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“Io, prete cattolico, accompagno (anche) le coppie gay”

Una strofa dell’Inno di Mameli recita: “Dall'Alpi a Sicilia dovunque è Legnano”. E invece non dovunque in Italia, anzi solo a Legnano (probabilmente) c’è un corso prematrimoniale per chi sceglie di sposarsi con rito civile. Lo organizza il Comune, appoggiando l’iniziativa dell’associazione “Famiglia ti ascolto”. Gli incontri dovrebbero iniziare a metà aprile. L’adesione è proposta a chiunque, anche alle coppie omosessuali che scelgono l’unione civile.

Tra gli esperti con il compito di ascoltare e accompagnare le coppie: uno psicologo, un avvocato matrimonialista, un medico e anche un prete cattolico. Quest’ultimo si chiama don Paolo Gessaga ed è parroco della chiesa del Beato card. Ferrari, a Legnano. La sua partecipazione al corso – considerando la posizione chiara della Chiesa contro le unioni civili e sulla struttura naturale della famiglia come unione tra uomo e donna basata sul matrimonio – ha destato non poco scandalo sul web. In Terris lo dunque ha intervistato per chiedergli come si coniuga il ruolo che ha accettato di ricoprire con il suo ministero sacerdotale.

Come mai, pur trattandosi di un corso laico, hanno deciso di coinvolgere anche lei che è un sacerdote?
“Il Comune di Legnano ha voluto appoggiare l’iniziativa di ‘Famiglia ti ascolto’, un’associazione con la quale da diversi anni sono impegnato anch’io. Ho avuto almeno un centinaio di colloqui e mi sono reso conto che tra le coppie che si sono avvicinate a me per risolvere un problema affettivo oppure nell’educazione dei figli, ce ne sono tante sposate civilmente o non sposate proprio. Ritengo, da sacerdote, che sia necessario farsi prossimi anche a loro, richiamandoli ai doveri e alle responsabilità di coppia e, in certi casi, di genitori”.

Ritiene, da sacerdote, che sia anche necessario catechizzare queste coppie sul valore del matrimonio cristiano come sacramento?
“Lo faccio sempre. Il mio compito principale è far conoscere alle coppie non sposate in Chiesa la grazia di Dio, quindi il valore, ma anche il fascino e la bellezza del matrimonio cristiano. Questi incontri rappresentano per me un’occasione di evangelizzazione. C’è un afflato di fede in ogni cuore umano. Non è detto che una coppia sposata civilmente non possa, un domani, decidere di sancire la propria unione anche davanti a Dio. È già successo e succederà ancora”.

Suppongo che il corso sarà aperto anche a coppie di altre religioni. Estenderà quest’opera di evangelizzazione a loro?
“Certo. Perché no? Ma sempre nel rispetto della persona e della sua libertà. Come parroco ho spesso modo di relazionarmi con persone di altre religioni, principalmente musulmani, e vedo in loro una sincera curiosità nei confronti della cultura del Paese in cui vivono. Quando celebriamo un matrimonio leggiamo degli articoli del codice civile. Ecco, oltre a far conoscere il sacramento, può essere importante metterli al corrente degli effetti civili della loro unione secondo le leggi dello Stato”.

Il fatto che il corso sia aperto anche a coppie omosessuali, magari che si apprestano all’unione civile, le ha creato qualche imbarazzo?
“Inizialmente il nostro corso non era pensato per le coppie omosessuali. Tuttavia il Comune di Legnano ci ha chiesto di aprire le porte anche a loro, visto che le unioni civili sono legge. Ovvio, c’è uno schema antropologico che non può essere scalfito. Fermo restando che non potrò mai considerare un’unione civile uguale al matrimonio eterosessuale, che è fondato sul diritto naturale e sull’impostazione biblica, se una coppia omosessuale si avvicina a me per chiedere un aiuto, non posso respingerla e criminalizzarla. È una realtà che mi interpella. Si tratta poi di proporre dei cammini rispettosi dell’identità e degli obiettivi di queste coppie”.

Cammini che siano anche rispettosi del Catechismo, laddove esso indica che “le persone omosessuali sono chiamate alla castità”?
“Assolutamente, non voglio scardinare l’insegnamento cattolico, anzi intendo donarlo alle persone che incontro. Il mio invito nei confronti delle coppie omosessuali è a comprendere che la castità non è un’imposizione ma un valore. Il rapporto affettivo può avere uno sbocco alternativo a quello della sessualità vissuta carnalmente. Ma il punto secondo me è un altro…”.

Mi dica…
“Un altro tema che mi capita di affrontare spesso con le coppie, in questo caso eterosessuali, è quello del divorzio. Ma le persone spesso vengono da me quando le famiglie si sono già divise, vengono perché hanno il senso di colpa per aver provocato la separazione. In questo caso, il mio compito prioritario è ‘curare la ferita che sta sanguinando’, dopo di che ho anche l’obbligo di far interrogare le loro coscienze su quello che hanno fatto. Lo stesso principio vale per le coppie omosessuali: prima ascolto i loro problemi, valuto il motivo per cui vogliono confrontarsi con me e poi propongo loro un cammino di fede”.

Comunque quella sulle unioni civili è una legge sbagliata per la Chiesa. O no?
“Non sono la persona più esperta per dare una risposta completa, ma credo che anche i nostri vescovi dicano che la legge non risponde ai valori cristiani del matrimonio e della famiglia, che per noi resta quella fondata sul disegno di Dio ben chiaro sia nella Genesi che nella Lettera agli Efesini e nei tre Vangeli sinottici, specie in Matteo”.

Ritiene che la sua scelta di accettare questo incarico sia in linea con un recente cambio di atteggiamento della Chiesa nei confronti degli omosessuali?
“L’atteggiamento della Chiesa è sempre lo stesso, consiste nel gettare un ponte nei confronti dei lontani, per avvicinarli. Esistono situazioni morali complesse, fuori dalla comunione con la Chiesa. Ma tutti noi, comprese le comunità dei fedeli, abbiamo il compito di trovare il modo per proporre anche a loro un cammino di fede. Vanno coniugate giustizia e carità. Ecco, con il mio impegno in questi corsi spero di farlo”.

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