Home Chiesa Cattolica Papa: “Famiglia ‘grammatica antropologica’ degli affetti umani fondamentali”

Papa: “Famiglia ‘grammatica antropologica’ degli affetti umani fondamentali”

Papa: "La missione della Chiesa sollecita oggi con urgenza l’integrazione della teologia del legame coniugale con una più concreta teologia della condizione famigliare"

Papa Francesco ha ricevuto stamane in Udienza nel Palazzo Apostolico Vaticano la Comunità Accademica del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia. Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti nel corso dell’incontro.

Il Pontificio Istituto Teologico “Giovanni Paolo II” per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia è stato fondato con la Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio di Papa Francesco Summa familiae cura del 8 sett. 2017. Tale Istituto succede, sostituendolo, al Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II” per Studi su Matrimonio e Famiglia, stabilito dalla Costituzione Apostolica Magnum Matrimonii Sacramentum del 7 ottobre 1982.

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti! Sono lieto di incontrare voi che formate la comunità accademica dell’Istituto teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia. Saluto il Cardinale Kevin Farrell e ringrazio per il sostegno che offre all’Istituto il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita; ringrazio Mons. Vincenzo Paglia, vostro Gran Cancelliere, per le parole che mi ha rivolto. Saluto il Preside, Mons. Philippe Bordeyne, i Vice-presidi delle sezioni extra urbe, gli illustri professori e tutti voi, cari studenti e studentesse, assieme alle coppie che hanno iniziato il corso di formazione permanente presso l’Istituto.

La vostra rappresentanza internazionale mette in evidenza l’ampiezza e la ricchezza della rete che fa capo all’Istituto; essa rappresenta una risorsa per la Chiesa e per la società. Sono passati cinque anni da quando, con il Motu proprio Summa familiae cura, ho voluto “investire” su questa eredità lasciata da San Giovanni Paolo II, che fondò l’Istituto nel 1981. Ho inteso dare ad esso un nuovo vigore e un più ampio sviluppo, per rispondere alle sfide che si presentano all’inizio del terzo millennio. Tale auspicato sviluppo – garantito dalla qualità accademica nelle discipline teologiche e nelle scienze umane e sociali – lo sento particolarmente importante, perché integra le competenze necessarie per discernere i valori relazionali propri della costellazione famigliare.

La teologia stessa, per essere all’altezza di questo ampliamento, è chiamata a elaborare una visione cristiana della genitorialità, della filialità, della fraternità – non solo quindi del legame coniugale –, che corrisponda all’esperienza famigliare, nell’orizzonte dell’intera comunità umana. La cultura della fede, infatti, è chiamata a misurarsi, senza ingenuità e senza soggezione, con le trasformazioni che segnano la coscienza attuale dei rapporti tra uomo e donna, tra amore e generazione, tra famiglia e comunità.

Apprezzo e incoraggio il vostro impegno nel portare avanti con coerenza e creatività il progetto magisteriale che ispira la sua eredità e il suo aggiornamento. È un impegno che, giorno per giorno, riempie di contenuto il titolo di “pontificio” attribuito all’Istituto, da intendere nella sua pregnanza: servire la Chiesa nel solco del ministero di Pietro è il dono che esso riceve e, al tempo stesso, trasmette. Per questo sbaglierebbe gravemente chi leggesse il suo rinnovato legame con il magistero vivente in termini di contrapposizione alla missione ricevuta con la sua originaria istituzione.

In realtà, il seme cresce e genera fiori e frutti. La missione della Chiesa sollecita oggi con urgenza l’integrazione della teologia del legame coniugale con una più concreta teologia della condizione famigliare.

Le inedite turbolenze, che in questo tempo mettono alla prova tutti i legami famigliari, chiedono un attento discernimento per cogliere i segni della sapienza e della misericordia di Dio. Noi non siamo profeti di sventura, ma di speranza. Perciò, nel considerare i motivi di crisi, non perderemo mai di vista anche i segni consolanti, a volte commoventi delle capacità che i legami famigliari continuano a mostrare: in favore della comunità di fede, della società civile, della convivenza umana.

Tutti abbiamo visto quanto siano preziose, nei momenti di vulnerabilità e di costrizione, la tenacia, la tenuta, la collaborazione dei legami famigliari. La famiglia rimane una insostituibile “grammatica antropologica” degli affetti umani fondamentali. La forza di tutti i legami di solidarietà e di amore apprende lì, nella famiglia, i suoi segreti. Quando questa grammatica è trascurata o sconvolta, l’intero ordine delle relazioni umane e sociali ne patisce le ferite.

Ad esempio: il volontariato sociale, non trae forse da questi legami generativi e fraterni dell’amore i simboli e le modalità delle sue relazioni migliori? La protezione dell’indifeso, non ha forse la sua radice nella cura per il generato? La fraternità non è un’esperienza facile, certo, ma c’è forse un modo migliore dell’essere nati come fratelli e sorelle per arrivare a comprendere il senso dell’essere – tutti e tutte – ugualmente umani?

Ecco, fratelli e sorelle, quali sono le frontiere della sfida che ci sollecita a riprendere da capo il filo della irradiazione di tutte le componenti dell’amore famigliare – non solo quello di coppia – per l’intera società. La qualità del matrimonio e della famiglia decide la qualità dell’amore della singola persona e dei legami della stessa comunità umana.

È perciò responsabilità sia dello Stato sia della Chiesa ascoltare le famiglie, in vista di una prossimità affettuosa, solidale, efficace: che le sostenga nel lavoro che già fanno per tutti, incoraggiando la loro vocazione per un mondo più umano, ossia più solidale e più fraterno.

Non dobbiamo aspettare che la famiglia sia perfetta, per prenderci cura della sua vocazione e incoraggiare la sua missione. Il matrimonio e la famiglia saranno sempre imperfetti e incompiuti finché non saremo in Cielo. Eppure, noi consegniamo al Signore la nostra stessa imperfezione, perché trarre dalla grazia del sacramento una benedizione per la creatura a cui è affidata la trasmissione del senso della vita – non solo della vita fisica – è il “possibile” di Dio. Molto, in questa società piena di crepe, dipende dalla ritrovata letizia dell’avventura famigliare ispirata da Dio.

Per trent’anni l’incarnazione del Figlio Unigenito consistette nell’abitare e nel radicarsi dentro i legami famigliari e comunitari della sua condizione umana. Non era un semplice tempo di “attesa”, era un tempo di “intesa” con la condizione umana più comune, abitata con lo sguardo fisso alle “cose del Padre” (cfr Lc 2,49).

Il Signore accompagni la passione della vostra fede e il rigore della vostra intelligenza, nel compito formidabile di sostenere, curare, rallegrare – sì, anche rallegrare – questa benedizione creaturale ed ecclesiale che è la famiglia. Mi rallegra sapere e percepire che vi state dedicando a questo impegno anche attraverso la maturazione di un clima famigliare e di uno spirito sinodale della stessa comunità accademica. La Madre del Signore, che più di tutti noi è esperta di questo legame tra il mistero salvifico della nuova creatura e la condizione famigliare degli affetti umani, vi accompagni e vi custodisca. Di cuore vi benedico, e vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie!

Il Papa riceve il Presidente di Cipro

È durato circa 25 minuti il colloquio privato tra il Papa e il presidente della Repubblica di Cipro, Nicos Anastasiades il quale si è successivamente incontrato con il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, accompagnato da mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali.

“Nel corso dei cordiali colloqui in Segreteria di Stato – informa la Sala Stampa della Santa Sede – è stato espresso apprezzamento per i buoni rapporti bilaterali esistenti e l’intenzione di sviluppare ulteriormente la collaborazione nei settori di mutuo interesse, tra cui l’accoglienza dei rifugiati. Inoltre si è parlato del processo di riunificazione dell’Isola e della situazione nel Mediterraneo orientale e nell’intera Regione, auspicando che i problemi aperti siano affrontati attraverso il dialogo”.

Il Papa ha donato ad Anastiasiades un mosaico raffigurante “Gesù Buon Pastore, che conosce le sue pecore e ‘sente l’odore del suo gregge’”. Nel donarlo al presidente, rivolgendosi a lui, il Papa ha spiegato di averlo scelto perché “lei conosce il suo popolo col cuore, sta vicino al popolo”.

Gli altri doni di Francesco – come è consueto con i Capi di Stato – sono stati i volumi dei documenti papali, il Messaggio per la Pace di quest’anno, il Documento sulla Fratellanza Umana e il libro sulla Statio Orbis del 27 marzo 2020, a cura della Lev. Il presidente cipriota ha donato al Papa una coppa in argento.