Il Papa: “Una società inclusiva riconosce i poveri come fratelli”

Vent'anni dopo la visita di san Giovanni Paolo II e “mentre la Romania – per la prima volta da quando è entrata a far parte dell’Unione Europea – presiede in questo semestre il Consiglio Europeo”. Una premessa importante quella con cui Papa Francesco esordisce nel suo discorso alle autorità civili e istituzionali del Paese, incontrate nel Palazzo presidenziale di Bucarest in un'occasione in cui il Santo Padre ha chiaramente illustrato quali saranno le prerogative del suo viaggio nella ţară frumoasă (bella terra) rumena: riflettere su come “costruire una società inclusiva” e, soprattutto, imparare “a camminare insieme”. Prospettive che, naturalmente, necessitano di “uno sguardo d’insieme ai trent’anni ormai trascorsi da quando la Romania si liberò da un regime che opprimeva la libertà civile e religiosa e la isolava rispetto agli altri Paesi europei”, per poi “riconoscere i molti passi avanti compiuti su questa strada, anche in mezzo a grandi difficoltà e privazioni”, sullo slancio di una rinovata “progettualità” che “ha liberato numerose forze creative tenute un tempo prigioniere e ha dato nuovo slancio alle molteplici iniziative intraprese, traghettando il Paese nel secolo XXI”.

Emigrazione

Dalla fine del regime di Caucescu a oggi, la Romania “si è impegnata nella costruzione di un progetto democratico attraverso il pluralismo delle forze politiche e sociali e il loro reciproco dialogo, per il fondamentale riconoscimento della libertà religiosa e per il pieno inserimento del Paese nel più ampio scenario internazionale”. Una prerogativa essenziale perché va di pari passo al riconoscimento di uno scenario fondamentale, ovvero “che le trasformazioni rese necessarie dall’apertura di una nuova era hanno comportato – insieme alle positive conquiste – il sorgere di inevitabili scogli da superare e di conseguenze non sempre facili da gestire per la stabilità sociale”: primo tema è quello dell'emigrazione, incluso il fenomeno dello spopolamento dei villaggi alla ricerca di una vita migliore. “Penso allo spopolamento di tanti villaggi, che hanno visto in pochi anni partire una considerevole parte dei loro abitanti; penso alle conseguenze che tutto questo può avere sulla qualità della vita in quei territori e all’indebolimento delle vostre più ricche radici culturali e spirituali che vi hanno sostenuto nelle avversità. Rendo omaggio ai sacrifici di tanti figli e figlie della Romania che, con la loro cultura, il loro patrimonio di valori e il loro lavoro, arricchiscono i Paesi in cui sono emigrati, e con il frutto del loro impegno aiutano le loro famiglie rimaste in patria.”

Uno sviluppo armonioso

Soluzione implicita, per “affrontare i problemi di questa nuova fase storica”, è “camminare insieme” per “farsi carico del bene comune del popolo”. Come spiegato dal Pontefice, “camminare insieme, come modo di costruire la storia, richiede la nobiltà di rinunciare a qualcosa della propria visione o del proprio specifico interesse a favore di un disegno più ampio, in modo da creare un’armonia che consenta di procedere sicuri verso mete condivise”. Da qui si genera la costruzione di “una società inclusiva, nella quale ciascuno, mettendo a disposizione le proprie doti e competenze, con educazione di qualità e lavoro creativo, partecipativo e solidale”, e nella quale “i più poveri e gli ultimi non sono visti come indesiderati, come intralci che impediscono alla 'macchina' di camminare, ma come cittadini e fratelli da inserire a pieno titolo nella vita civile”, visti come “la migliore verifica della reale bontà del modello di società che si viene costruendo”. Non basta, quindi, “aggiornare le teorie economiche” per “un armonioso sviluppo sostenibile” e “per la concreta attivazione della solidarietà e della carità”: occorre “sviluppare, insieme alle condizioni materiali, l’anima del vostro popolo”.

Il contributo della Chiesa

Qui si inserisce il ruolo delle Chiese cristiane che ” possono aiutare a ritrovare e alimentare il cuore pulsante da cui far sgorgare un’azione politica e sociale che parta dalla dignità della persona e conduca ad impegnarsi con lealtà e generosità per il bene comune della collettività”. In questo, la Chiesa Cattolica “vuole portare il suo contributo alla costruzione della società, desidera essere segno di armonia, speranza di unità e mettersi al servizio della dignità umana e del bene comune. Intende collaborare con le Autorità, con le altre Chiese e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà per camminare insieme e mettere i propri talenti al servizio dell’intera comunità”. In sostanza, ha concluso il Santo Padre, essa “desidera dare il suo contributo alla costruzione della società e della vita civile e spirituale nella vostra bella terra di Romania”.