“Non abbandonarci alla tentazione”: cambia il Padre Nostro

Padre

Non abbandonarci alla tentazione”: cambierà così la preghiera del Padre Nostro che, nella nuova edizione del Messale Romano, vedrà rivisto il passaggio che, finora, a tutti era stato insegnato con un altro verbo, “indurre”. Il testo del Messale passerà ora alla Santa Sede affinché vengano svolti “i provvedimenti di competenza, ottenuti i quali andrà in vigore anche la nuova versione del 'Padre Nostro ('non abbandonarci alla tentazione') e dell'inizio del 'Gloria' ('pace in terra agli uomini amati dal Signorè)”. La notizia è stata divlugata dalla stessa Cei, al termine dell'Assemblea generale dei Vescovi. Un iter piuttosto lungo, iniziato 16 anni fa e giunto a conclusione a seguito di discussioni, dibattiti, confronti e revisioni che, alla fine, hanno portato la preghiera più nota ai cattolici a rivedere uno dei suoi passaggi chiave.

La modifica

Sulla questione si era espresso anche Papa Francesco che, parlando della preghiera, aveva sostenuto come la traduzione originale non fosse buona. Nel corso di un'intervista a Tv2000 rilasciata quasi un anno fa, il Santo Padre aveva spiegato che “anche i francesi hanno cambiato il testo con una traduzione che dice 'non lasciarmi cadere nella tentazione', sono io a cadere, non è lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto, un padre non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito”. In Francia, il nuovo Padre Nostro è in vigore dal 3 dicembre 2017 e recita “Ne nous laisse pas entrer en tentation”. Come detto, un percorso tutt'altro che semplice quello della modifica ma gli esperti, come spiegato nella nota finale dei vescovi, “hanno lavorato al miglioramento del testo sotto il profilo teologico, pastorale e stilistico, nonché alla messa a punto della presentazione del Messale, che aiuterà non solo a una sua proficua recezione”.

Bassetti: “Passo avanti sul Concilio”

Con tale modifica, continua il comunicato, si arriva ad “assumere il criterio di ‘nobile semplicità’ per riscoprire quanto la celebrazione sia un dono che afferma il primato di Dio nella vita della Chiesa. In quest’ottica si coglie la stonatura di ogni protagonismo individuale, di una creatività che sconfina nell’improvvisazione, come pure di un freddo ritualismo, improntato a un estetismo fine a se stesso”. Per il presidente della Cei, il cardinal Gualtiero Bassetti, “sarà anche più agile la preghiera nelle comunità. E' un passo avanti sul Concilio e non è solo una traduzione”.