“Il paradiso non è una favola, ma l’abbraccio con Dio”

“Il paradiso non è un luogo da favola, e nemmeno un giardino incantato”, bensì “è l’abbraccio con Dio, Amore infinito, e ci entriamo grazie a Gesù, che è morto in croce per noi”. Verte sul paradiso l’ultima catechesi di Papa Francesco sul tema della speranza cristiana. In una piazza San Pietro gremita di fedeli e baciata da un caldo sole autunnale, il Pontefice commenta il brano evangelico della crocifissione di Gesù, soffermandosi sulla figura del buon ladrone (cfr. Lc 23, 33-43). Questo personaggio, sottolinea Bergoglio “ci ricorda la nostra vera condizione davanti a Dio: che noi siamo suoi figli, che Lui prova compassione per noi, che Lui è disarmato ogni volta che gli manifestiamo la nostalgia del suo amore”. Il Santo Padre ricorda che il Signore è pronto a perdonare, e ci aspetta fino all’ultimo. E al termine dei nostri giorni, la morte non potrà fare paura perché “chi ha conosciuto Gesù, non teme più nulla“.

Le ultime parole di Gesù

Il “paradiso”, che è la meta della speranza cristiana, “è una delle ultime parole pronunciate da Gesù sulla croce, rivolto al buon ladrone”. Il Papa esamina la scena che descrive l’evangelista Luca. Sul Calvario Cristo non è solo: “accanto a Lui, a destra e a sinistra, ci sono due malfattori”. Forse, aggiunge il Pontefice, “passando davanti a quelle tre croci qualcuno tirò un sospiro di sollievo, pensando che finalmente veniva fatta giustizia mettendo a morte gente così”. Uno dei ladroni “riconosce di aver meritato quel terribile supplizio”. E’ il “buon ladrone”. Quel lontano venerdì di quasi duemila anni fa, Gesù “giunge all’estremo della sua solidarietà con noi peccatori“. Ed è proprio sul Calvario che “ha l’ultimo appuntamento con un peccatore, per spalancare anche a lui le porte del suo Regno”. E’ interessante, fa notare il Papa, come questa sia l’unica volta in cui, nei Vangeli, compare “la parola paradiso”. E Cristo lo promette a un “povero diavolo” che “sul legno della croce ha avuto il coraggio di rivolgergli la più umile delle richieste”.

Un Dio “disarmato”

Il buon ladrone “non aveva opere di bene da far valere, non aveva niente, ma si affida a Gesù, che riconosce come innocente, buono, così diverso da lui“. Sono bastate poche e semplici parole “di umile pentimento, per toccare il cuore di Gesù”. Questo personaggio “ci ricorda la nostra vera condizione davanti a Dio”, ovvero “che noi siamo suoi figli, che Lui prova compassione per noi, che è disarmato ogni volta che gli manifestiamo la nostalgia del suo amore”. Un “miracolo”, secondo il Papa, che si ripete “innumerevoli volte” “nelle camere di tanti ospedali o nelle celle delle prigioni”: “non c’è persona, per quanto abbia vissuto male – sottolinea -, a cui resti solo la disperazione e sia proibita la grazia“. Ogni uomo si presenta “davanti a Dio a mani vuote”, e “ogni volta che una persona compie l’ultimo esame di coscienza della sua vita, scopre che gli ammanchi superano di parecchio le opere di bene”. Ma questo non è un motivo per scoraggiarsi: bisogna “affidarsi alla misericordia di Dio” perché Lui è un Padre “e fino all’ultimo aspetta il nostro ritorno”. Succede quello che accadde con il “figlio prodigo”: al giovane “che incomincia a confessare le sue colpe, il padre chiude la bocca con un abbraccio”. “Questo è Dio – aggiunge a braccio – e così ci ama”.

Il paradiso

Papa Francesco chiarisce poi il concetto di paradiso: “non è un luogo da favola, e nemmeno un giardino incantato”, ma “è l’abbraccio con Dio, Amore infinito”. E’ un posto dove l’uomo entra “grazie a Gesù che è morto in croce per noi”. “Dove c’è Gesù, c’è la misericordia e la felicità – aggiunge -; senza di Lui c’è il freddo e la tenebra”. Nel momento della morte il cristiano, come il buon ladrone, ripete a Gesù: “Ricordati di me”. “E se anche non ci fosse più nessuno che si ricorda di noi, Cristo è lì, accanto a noi – prosegue il Pontefice -. Vuole portarci nel posto più bello che esiste” “con quel poco o tanto di bene che c’è stato nella nostra vita, perché nulla vada perduto di ciò che Lui aveva già redento”. E in paradiso, spiega Bergoglio, Gesù “porterà anche tutto ciò che in noi ha ancora bisogno di riscatto: le mancanze e gli sbagli di un’intera vita“. Ecco la fine “della nostra esistenza: che tutto si compia, e venga trasformato in amore”.

La morte non fa paura

Credere in questo, conclude il Pontefice, significa non avere più paura della morte, perché “chi ha conosciuto Gesù, non teme più nulla”. E allora, quando arriverà “quell’istante, non avremo più bisogno di niente”, “non piangeremo più inutilmente, perché tutto è passato; anche le profezie, anche la conoscenza. Ma l’amore no, quello rimane. Perché la carità non avrà mai fine”.