investire sui professionisti. È questa la lezione che la pandemia ci lascia”. Per Anelli “la prossimità, l’integralità e il bene comune sono gli strumenti e gli obiettivi che i medici, gli operatori sanitari hanno per garantire i diritti. La prossimità, perché è nella vicinanza, non solo fisica ma intesa come unità di intenti, empatia, comprensione ed accoglienza, che si instaura e si realizza la relazione di cura. Ed è proprio questa prossimità che 374 nostri colleghi, che tanti operatori sanitari hanno pagato con la vita, pur di non lasciare soli i malati durante la pandemia di Covid. L’integralità, perché rappresenta il cambio di paradigma per cui i medici, i professionisti della sanità non si limitano a curare la malattia, ma prendono in carico la persona nella sua interezza. Il bene comune, perché l’altra grande lezione che la pandemia ci lascia è che nessuno si salva da solo”.;