Matrimonio, il Pontefice: “Quando c’è comunione tra uomo e donna il mondo e la storia vanno bene”

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“Quando le cose vanno bene fra uomo e donna, anche il mondo e la storia vanno bene, in caso contrario, il mondo diventa inospitale e la storia si ferma”. E’ quanto afferma Papa Francesco nell’udienza concessa al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su Matrimonio e Famiglia, di cui dal mese di agosto ne è gran cancelliere mons. Vincenzo Paglia, affiancato da Pierangelo Sequeri come preside. Un discorso, quello di Bergoglio, centrato sulla necessità di sviluppare sia sul piano dottrinale che pastorale, “la nostra capacità di leggere e interpretare, per il nostro tempo, la verità e la bellezza” della famiglia, sottolineando che più decisivo ancora della “lontananza” di molti dalla vita cristiana è la “vicinanza della Chiesa alle situazioni di debolezza umana” affinché tramite essa la grazia possa “riscattarle, rianimarle e guarirle”.

Al giorno d’oggi, ricorda il Pontefice, “i legami coniugali e famigliari sono in molti modi messi alla prova”. infatti, va sempre più ad affermarsi una cultura che “esalta l’individualismo narcisista” nonché “una concezione della libertà sganciata dalla responsabilità per l’altro, la crescita dell’indifferenza verso il bene comune”, ecco “l’imporsi di ideologie che aggrediscono direttamente il progetto famigliare, come pure la crescita della povertà che minaccia il futuro di tante famiglie“.

A queste ragioni di crisi per la famiglia contemporanea, va ad affiancarsi il “prevalere sempre più l’’io‘ sul ‘noi‘”, ovvero dell'”individuo sulla società”. “E’ impossibile negare – prosegue il Papa – l’apporto della cultura moderna alla riscoperta della dignità della differenza sessuale. Per questo, è anche molto sconcertante constatare che ora questa cultura appaia come bloccata da una tendenza a cancellare la differenza invece che a risolvere i problemi che la mortificano”. Al contrario, “quando le cose vanno bene fra uomo e donna, anche il mondo e la storia vanno bene. Altrimenti, il mondo diventa inospitale e la storia si ferma”.

Tuttavia, questo deve spronare la Chiesa ad impegnarsi, sia sul piano dottrinale che pastorale, a sviluppare “la nostra capacità di interpretare, per il nostro tempo, la verità e la bellezza del disegno creatore di Dio. L’irradiazione di questo progetto divino, nella complessità della condizione odierna, chiede una speciale intelligenza d’amore. E anche una forte dedizione evangelica, animata da grande compassione e misericordia per la vulnerabilità e la fallibilità dell’amore fra gli esseri umani”. Inoltre, “le dinamiche del rapporto fra Dio, l’uomo e la donna, e i loro figli, sono la chiave d’oro per capire il mondo e la storia, con tutto quello che contengono. Per capire qualcosa di profondo che si trova nell’amore di Dio stesso. Riusciamo a pensare così “in grande” questa rivelazione? Siamo convinti della potenza di vita che questo progetto di Dio porta nell’amore del mondo? Sappiamo strappare le nuove generazioni alla rassegnazione e riconquistarle all’audacia di questo progetto?”.

Citando il documento post sinodale sulla famiglia, l’Amoris Laetitia, Francesco ricorda che a volte “abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva, soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario”. E invece, “la grazia esiste, come anche il peccato”.

Il Pontefice ricorda come grande Sinodo sulla famiglia “ha concordemente manifestato la necessità di ampliare la comprensione e la cura della Chiesa per questo mistero dell’amore umano in cui si fa strada l’amore di Dio per tutti”, facendo “tesoro di questo ampliamento e sollecita l’intero popolo di Dio a rendere più visibile ed efficace la dimensione famigliare della Chiesa”. Secondo Bergoglio, “il tema pastorale odierno non è soltanto quello della ‘lontananza’ di molti dall’ideale e dalla pratica della verità cristiana del matrimonio e della famiglia; più decisivo ancora diventa il tema della ‘vicinanza’ della Chiesa: vicinanza alle nuove generazioni di sposi, perché la benedizione del loro legame li convinca sempre più e li accompagni, e vicinanza alle situazioni di debolezza umana, perché la grazia possa riscattarle, rianimarle e guarirle”.

Concludendo, Francesco ribadisce la vocazione dell’Istituto, che “è chiamato a sostenere la necessaria apertura dell’intelligenza della fede al servizio della sollecitudine pastorale del Successore di Pietro. Anche i buoni teologi, come i buoni pastori, odorano di popolo e di strada e, con la loro riflessione, versano olio e vino sulle ferite degli uomini”. Infatti, teologia e pastorale sono un connubio indispensabile. Ma questo compito “chiede di essere radicato nella letizia della fede e nell’umiltà di un gioioso servizio alla Chiesa. Della Chiesa che c’è, non di una Chiesa pensata a propria immagine e somiglianza. La Chiesa viva in cui viviamo, la Chiesa bella alla quale apparteniamo, la Chiesa dell’unico Signore e dell’unico Spirito alla quale ci consegniamo come ‘servi inutili’, che offrono i loro doni migliori. La Chiesa che amiamo, affinché tutti possano amarla”.