Il Dalai Lama a Roma: “la guerra è prodotta dalla nostra mente”

Una vera e proria ovazione ha accolto oggi il Dalai Lama, giunto all’Auditorium Parco della Musica di Roma per la prima giornata del Summit dei Premi Nobel per la Pace. L’evento, che riunisce le personalità insignite del prestigioso premio, era programmato per il 13-15 ottobre a Città del Capo: ma è stato spostato nella Capitale italiana, dopo che il Sudafrica ha negato il visto al Dalai Lama per non irritare la Cina, con grande stupore della comunità internazionale.

La principale autorità spirituale del Tibet, salito per ultimo sul palco accompagnato dal sindaco Ignazio Marino,  ha esordito con semplici  parole: “Non ho la vostra esperienza sulla pace, sono solo un monaco buddista e sempre uno studente”. Il Buddha della compassione, così è chiamato da milioni di buddisti,  si è rivolto questa mattina ad un pubblico prettamente giovanile, in particolare studenti delle scuole romane, e ha offerto la sua visione sui conflitti mondiali:  “Penso che la pace, e anche la violenza, siano legate al mondo delle emozioni, alla nostra mente. Se viviamo nel bene verso gli altri, questo senso di moderazione diventa compassione” ha affermato il Dalai Lama il quale ritiene che alle origine di ogni problema dell’uomo ci siano “sovrastrutture della mente create dalla paura” e che “portano a trascurare la comune base di valori umani generando conflitto ed egoismo”.

Tenzin Gyasto – è il suo nome tibetano che significa “oceano di saggezza” – rivela alcune indicazione che possono aiutare a uscire dalla “confusione e dal caos” che dominano questo mondo. E’ necessario operare un profondo cambiamento dell'”attività mentale”, un vero e proprio cambiamento del “modo di pensare” che può avvenire solo attraverso  l’istruzione.Il Dalai Lama ritiene infatti che il moderno sistema educativo non presti attenzione ai “valori interiori” che dovrebbero insegnare alle future generazioni “i principi morali saldi” e fondamentali. Ha precisato infine che non si tratta di un rinnovamento di tipo religioso, ma di una “via secolare laica e universale” che rispetti ogni credo e popolo.