L’arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro ha visitato nei giorni scorsi Kiev. E ha donato al patriarca un bassorilievo che raffigura San Michele Arcangelo. E’ ricordato per essere un guerriero, protettore della fede in Dio davanti a Satana. Viene festeggiato insieme a San Gabriele Arcangelo e a San Raffaele Arcangelo. Secondo la liturgia cristiana, è l’angelo che rivelò l’Apocalisse a San Giovanni. E sarà sempre lui, il giorno del Giudizio Universale, a squillare la tromba che annuncerà la fine del mondo. San Michele viene raffigurato spesso con una bilancia tra le mani, simbolo di equilibrio. Secondo tradizioni cristiane, infatti, l’Arcangelo regge l’equilibrio del sistema solare e quello del sistema interiore dell’uomo. La spada che impugna, invece, rappresenta la potenza di cambiamento e di liberazione. Ma anche la capacità di discernere e di distinguere tra il bene e il male.
Santoro in visita
L’arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro ha guidato la delegazione composta dal professor Loreto Gesualdo, presidente nazionale Fism (Federazione delle Società Medico-Scientifiche Italiane). E dal giornalista e presidente onorario della associazione culturale “L’Isola che non c’è” (che ha promosso l’iniziativa), Franco Giuliano. Nella capitale ucraina è stata consegnata alla cattedrale greco-cattolica appunto il bassorilievo dedicato a San Michele Arcangelo. Un’opera donata dall’artista pugliese Cosimo Giuliano. La delegazione era partita dall’aeroporto di Bari con un volo diretto a Cracovia. Il viaggio fino a Kiev è proseguito in auto dopo una tappa a Leopoli. La consegna nella cattedrale greco-cattolica di Kiev del bassorilievo (esposto nel marzo scorso nella chiesa di San Cataldo, a Taranto) è avvenuto alla presenza delle autorità religiose e diplomatiche. L’arcivescovo Santoro ha avuto un colloquio con Sua Beatitudine, il patriarca di Kiev, che, si è detto commosso per il dono del bassorilievo. E soprattutto per la visita di un vescovo cattolico italiano in questo particolare frangente storico. Nel quale “questi gesti di amicizia possono aprire solchi nuovi di speranza e di pace”.
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