“La Chiesa di Francesco figlia dello choc del '78”

Uscirà martedì, edito dalla S. Paolo, con prefazione di mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la Nuova Evangelizzazione, il libro di Orazio La RoccaL'anno dei tre Papi“. In Terris ha intervistato l'autore, vaticanista di lungo corso, per molti anni a “Repubblica” e ora a “Panorama”.

Come nasce l'idea di questo libro dedicato al 1978?

“Ce l'avevo in mente da un po' di anni. Ho vissuto quel periodo molto intensamente, come milioni di cattolici e non, sorpresi dal susseguirsi di eventi. Ho aspettato lo spunto cronachistico, in occasione del 40° della morte di Paolo VI, dei 33 giorni del pontificato di Luciani e dell'elezione del primo Papa non italiano dopo secoli. Furono 71 giorni che colpirono la Chiesa. Fu una svolta, un passaggio epocale che le fece imboccare una strada senza ritorno, un'apertura reale al mondo, con l'applicazione, anche se non integrale, del Concilio”.

E quali obiettivi ti sei posto?

“Offrire, e spero di esserci riuscito, un racconto quasi quotidiano di quel periodo per far rivivere quel clima, quei personaggi, le aspettative, le paure e anche le polemiche che ci furono. Non dimentichiamo che la morte di Luciani è ancora oggetto di interrogativi che hanno dato origine a congetture, libri e ipotesi di complotti. Del resto quando si parla di Chiesa escono regolarmente fuori i professionisti del complotto… A mio avviso Giovanni Paolo I è stato semplicemente sfortunato”.

I tuoi ricordi di quell'anno?

“Che non fu solo l'anno dei tre Papi. Fu anche quello della tragedia di Moro. Io cominciavo a muovere i primi passi nel giornalismo quasi professionistico, collaboravo con il Messaggero di Latina, avevo realizzato un settimanale della provincia, insomma cominciavo a vedere il giornalismo non più come un hobby ma come una professione. Facevo il pendolare da Itri a Latina e ricordo che la sera del 6 agosto arrivai in piazza e vidi un quadro murale con il titolo 'E' morto Paolo VI'”.

Un flash per ciascuno di quei tre Pontefici.

“Quelli di Paolo VI furono 15 anni di pontificato decisivi, aveva portato a termine il Concilio, dato il via al rinnovamento e al confronto con la modernità, nonostante le accuse di chi lo definiva modernista e, dalla parte opposta, tradizionalista”.

Un po' quello che sta succedendo a Francesco…

“Nessun Papa passa indenne… Per fortuna Bergoglio va avanti come un treno. Paolo VI fu un Papa forte, più un padre che un Pontefice. Ho ancora vivo il ricordo del suo grido ai funerali di Moro, quasi un combattere con Dio. Ma nel libro ricordo anche il Montini giovane sostituto durante la guerra mondiale, quando su delega di Pio XII fece ospitare nei sotterranei di San Giovanni in Laterano il Comitato di Liberazione Nazionale. Forse non è politicamente corretto affermarlo ma fu così: altro che Pacelli Papa del silenzio”.

Luciani.

“Mi colpì la scelta del nome. Fui incuriosito da quel gesto di continuità. Nel libro racconto il lavoro intenso di questo grande Papa, che ha speso tutta la sua energia fino all'ultimo giorno. Ha inciso nella Chiesa, anche se viene ricordato in maniera riduttiva come il Papa del sorriso. Aveva idee importanti, per esempio stava per proporre che il Venerdì Santo diventasse una giornata di richiesta di perdono dei cristiani agli ebrei”.

Wojtyla.

“E chi lo conosceva? Non eravamo abituati a sentire un nome non italiano… Ma fin dal suo primo intervento conquistò tutti, con quel suo 'Se mi sbaglio mi corrigerete', un discorso che fece arrabbiare il cerimoniere perché non era previsto che il Papa neoeletto parlasse… Nelle mie pagine ho mantenuto quell'italiano malfermo per ravvivare quel ricordo”.

Qualche chicca?

“Ce ne sono. Il libro non è solo cronaca ma ho raccolto le testimonianze di protagonisti ancora viventi di quell'anno, a cominciare da un'intervista al cardinale Dziwisz, che racconta le ore dell'elezione di Giovanni Paolo II. O ancora per la prima volta parla don Diego Lorenzi, l'orionino accusato di aver abbandonato Luciani: racconta la sua verità sull'ultima sera del Papa e smonta tutto il castello di accuse che gli sono piovute addosso. E poi ho ripreso, e lo ringrazio per questo, un'intervista dell'amico e collega Gianni Cardinale di Avvenire all'allora cardinale Ratzinger in cui racconta i conclavi del 1978”.

Cosa rimane di quell'anno eccezionale?

“Un grande insegnamento. Dallo choc dei due conclavi in pochi mesi, con i cardinali che non sapevano che pesci prendere, è venuta una scossa che ha portato la Chiesa a riprendere un cammino che sembrava quasi smarrito. Ora va avanti, con una forza morale indiscutibile, grazie ad altri due grandi Pontefici, l'emerito Benedetto XVI e Francesco. La loro Chiesa è figlia di quello choc”.