India, appello dei cristiani alle autorità: “Proteggere le minoranze”

E’ necessario proteggere la vita, garantire la sicurezza personale e dei luoghi di culto della comunità cristiana indiana. E’ l’appello che si legge nel rapporto intitolato “Minoranze ai margini: libertà di religione e comunità cristiana in India”, elaborato da una rete di organizzazioni della società civile, congregazioni, ong e presentato alle Nazioni Unite. Come riporta l’Agenzia Fides, tramite questo report, le organizzazioni non governative puntano a sensibilizzare l’Onu sul tema dei diritti umani in vista della revisione periodica che riguarda l’India, in programma nel mese di maggio del 2017. La “revisione periodica” è un meccanismo del Consiglio Onu per i diritti umani che mira a monitorare la situazione dei diritti umani per ognuno dei 193 stati membri delle Nazioni Unite.

La libertà religiosa in India

Secondo Fides, il Forum dei gruppi cristiani ha elaborato il rapporto dopo una serie di consultazioni svolte in varie parti del paese. Il documento si concentra sullo stato della libertà religiosa di cui gode la comunità cristiana in India. Tra i redattori vi sono i due cattolici p. Ajaya Kumar Singh, prete e attivista per i diritti umani in Orissa, e John Dayal, giornalista. “Il governo indiano dovrebbe garantire che la vita, la sicurezza e i luoghi di culto della comunità cristiana siano protetti dagli attacchi ed eventuali aggressori siano perseguiti secondo il diritto penale” afferma il rapporto, auspicando “un’azione legale rigorosa” nei confronti di tutti coloro che alimentano discorsi di odio con l’intento di incoraggiare violenze contro la comunità cristiana.

Smentita la crescita dei cristiani

Il testo, inoltre, smentisce la presunte attività di proselitismo o la crescita esponenziale dei cristiani in India. Secondo il Censimento effettuato in India nel 2011, gli indù rappresentano il 79,8% (966 milioni), i musulmani 14,23% (172milioni ), i cristiani 2,3% (27 milioni), i sikh 1,72% (20 milioni ), i buddisti lo 0,7% (8,4 milioni), i jainisti 0,37% (4,4 milioni), mentre altri culti minori, come parsi ed ebrei, costituiscono lo 0,6% (7,9 milioni) su una popolazione complessiva di oltre 1,2 miliardi di persone. I dati – rileva il rapporto – mostrano che non c’è stata alcuna modifica significativa delle proporzioni della comunità cristiana all’interno della popolazione indiana, rispetto al precedente censimento del 2001. Stati con vaste comunità cristiane sono Meghalaya, Mizoram, Nagaland, Goa, Kerala, Jharkand, Chhattisgarh, Odisha, Isole Andamane e Nicobare Islands, anche se fedeli cristiani vivono in quasi tutti gli stati dell’India.

Una comunità non omogenea

La comunità cristiana in India non è omogenea e i suoi membri appartengono a varie confessioni religiose. Molte comunità tribali e indigene, chiamate “adivasi”, originariamente animiste, si sono poi convertite al cristianesimo, così come i dalit, anche per fuggire dall’oppressivo e discriminatorio sistema castale tipico dell’induismo. Nel contesto attuale, la popolazione cristiana indiana è composta in gran parte da dalit e cristiani tribali.
Il rapporto riferisce anche dell’attuale contesto politico in India, delle vulnerabilità delle minoranze religiose, dello status dei cristiani tribali e dalit, della condizione delle donne cristiane, delle cerimonie di “Ghar Wapsi” (“ritorno a casa”, le riconversioni all’induismo) e delle leggi anti-conversione. Il testo presenta una serie di raccomandazioni che il Consiglio Onu esaminerà e potrà girare al governo indiano.