Il Papa: “Il prete è l'uomo del dono, non del potere”

E'la prima volta che un Papa si reca nel quartiere del Brancaccio, dove il beato don Pino Puglisi visse e operò per anni, fino al suo martirio, perpetrato da alcuni sicari della mafia siciliana. Dopo aver attraversato le strade che furono del sacerdote palermitano, salutando le persone che affollavano le vie del quartiere, Papa Francesco ha sostato prima nei luoghi del beato, visitando anche il luogo dove Cosa nostra lo giustiziò per il suo coraggioso messaggio di fede e, infine, pregando sulla sua tomba, in una cappella della Cattedrale di Palermo. E, nel più importante luogo di culto della Sicilia, il Santo Padre ha incontrato ai vescovi, religiosi e seminaristi, ai quali ha ricordato quanto e come l'esempio di don Pino costituisca la vera essenza della missione del sacerdozio: “Il prete è l'uomo del dono, del dono di sé, ogni giorno, senza ferie e senza sosta. Perché la nostra, cari sacerdoti, non è una professione, ma una donazione; non un mestiere, che può servire pure per fare carriera, ma una missione”.

Dal seminario alla comunità

Prima in seminario, poi nel presbiterio, infine nella comunità: questo il percorso che ogni sacerdote è chiamato a compiere, sempre memore di come, giunto fra la sua gente, debba alimentare “il desiderio di unire, secondo Dio; non di dividere, secondo il diavolo. Lì vanno accettati i fratelli e le sorelle, lì il Signore chiama ogni giorno a lavorare per superare le divergenze. E questo è parte costitutiva dell’essere preti e consacrati… Sempre va distinto l’errore da chi lo commette, sempre vanno amati e attesi il fratello e la sorella. Pensiamo a don Pino, che verso tutti era disponibile e tutti attendeva con cuore aperto, pure i malviventi”. Questo perché, ha ricordato, “il prete è ministro di riconciliazione a tempo pieno: amministra 'il perdono e la pace' non solo in confessionale, ma ovunque”, sfuggendo alla divisione portata dalla “chiacchiera”. La pietà popolare, ha spiegato il Pontefice, “è un tesoro che va apprezzato e custodito, perché ha in sé una forza evangelizzatrice ma sempre il protagonista deve essere lo Spirito Santo. Vi chiedo perciò di vigilare attentamente, affinché la religiosità popolare non venga strumentalizzata dalla presenza mafiosa, perché allora, anziché essere mezzo di affettuosa adorazione, diventa veicolo di corrotta ostentazione”. E, parlando a braccio, rammenta che “lo abbiamo visto nei giornali: la Madonna che si ferma e si inchina davanti alla casa del capo mafia. No! Questo non si fa!”.

Essere consacrati

Celebrare è un verbo fondamentale per la vita sacerdotale ma imprescindibilmente connesso all'accompagnare: “C’è bisogno di ministri che incarnino la vicinanza del Buon Pastore, di preti che siano icone viventi di prossimità: poveri di beni e di proclami, ricchi di relazione e di comprensione. Pensiamo ancora a don Puglisi che, più che parlare di giovani, parlava coi giovani. Stare con loro, seguirli, far scaturire insieme a loro le domande più vere e le risposte più belle”. Ed è da questo che nasce la testimonianza: “Nell’appartamento dove viveva Padre Pino risalta una semplicità genuina. E' il segno eloquente di una vita consacrata al Signore, che non cerca consolazioni e gloria dal mondo. La gente cerca questo nel prete e nei consacrati. La vita parla più delle parole. La testimonianza contagia… Si possono fare tante discussioni sul rapporto Chiesa-mondo e Vangelo-storia, ma non serve se il Vangelo non passa prima dalla propria vita. E il Vangelo ci chiede, oggi più che mai, questo: servire nella semplicità”.

“Non si può vivere una doppia morale”

“La Chiesa – ha ricordato ancora Papa Francesco – non sta sopra il mondo ma dentro al mondo, per farlo fermentare, come lievito nella pasta. Per questo, cari fratelli, va bandita ogni forma di clericalismo: non abbiano in voi cittadinanza atteggiamenti altezzosi, arroganti o prepotenti. Per essere testimoni credibili va ricordato che prima di essere preti siamo sempre diaconi; prima di esser ministri sacri siamo fratelli di tutti. Anche il carrierismo e il familismo sono nemici da estromettere, perché la loro logica è quella del potere, e il prete non è uomo del potere, ma del servizio”. E' la testimonianza che aiuta a fuggire dalla “doppiezza di vita”, dal seminario al sacerdozio: “Non si può vivere una doppia morale: una per il popolo di Dio e un’altra in casa propria. Il testimone di Gesù appartiene a lui sempre. E per amore suo intraprende una quotidiana battaglia contro i suoi vizi e contro ogni mondanità alienante”.