Il Papa all’udienza generale: “Senza amore nasce la violenza”

Udienza generale del mercoledì in due fasi per Papa Francesco, che prima di recarsi in piazza S. Pietro ha salutato i malati nell’Aula Paolo VI. Lui stesso ne ha spiegato il motivo: “In piazza il caldo batte! Sarà un bagno turco…”.

Figli amati

La catechesi del S. Padre si è incentrata sul tema “Figli amati, certezza della speranza”. “Nessuno di noi può vivere senza amore. E una brutta schiavitù in cui possiamo cadere è quella di ritenere che l’amore vada meritato – ha detto il Papa – Forse buona parte dell’angoscia dell’uomo contemporaneo deriva da questo: credere che se non siamo forti, attraenti e belli, allora nessuno si occuperà di noi. Tante persone oggi cercano una visibilità solo per colmare un vuoto interiore: come se fossimo persone eternamente bisognose di conferme. Però, ve lo immaginate un mondo dove tutti mendicano motivi per suscitare l’attenzione altrui, e nessuno invece è disposto a voler bene gratuitamente a un’altra persona? Immaginate un mondo così: un mondo senza la gratuità del voler bene! Sembra un mondo umano, ma in realtà è un inferno. Tanti narcisismi dell’uomo nascono da un sentimento di solitudine e di orfanezza. Dietro tanti comportamenti apparentemente inspiegabili si cela una domanda: possibile che io non meriti di essere chiamato per nome, cioè di essere amato? Perché l’amore sempre chiama per nome”.

Non esistono bambini cattivi

Il Pontefice ha poi considerato questo aspetto dal punto di vista dei più giovani: “Quando a non essere o non sentirsi amato è un adolescente – ha detto – allora può nascere la violenza. Dietro tante forme di odio sociale e di teppismo c’è spesso un cuore che non è stato riconosciuto. Non esistono bambini cattivi, come non esistono adolescenti del tutto malvagi, ma esistono persone infelici. E che cosa può renderci felici se non l’esperienza dell’amore dato e ricevuto? La vita dell’essere umano è uno scambio di sguardi: qualcuno che guardandoci ci strappa il primo sorriso, e noi che gratuitamente sorridiamo a chi sta chiuso nella tristezza, e così gli apriamo una via di uscita. Scambio di sguardi: guardare negli occhi e si aprono le porte del cuore”. In quest’ottica, il Papa ha ricordato è sempre Dio a fare il primo verso di noi. Addirittura “non lega neppure la sua benevolenza alla nostra conversione: semmai questa è una conseguenza dell’amore di Dio” e “ci ha voluto bene anche quando eravamo sbagliati. Chi di noi ama in questa maniera, se non chi è padre o madre? Una mamma continua a voler bene a suo figlio anche quando questo figlio è in carcere. Io ricordo tante mamme, che facevano la fila per entrare in carcere, nella mia precedente diocesi. E non si vergognavano. Il figlio era in carcere, ma era il loro figlio. E soffrivano tante umiliazioni nelle perquisizioni, prima di entrare, ma: “E’ il mio figlio!”. “Ma, signora, suo figlio è un delinquente!” – “E’ il mio figlio!”. Soltanto questo amore di madre e di padre ci fa capire come è l’amore di Dio. Una madre non chiede la cancellazione della giustizia umana, perché ogni errore esige una redenzione, però una madre non smette mai di soffrire per il proprio figlio. Lo ama anche quando è peccatore. Dio fa la stessa cosa con noi: siamo i suoi figli amati!” e nessuno viene escluso da questo amore infinito.

La medicina

“Per cambiare il cuore di una persona infelice – ha chiesto il Papa – qual è la medicina? Qual è la medicina per cambiare il cuore di una persona che non è felice?” E la piazza ha risposto “L’amore!”, ripetendolo incitata dal Pontefice: “Più forte! Bravi! Bravi, bravi tutti! E come si fa sentire alla persona che uno l’ama? Bisogna anzitutto abbracciarla. Farle sentire che è desiderata, che è importante, e smetterà di essere triste. Amore chiama amore, in modo più forte di quanto l’odio chiami la morte. Gesù non è morto e risorto per sé stesso, ma per noi, perché i nostri peccati siano perdonati. È dunque tempo di risurrezione per tutti: tempo di risollevare i poveri dallo scoraggiamento, soprattutto coloro che giacciono nel sepolcro da un tempo ben più lungo di tre giorni. Soffia qui, sui nostri visi, un vento di liberazione. Germoglia qui il dono della speranza. E la speranza – ha concluso Francesco – è quella di Dio Padre che ci ama come noi siamo: ci ama sempre e tutti”.