Padre Sosa: “Il mondo ha bisogno di riconciliazione”

“Prima che mi facciate una domanda che mi rivolgono tutti quelli che mi incontrano, ovvero come sto, vi rispondo subito che sto bene…”. Padre Arturo Sosa Abascal, 31° Preposito Generale della Compagnia di Gesù, ha esordito con una battuta nell’incontro con cui si è presentato alla stampa internazionale, introdotto da un “moderatore” d’eccezione come padre Federico Lombardi, già direttore della Sala Stampa vaticana. “Sono sorpreso – ha proseguito il successore di S. Ignazio – ma pronto a rispondere con gioia al compito che mi è stato affidato”. Ripetendo concetti già espressi a caldo dopo la sua elezione, padre Sosa ha sottolineato di avere “grande bisogno di aiuto. Non posso fare da solo. Ma del resto, questa è la Compagnia di Gesù e confido che Gesù faccia la sua parte. Io cercherò di non mettere troppi ostacoli. E mi fido molto dei miei compagni. E’ una grande sfida, sono nella Curia dei Gesuiti da due anni ma ora è cambiato qualcosa di importante nella mia vita e mi devo abituare, a cominciare dal non perdere il mio nome…”.

Gratitudine a padre Nicolas

Padre Sosa ha avuto parole di sentito ringraziamento per il suo predecessore. Padre Alfonso Nicolas, che si è dimesso alla soglia degli 80 anni, “non solo è un amico (lo ha voluto lui nella Curia centrale dell’ordine, ndr) ma è pronto a una nuova missione. Dopo un breve periodo di riposo in Spagna, tornerà nelle Filippine, dove lo ha destinato il suo provinciale, a fare il padre spirituale nell’East Asian Pastoral Institute, presso l’Università di Manila. Mi ha colpito la sua grande libertà, il desiderio di continuare la sua missione, come un Gesuita qualsiasi. Lo seguiremo con grandissimo affetto e riconoscenza”.

Le prossime sfide

Ma quali sono le sfide che si prospettano davanti alla Compagnia nei prossimi anni? “L’orientamento non è ancora chiaro – ha risposto padre Sosa – perché contrariamente a quanto pensano molti, la Congregazione generale, che è la massima autorità dell’ordine, inizia solo ora la tappa deliberativa. Non partiamo dal nulla: per prepararla abbiamo avuto circa due anni e sono venuti suggerimenti da tutto il mondo”. Perciò alcuni punti fermi già ci sono: “Non si mette in discussione il senso della nostra missione, definito dalle ultime Congregazioni: servizio per la fede e la promozione della giustizia, nella diversità culturale e nel dialogo. Si può fare meglio, ma alcune priorità sono chiare: il dialogo interreligioso, il problema dei rifugiati, che ora è esploso in Europa ma riguarda tutti i continenti, i flussi migratori legati alle condizioni di vita e alla povertà”. Padre Sosa ha poi aggiunto di considerare “sconvolgente” che in tutte le risposte giunte dalle province in preparazione ai lavori “c’è una parola che si ripete: riconciliazione. Si sente la ferita profonda della divisione tra gli uomini, più evidente in alcune zone come la Siria o il Venezuela (paese d’origine di padre Sosa, ndr) ma anche in tante aree di guerre sconosciute. O anche con l’ambiente. La Compagnia vuole contribuire alla riconciliazione tra esseri umani, con Dio e col creato”.

Cercare l’impossibile

Nella sua prima omelia, il nuovo superiore dei Gesuiti aveva parlato di “sfide impossibili”. Ora ha chiarito meglio il concetto: “Cercare l’impossibile è la missione di ogni cristiano, è un modo di esprimere la fede. Chi crede in Gesù è capace di sperare l’impossibile. Mi spiego: se oggi facciamo l’analisi della situazione del mondo, puoi diventare pessimista. I poteri economici, militari, del narcotraffico, della tratta di persone sembrano imbattibili. Davanti a tutto ciò diciamo che è possibile un mondo diverso, dove ogni persona sia considerata persona, che è possibile uno stile di vita diverso, dove tutti abbiano da mangiare, una casa, una scuola. E’ una grandissima sfida”. E in tutto questo assume un ruolo fondamentale l’apostolato intellettuale, peculiare dei Gesuiti: “Senza la fede non si fa nulla. Ma l’altra gamba su cui camminare è la profondità intellettuale. Se non siamo capaci di pensare oltre che agire, non è possibile che l’impossibile accada… E’ uno dei grandi servizi che possiamo fare alla Chiesa: la formazione, non solo dei Gesuiti ma anche delle altre persone”.

Il rapporto col Papa

Sosa e Bergoglio si sono conosciuti in occasione della 33a Congregazione generale, quella della rinuncia di padre Arrupe e dell’elezione di padre Kolvenbach. Allora, come ha ricordato padre Lombardi, l’attuale Generale era il più giovane partecipante, appena 35 anni. “Poi ci siamo visti durante alcuni viaggi che ho fatto in Argentina – ha raccontato padre Sosa – e nel settembre 2014 ho avuto il piacere di riceverlo al Gesù dopo la liturgia per i 200 anni di ripristino della Compagnia. Da allora ci siamo incontrati 4 o 5 volte, perché le Case internazionali di cui ero delegato sono un’opera espressamente voluta dai Papi. Devo dire che è molto facile comunicare cordialmente con lui”. L’ha incontrato dopo la sua elezione? “Non ancora – ha risposto padre Sosa – Ho sollecitato una visita ma ancora non è avvenuta”.

La vocazione e il Papa Nero

Le piace il termine “Papa Nero” con cui ci si riferisce al Generale dei Gesuiti? “No – è la risposta chiara – Nella nostra vocazione non auspichiamo né accettiamo cariche ecclesiastiche. Abbiamo 60 o 70 vescovi ma perché sono in zone dove nessuno vuole andare, per esempio in Turchia. Vogliamo servire secondo la nostra vocazione, e cioè secondo la volontà del Papa e dei vescovi”. E cosa le piace di più della Compagnia? “In una parola: tutto. Sono stato attratto fin da giovane dalla Compagnia. Ho studiato in un collegio di gesuiti e ho imparato tanto dai fratelli (gesuiti non ordinati sacerdoti, ndr), più che dai preti. Ho preso la vocazione da loro. Poi, quando ero provinciale del Venezuela, durante quello che noi chiamiamo “rendiconto di coscienza”, sono rimasto meravigliato dalla loro profondità spirituale. Ho conosciuto veri santi”. Gli ultimi prepositi si sono dimessi alla soglia degli 80 anni. Diventerà una regola? “La regola resta quella del generalato a vita ma bisogna capire fin dove uno può andare avanti nel governo. S. Ignazio ha voluto così per due motivi: per evitare lotte di potere interno, perché lo aveva visto in altri ordini (ma questo valeva nella sua epoca) e perché non abbiamo un’organizzazione capitolare. Da noi vige il discernimento: quando uno ha capito qual è la sua missione, deve portarla avanti senza perdite di tempo”. Tuttavia, “ora si vive di più”. Anche per questo la Congregazione dovrà eleggere una squadra di governo che affiancherà il Generale: quattro assistenti “ad providentiam” e un ammonitore che si occupi della vita spirituale del Preposito.

Uno sguardo a oriente

La Cina è nel cuore di Papa Francesco. Cosa sta facendo la Compagnia? “Rappresenta un impegno speciale – ammette padre Sosa – Abbiamo due modi di lavorare. Nella Cina continentale ci sono 12 gesuiti, europei e americani, che insegnano in diverse università. Il governo sa che sono lì, ha autorizzato l’insegnamento ma non attività pastorali. E’ un lavoro intellettuale, formativo, che rientra in quel servizio a cui accennavo. Diverso è il lavoro a Taiwan, Hong Kong e Macao, dove si fa formazione teologica: a Macao, ad esempio, ci sono oltre 100 allievi che si preparano al sacerdozio”.