Fondazione pontificia Acs: “In Iran gravemente violata la libertà religiosa”

La Repubblica Islamica dell’Iran, che in questi giorni ha nuovamente attirato l’attenzione di mass media e osservatori internazionali, è "incompatibile con molti diritti umani, incluso il diritto alla libertà religiosa come definito dalle convenzioni delle Nazioni Unite"

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“In Iran gravemente violata la libertà religiosa“, avverte la fondazione pontificia Acs. La Repubblica Islamica dell’Iran, che in questi giorni ha nuovamente attirato l’attenzione di mass media e osservatori internazionali, è incompatibile con molti diritti umani, incluso il diritto alla libertà religiosa come definito dalle convenzioni delle Nazioni Unite. Aiuto alla Chiesa che Soffre ricorda in particolare che qualsiasi attività volta a diffondere il Vangelo in Iran è contro la legge. Le Chiese non registrate, soprattutto quelle evangeliche, sono considerate nemiche dello Stato. E subiscono una persecuzione sistematica. I cristiani sono spesso vittime di arresti arbitrari. Detenzione. E aggressioni da parte della polizia. Molti fedeli sono stati arrestati durante cerimonie religiose. E accusati di crimini contro la sicurezza nazionale. Il governo impone limitazioni legali alla costruzione e al restauro delle chiese.

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Bandiera iraniana

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In Iran i cristiani sono inoltre interdette posizioni come quella di dirigente scolastico. Sono vietate le celebrazioni in lingua farsi, l’idioma nazionale. Di conseguenza non si possono celebrare Messe in persiano. Per cui diventa impossibile comunicare la fede. Per lo stesso motivo non è permesso detenere Bibbie o libri sacri in persiano. Sono particolarmente a rischio la libertà, l’integrità fisica e perfino la vita dei convertiti dall’Islam al cristianesimo. Possono, infatti, essere accusati di apostasia. Un reato che prevede la pena capitale. Anche i musulmani che non condividono l’interpretazione dell’Islam del regime sono esposti a tutte le tipologie di abusi. Incluse le condanne a morte. I musulmani sunniti e i membri della comunità sufi sono particolarmente colpiti da tali abusi. Anche la comunità baha’í è vittima della persecuzione statale. Le minoranze riconosciute sono sotto la costante sorveglianza degli organi di sicurezza dello Stato.