Il vangelo di questa domenica racconta l’episodio del cosiddetto giovane ricco, che tutti ben conosciamo. Dopo il tema del matrimonio, la Parola di Dio ci invita oggi ad affrontare un altro tema scottante: quello delle ricchezze.
Il brano è articolato in tre momenti. In primo luogo, l’incontro di Gesù con un uomo ricco che gli domanda: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. In un secondo momento, il famoso commento di Gesù sul pericolo dell’attaccamento alle ricchezze: “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”, subito dopo che, alla proposta di Gesù, il giovane “si fece scuro in volto e se ne andò rattristato”. “Possedeva infatti molti beni”, aggiunge l’evangelista. Infine, la promessa del centuplo a quanti lasceranno tutto “per causa sua e per causa del Vangelo”.
Tre sguardi di Gesù costellano questo vangelo: lo sguardo di simpatia e di amore verso il giovane ricco; lo sguardo triste e riflessivo verso quanti gli stanno attorno, dopo l’abbandono del giovane; e, infine, lo sguardo profondo e rassicurante verso i suoi intimi, i dodici. Lo sguardo di Gesù è oggi rivolto verso di noi. L’ascolto di questo vangelo va fatto con gli occhi del cuore.
Il testo inizia col racconto dell’incontro di Gesù con “un tale”, senza nome, benestante, un giovane, secondo Matteo (19,16-29), e un capo, secondo Luca (18,18-30). Questa persona potrebbe essere ciascuno/a di noi. Siamo tutti ricchi, perché il Signore “da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Corinzi 8,9). Al contempo, siamo tutti poveri, poveri di amore, di generosità, di coraggio. Questo vangelo ci rivela la nostra realtà profonda, mettendo a nudo le nostre false ricchezze e sicurezze. “Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo” (Apocalisse 3,17).
“Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò”. Questo è senza dubbio lo sguardo di Gesù più bello, profondo e singolare. Troviamo, tuttavia, molte allusioni allo sguardo di Gesù nei vangeli. Il suo sguardo non è mai indifferente, apatico o freddo. È uno sguardo limpido, luminoso e caldo, che interagisce con la realtà e le persone. È uno sguardo curioso che si muove attorno, osserva e interroga. Uno sguardo che rivela i sentimenti profondi del suo cuore. Uno sguardo che prova compassione per le folle e intuisce i loro bisogni. Uno sguardo attento a ogni singola persona che incrocia per strada. Uno sguardo che suscita miracoli, come nel caso della vedova di Nain. Uno sguardo che nutre profondi sentimenti di amicizia e tenerezza, fino a farlo piangere per il suo amico Lazzaro e per la città santa di Gerusalemme, la pupilla dell’occhio di ogni israelita.
Il suo è pure uno sguardo penetrante, come la sua parola, “più tagliente di ogni spada a doppio taglio”, e “tutto è nudo e scoperto” ai suoi occhi, come dice la seconda lettura (Ebrei 4,12-13). Il suo è anche uno sguardo fiammeggiante (Apocalisse 2,18), che diventa incollerito davanti alla durezza di cuore, alla negligenza verso i piccoli e all’ingiustizia verso i poveri.
Gli occhi di Gesù sono dei protagonisti, precursori della sua parola e della sua azione. Noi, di solito, consideriamo il vangelo come un racconto delle parole e delle azioni di Gesù. Potremmo dire, tuttavia, che c’è anche un vangelo degli sguardi di Gesù. Sono soprattutto gli artisti a raccontarlo.
Il dipinto più famoso che raffigura lo sguardo di Gesù rivolto al giovane ricco è probabilmente quello di “Cristo e il giovane ricco sovrano” del pittore tedesco Heinrich Hofmann (1889). Lo sguardo profondo e intenso di Gesù è rivolto verso il giovane, mentre le sue mani sono tese verso lo sguardo triste e languido dei poveri. Il giovane ha uno sguardo perso, incerto e sfuggente, rivolto verso il basso, verso la terra. È una rappresentazione iconica della vocazione mancata del “tredicesimo apostolo”, potremmo dire. In contrapposizione, il dipinto illustra bene la vocazione del cristiano: accogliere lo sguardo di Cristo per poi rivolgerlo verso i poveri. Senza l’unificazione di questo doppio sguardo, non c’è fede, ma solo religiosità alienante.
“Una sola cosa ti manca!”. Quale? Accogliere lo sguardo di Gesù su di te, qualunque esso sia, lasciare che penetri nel profondo del cuore e lo trasformi. E allora scopriremo, con meraviglia, gioia e gratitudine, che davvero “tutto è possibile a Dio”!