“Nelle scuole turche cattolici e musulmani studiano insieme”

L'educazione nelle scuole turche è buona, ed è “aperta al popolo: cristiani e musulmani insieme”. E' quantoa fferma mons.  Rubèn Tierrablanca Gonzalez, vicario apostolico di Istanbul, in un’intervista rilasciata a “Il Popolo”, settimanale della diocesi di Concordia-Pordenone. “Noi abbiamo delle scuole cattoliche. Ma è da sapere che, dopo il divieto dello Stato turco di insegnare la religione al loro interno, noi dovevamo decidere. O non insegnare la fede e restare aperti a tutti. O insegnare la fede ma essere solo per i cristiani – aggiunge -. Dato che le scuole sono frequentate e ritenute valide e dato che ci permettono di essere una presenza a contatto con tutte le famiglie, abbiamo scelto di rimanere una scuola per tutti. L’educazione che vi si offre è buona, aperta al popolo turco: cristiani e musulmani insieme”. Indica poi il numero dei cristiani in Turchia, circa centomila (lo 0,13%), spiegando che “è un dato in crescita, perché tra i quattro milioni di profughi entrati in Turchia da Iraq e Siria molti sono i cattolici”. Il vicario apostolico spiega che da cristiani in Turchia “si può vivere”, “ma non si può svolgere il servizio ai fedeli ovunque. Diciamo solo nelle parrocchie, al loro interno”. E la stessa cosa vale anche per il catechismo: “La religione va praticata nei suoi spazi. Il catechismo si può fare, ma in parrocchia”.

Il ricordo di mons. Padovese

Nell’incontro con la popolazione turca troviamo un ambiente favorevole. Con la gente semplice si può parlare di dialogo, pur nel rispetto dei fedeli di fede musulmana. Del resto, ciascuno difende la propria professione di fede. A livello istituzionale, invece, posso dire che siamo in ricerca, data la situazione di oggi della Turchia”. Il vicario ricorda anche mons. Luigi Padovese, vicario in Anatolia ucciso lì nel 2010. “L’ho conosciuto a Roma: lui era dottorando, io responsabile degli studenti all’Antonianum. Abbiamo avuto subito un buon dialogo. Era poi stata una gioia averlo in Turchia: io là dal 2003, lui dal 2005 – ricorda -. Io vicario apostolico a Istanbul, lui vicario apostolico dell’Anatolia. Non eravamo vicini, ma coglievo l’occasione di portare dei gruppi in pellegrinaggio, ci incontravamo”. Nella sua memoria sono rimasti “il ruolo importante che ebbe, ad esempio, quando il governo veniva a visitare i vari vicariati. Lui si adoperava con tutta la sua scienza, il suo sapere, il suo modo di fare. Conservo con cura una sua lettera di contenuto paolino, ancora efficace per noi che siamo là oggi”. Infine, parlando del terrorismo, il vicario afferma: “Non siamo in un clima di paura per gli attentati. Chi sta in Turchia sa che possono essere sempre possibili, ma non solo lì. Avvengono nel mondo. Voglio rassicurarvi: in 15 anni che sono lì, dal 2003, ho avuto paura 5 giorni”.