“O vi convertite all'Islam o vi uccidiamo”

Il rapimento della cooperante Silvia Romano ha fatto traballare l'immagine del Kenya come una delle aree più sicure dell'Africa. In realtà, il Paese presenta delle gravi contraddizioni al suo interno. Una delle situazioni più difficili la vivono i cristiani: Negli ultimi anni sono aumentati gli attacchi e le violenze contro di loro.

La conversione

Dal villaggio di Tarasaa a Garsen, lo stesso dove è stata arrestata la moglie di uno dei presunti rapitori di Silvia Romano, arriva la notizia dell'ennesima vicenda di persecuzione subita da una famiglia colpevole soltanto di amare Cristo. La racconta il portale “The Morning Star News”. Ad inizio novembre la famiglia di Abdul Abuk-Bakr si è convertita al cristianesimo dopo la guarigione insperata di uno dei suoi membri successiva alla visita in ospedale di un pastore evangelico. I nuovi fedeli sono stati accolti con gioia da quest'ultimo nella chiesa locale.

La minaccia

Ma l'annuncio pubblico non ha fatto piacere a tutti i membri del villaggio: “Dopo che si è venuto a sapere che ci eravamo convertiti alla fede in Cristo – ha rivelato Abdul Abuk-Bakr al “The Morning Star News” – ho ricevuto messaggi minacciosi“. “I mussulmani locali – ha continuato l'uomo – stavano progettando di uccidere tutti noi e portare via sia la casa in affitto che i due acri di terra su cui avevamo piantato colture alimentari, mais e fagioli”. I leader mussulmani locali hanno dato un ultimatum alla famiglia cristiana: Un giorno di tempo per rinnegare Cristo e tornare islamici. Secondo quanto riporta Abu-Bakr, durante le preghiere in moschea del venerdì è stata annunciata la punizione per aver abbandonato l'Islam. “La famiglia di Abu-Bakr – avrebbero detto i capi religiosi secondo quanto ha raccontato la vittima – ora è infedele e è diventata apostata e merita di morire“.

Vite in pericolo

Dopo l'annuncio della punizione, l'uomo è stato costretto ad abbandonare la propria casa con la moglie e a nascondere i figli in un rifugio sicuro. “La vita per noi ora è molto difficile – ha detto Abu Bakr – i musulmani stanno monitorando i nostri movimenti”. “Abbiamo deciso di portare i nostri due bambini, di 4 e 5 anni, a casa di un buon samaritano. Sebbene manchino del nostro amore alla loro tenera età, la loro sicurezza è più importante“. La coppia di coniugi ha trovato il conforto della chiesa locale ma continua a vivere nel terrore: “Siamo al bivio, non sappiamo cosa fare; niente casa, niente cibo, ambiente pericoloso per la vita e bambini lontani da noi”, ha confessato disperato l'uomo. “A volte ci manca la pace. Mia moglie ha passato notti insonni a pensare ai bambini. Abbiamo davvero bisogno di preghiere per rimanere nella fede cristiana e nella pace che viene da Dio”.