Natale a “luci spente” per rispetto dei martiri delle proteste

Niente decorazioni e alberi natalizi, né concerti e serate conviviali e soprattutto nessun ricevimento per lo scambio di auguri: sarà un Natale di assoluta sobrietà quello che la comunità caldea in Iraq si appresta a vivere. È quanto si apprende da un annuncio diffuso dal Patriarcato caldeo, ripreso dal Sir, riguardante le prossime festività natalizie.

Martiri civili

“Per rispetto dei martiri e dei feriti, civili e militari, delle manifestazioni antigovernative, e come dimostrazione di solidarietà per le loro famiglie – si legge nel testo – le chiese e le piazze non saranno decorate da alberi di Natale, non si svolgeranno concerti e serate conviviali e il Patriarca Louis Raphaël I Sako non riceverà nessuno per gli auguri di rito”. Il patriarcato “conferma le preghiere per le anime delle vittime, per la pronta guarigione dei feriti, per il veloce ritorno alla vita normale e per lo sviluppo del Paese che includa quello di tutte le sue componenti e che sia basato sui valori del rispetto, dell’uguaglianza, della cittadinanza e del diritto ad una vita dignitosa”. Il patriarcato chiede “donazioni per gli orfanotrofi e per gli ospedali, perché vengano acquistate medicine per la cura dei feriti”. L’appello si conclude con “l’invocazione a Dio perché salvi l’Iraq ed il suo popolo”. Papa Francesco, domenica nel dopo Angelus, aveva invocato “pace e concordia” per l’Iraq affermando di avere “appreso con dolore che le manifestazioni di protesta dei giorni scorsi” avevano “ricevuto una dura reazione, che ha causato decine di vittime”. Le rivolte popolari, iniziate il primo ottobre scorso, hanno causato almeno 420 morti e oltre 17mila feriti, e il Paese vive ora una grave crisi politica. Domenica 1° dicembre il Parlamento ha accettato le dimissioni del governo guidato dal premier Adel Abdel Mahdi, che sperava così di calmare la rabbia delle piazze, ma violenti scontri tra polizia e dimostranti sono continuati da Baghdad ai maggiori centri urbani del Sud, come Nassiriya, Najaf, Kerbala, Kut e Bassora. I manifestanti considerano infatti tardiva e insufficiente la caduta del governo e chiedono le dimissioni dell’intera classe politica irachena.