“Il lavoro sporco della morte”

Solo una “visione globale della bioetica” potrà impegnarsi “con più serietà e rigore a disinnescare la complicità” poiché, come ha ammonito Papa Francesco, “quando consegniamo i bambini alla privazione, i poveri alla fame, i perseguitati alla guerra, i vecchi all'abbandono, non facciamo noi stessi il lavoro sporco della morte?”. Parole inequivocabili che il Santo Padre ha pronunciato ieri, ricevendo in udienza i partecipanti alla XXIV assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita (Pav), ai quali ha inoltre ricordato che “escludendo l'altro dal nostro orizzonte, la vita si ripiega su di sé e diventa bene di consumo”. Un richiamo con il quale il Pontefice ha voluto sottolineare che è sacra la vita dei non nati, così come lo è quella dei poveri. Di qui la sua riflessione sulla “bioetica globale”, che è un monito a dare un’impronta anche sociale all’impegno per la difesa della vita. L’invito del Papa lo raccoglie il prof. Antonio Spagnolo, direttore dell'Istituto di Bioetica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e membro corrispondente della Pontificia Accademia per la Vita. In Terris lo ha intervistato.

Quanto è importante il concetto di “bioetica globale”, prof. Spagnolo?
“Il tema del convegno, che è stato oggetto della riflessione del Pontefice, mette la bioetica in una prospettiva più attuale. Il suo invito è a tenere alta l’attenzione nei confronti della vita non solo del nascituro, la cui difesa resta un punto fermo, ma anche del povero, di chi è già nato e si trova nella miseria e nell’abbandono. È un aspetto nuovo e importante, perché la bioetica non può rimanere ferma ad una fase della vita, ma deve trovare una coerenza e una responsabilità sociale che il Papa assegna agli uomini, in prima persona agli accademici”.

Lasciare i poveri abbandonati a sé stessi, ha detto il Papa, ci fa scivolare nel narcisismo e in quelli che ha chiamato “uomini-specchio” e “donne-specchio”. Possiamo considerarle malattie tipiche della società contemporanea?
“Indubbiamente sì. Il richiamo a Narciso è giusto nel momento in cui l’uomo di oggi vede il niente nella fine della vita, pensa di stare al mondo per caso, arrivando così a concentrarsi solo su sé stesso. La questione va affrontata – come ha invitato il Papa – partendo dalla ricerca del senso, della destinazione ultima dell’uomo. È solo in questo quadro di apertura a quella che lui chiama appunto la ‘questione seria della destinazione ultima’ che si è in grado di comprendere e di dare un senso alla vita attuale”.

Il Papa ha ricordato anche “le complesse differenze fondamentali della vita umana, dell’uomo e della donna, della paternità e della maternità” ad esempio. Quali rischi implica l’ideologia che massifica e omologa le differenze dell’uomo?
“I rischi sono collegati anche a quanto dicevo prima. Se non si hanno ben chiare queste differenze che sono costitutive dell’uomo, iscritte nella sua natura, non si riesce a dare un senso alla vita, a comprendere i ruoli in relazione alle diversità, alla sessualità, alla generazione, alla malattia. Non si comprende l’importanza dell’essere madre e dell’essere padre, ad esempio. Queste differenze che oggi qualcuno vuole mettere in discussione, dunque, sono fondamentali”.

Ritiene che alcuni casi mediaticamente eclatanti – penso a quello del piccolo Alfie – abbiano creato una nuova sensibilità dell’opinione pubblica sui temi della vita?
“Certi casi hanno stimolato l’opinione pubblica, è vero. Certo, bisogna vedere come questa attenzione è stata stimolata. Le argomentazioni che trovano spazio nel dibattito pubblico sono spesso molto contrapposte, alcune non corrispondono alla verità. Ecco allora che la riflessione globale che ci invita a fare il Papa potrebbe aiutare affinché tutti si muovano nella ricerca di una verità che sia il più possibile vicina all’uomo, che contempli – come ricorda lui – in modo olistico la persona, nell’aspetto fisico e spirituale della vita. Questo approccio può aiutarci nel comprendere nuovi casi che potrebbero avvenire in futuro”.

L’approccio della Chiesa alla bioetica è cambiato in cinque anni di pontificato di Papa Francesco? Si parla meno di valori non negoziabili…
“Direi di no. Vedo una continuità sostanziale e una differenza soltanto nella modalità con cui le questioni vengono lette. Come dicevo prima, su certi temi il magistero della Chiesa viene oggi integrato con aspetti sociali, di responsabilità. Non si tratta di una modifica, ma di un allargamento della riflessione: restano inalterati i valori non negoziabili, soltanto viene dato loro un respiro più largo, di tipo sociale”.