La Chiesa bandisce il boia

No alla pena di morte, sempre e comunque. La mossa di Papa Francesco, già annunciata nei mesi scorsi, di modificare il paragrafo 2267 del Catechismo della Chiesa cattolica che non escludeva questa pratica in casi davvero eccezionali, costituisce una presa di posizione chiara, nero su bianco. Il Pontefice ha approvato una nuova redazione del passaggio in questione, nel quale si legge che “la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che ‘la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona’, e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo”. Ma cosa cambia ora concretamente? In Terris lo ha chiesto a mons. Rino Fisichella, teologo e presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che ieri ha dedicato al tema un editoriale sull’Osservatore Romano.

Eccellenza, questa modifica del Catechismo era annunciata da tempo…
“Era una richiesta che ora ha trovato riscontro. Papa Francesco, in occasione del 25esimo anniversario del Catechismo, l’11 ottobre dell’anno scorso, aveva chiesto con un discorso molto impegnativo che si riaffrontasse il tema della pena di morte alla luce del magistero recente, di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e anche dello stesso Francesco. Oggi si è compiuta una svolta importante, perché pone la Chiesa di nuovo in prima linea dinanzi a una pratica che ancora in tanti Paesi è usata”.

Il paragrafo 2267 non escludeva la pena di morte, ma solo nel caso in cui fosse l’unico modo “per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani”. Era un modo non per compiere una vendetta, bensì per tutelare la vita umana indifesa…
“A mio avviso vanno affrontate due questioni, confrontando la vecchia versione del paragrafo 2267 e la nuova. In primo luogo, la possibilità della pena di morte viene esclusa perché ritenuta ‘inammissibile’, in quanto è ‘un attacco all’inviolabilità e alla dignità della persona’: la soppressione volontaria di un uomo è contraria alla rivelazione cristiana. E poi, per collegarsi alla prima questione centrando il punto della sua domanda, c’è un cambio di paradigma che è fondamentale: ora il Catechismo non pone più questa pratica in relazione alla difesa della vita innocente, ma in rapporto alla dignità della persona”.

La legittima difesa, che il Catechismo affronta in altri paragrafi, non viene dunque intaccata?
“Assolutamente no. Il nuovo paragrafo sulla pena di morte non va confuso con altri. Il Catechismo mantiene i propri contenuti. Per quanto riguarda la legittima difesa, pertanto, non cambia nulla. Stesso discorso, ad esempio, per la questione della guerra ingiusta”.

Nella Evangelium vitae il Papa scrive che esistono oggi “mezzi incruenti” di sanzione che “sono più conformi alla dignità della persona umana”. L’ergastolo è conforme alla dignità umana?
“Credo che non si debba entrare direttamente nelle questioni che riguardano la competenza degli Stati. Ciò che è importante, da parte della Chiesa, è ribadire che le autorità oggi possiedono le condizioni e i sistemi per raggiungere l’obiettivo di impedire che la vita innocente sia attentata senza dover giungere alla pena di morte. Per quanto riguarda le sanzioni che vengono comminate, si deve tener conto di un secondo principio, cioè l’esigenza di fare in modo che a nessuno sia impedito di riabilitarsi e ravvedersi dell’errore che ha compiuto”.

Nella storia della Chiesa cattolica si è fatto ricorso alla pena di morte. Questa modifica è uno strappo con la tradizione?
“Non c’è alcuno strappo. La tradizione è un concetto vivo, non mummificato. Essa richiede uno sviluppo, perché è dinamica e tesa al futuro. Per questo il magistero di Papa Francesco sulla pena di morte non fa altro che sviluppare il magistero precedente portandolo ad una sua esplicitazione più ampia. Quindi non c’è alcuna contraddizione, bensì c’è un progresso tipico di una tradizione che, proprio perché viva nella vita della Chiesa, è capace ancora oggi di dare risposte agli interrogativi delle persone”.

Qual è il messaggio che questa modifica fa giungere ai leader politici cattolici?
“Anzitutto il messaggio arriva ai vescovi: li invita ad impegnarsi per educare le nuove generazioni alla bellezza e alla profondità della vita umana, per difenderla. Certo, il messaggio raggiunge poi tutti i politici, sia quelli cattolici sia quelli che non condividono la nostra fede: vengono invitati a condividere gli stessi ideali di difesa della vita e a fare in modo che nessuna legge ne autorizzi la soppressione”.