Il Papa e l'Etiopia: “La pace è dono di Dio”

Il Pontefice garante della libertà in Etiopia. Questa mattina Papa Francesco non si è limitato al consueto discorso di accoglienza del Pontificio Collegio Etiopico, ma ha rivolto loro il suo abbraccio svincolato dalla struttura romana che oggi compie 100 anni. Attraverso loro, il Pontefice ha raggiunto tutta l'Etiopia, che lotta e sopravvive ai disagi del dopoguerra.

Evitare la guerra fratricida

Dinanzi ai due Metropoliti, il cardinale Berhaneyesus e monsignor Tesfamariam, e al cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, che sostiene la vita del Collegio, il Papa ha ricordato l'impegno del Seminario Pontificio nella lotta ai dissidi interni. Il pensiero del Pontefice è andato alla sofferenza di un popolo uscito dalla guerra civile appena un anno e mezzo fa. Ha ringraziato il Signore per l'impegno di ciascuno e ha chiesto a tutti di “fare tesoro” degli anni di dolore vissuti da entrambe le parti affinché “non si cada più in divisioni tra etnie e tra Paesi alle comuni radici”.

Essere artefici di pace

Papa Francesco ha indirizzato un messaggio ai sacerdoti, perché siano “artefici di relazioni buone […] medicando le ferite interiori ed esteriori”, perché – ha ricordato – “la pace è dono di Dio“. Ha, inoltre, chiesto che “si faccia ancora molto per seguire pastoralmente chi lascia il proprio Paese”, mentre “alla Chiesa cattolica in Etiopia ed Eritrea sia garantita la libertà di servire il bene comune” sottolineando questo atteggiamento come il punto nodale dello slancio missionario della Chiesa in Africa: “Auspico anche che alla Chiesa Cattolica nelle vostre Nazioni sia garantita la libertà di servire il bene comune, sia consentendo a voi studenti di compiere gli studi a Roma o altrove, sia tutelando le istituzioni educative, sanitarie ed assistenziali, nella certezza che i Pastori e i fedeli desiderano insieme a tutti gli altri contribuire al bene e alla prosperità delle vostre Nazioni” ha detto.

Combattere la povertà

Il Pontefice non poteva non indirizzare un pensiero ai giovani e bambini che, spesso, vivono in assoluta povertà: “Molti di essi – ha ricordato – […] hanno lasciato la loro patria a costo immani fatiche e non di rado andando incontro a tragedie per terra e per mare. Ringrazio per l'accoglienza che i vostri fedeli hanno potuto sperimentare e per l'impegno che alcuni di voi già ora vivono nel seguirli pastoralmente in Europa e negli altri continenti. Si può fare ancora molto, e meglio, sia in patria che all’estero, mettendo a frutto gli anni di studio e permanenza in Roma, in un servizio umile e generoso, sempre sulla base dell’unione col Signore, al quale cui abbiamo donato l’intera nostra esistenza”.  Per questo, il suo messaggio ai sacerdoti è stato all'insegna dell'unità, che è lo stesso punto di partenza delle Chiese etiopiche, “unite dalla medesima tradizione”.