“Il chiacchiericcio è un atto di terrorismo”

Non è facile vivere la fraternità. La fraternità religiosa, la vita comune… Anche il nostro San Giovanni Berchmans diceva che “mea maxima poenitentia, vita communis”. La vita di comunità, la vita di fraternità, è difficile perché ci sono i problemi umani, le gelosie, la competitività, le incomprensioni: tante cose che noi tutti abbiamo, tutti, io per primo”. Lo ha detto Papa Francesco, parlando a braccio ai partecipanti del Capitolo generale della Congregazione delle Sacre Stimmate di Nostro Signore Gesù Cristo, ai quali ha ricordato che nella vita di comunità è necessario “essere consci di questo per essere comprensivi… E arrivare al punto di poter parlare come fratelli”. E anche se delle volte, parlando come fratelli, “si dicono cose che non piacciono”, queste “si dicono come fratello, cioè con carità, con la dolcezza, con l’umiltà” perché “non si nascondono le cose”.

La chiacchiera

Ma “la fraternità è una grazia, e se non c’è preghiera, questa grazia non viene”. Per questo è necessario pregare gli uni per gli altri, proseguendo “su questa via della verità, della libertà, con molta carità e preghiera”. E' brutto, ha sottolineato il Santo Padre, “che io religioso non abbia il coraggio di dire in faccia quello che penso al mio fratello, ma vado dietro e lo dico ad un altro. Questo è il chiacchiericcio. Permettetemi la parola: è il chiacchiericcio degli 'zitelloni'. E noi abbiamo fatto voto di castità, non di 'zitellanza': è un’altra cosa”. Come spiegato ancora dal Pontefice, “quando uno non rinuncia alla paternità spirituale, cerca di viverla pienamente; e vive meglio la fraternità nella comunità. Invece il chiacchiericcio è un alibi: con quello credi di risolvere il problema, ma non risolvi niente. Ti sfoghi un po’, ma ti sfoghi come uno 'zitellone'”. Il chiacchierare è “un atto di terrorismo: il chiacchierare contro un altro, perché io vado con la bomba in mano, butto la bomba, distruggo il fratello e me ne vado tranquillo. E poi, chi risuscita la fama del fratello? Faccio del male da dietro. È un po’ la calunnia o la diffamazione. A volte posso avere ragione, ma faccio una diffamazione: gli tolgo la buona fama”.

Le piaghe

“La seconda dimensione è il vostro nome, che viene dalle stimmate”. E, su questo aspetto, Papa Francesco ricorda come San Bernardo diceva che “il Verbo di Dio fatto uomo è un 'sacco di misericordia', che nella Passione, con le stimmate, si è versata su di noi… Soltanto la coscienza di una Chiesa 'piagata', di una Congregazione 'piagata', di un’anima o un cuore “piagato” ci porta a bussare alla porta della misericordia nelle piaghe del Signore. Chi si sa 'piagato' cerca le piaghe. Cercate questo testo: la contemplazione delle piaghe del Signore è entrare nelle sue piaghe”. Le persone che non riescono a sentirsi 'piagate' dal peccato non riescono nemmeno a capire le piaghe di Gesù: “Non abbiate vergogna della devozione alle piaghe del Signore. E’ la vostra via di santificazione. Insegnate alla gente che 'piagati' siamo tutti noi. Un peccatore “piagato” trova perdono, pace e consolazione soltanto nelle piaghe del Signore, non altrove”.

La famiglia

La terza dimensione è quella della famiglia: “Uniti, insieme: la fretta di Maria, la mitezza forte, paziente di Giuseppe… ha saputo educare il Figlio. La devozione alla Madonna e a Giuseppe. Non lasciare da parte queste devozioni. Qualcuno può dire: 'Ma sono da bambini'. Sì, ma noi siamo bambini davanti a Dio. Magari, magari potessimo diventare bambini davanti a Dio! Alla Mamma che è di fretta dire: aiutami. E andare da lei nei momenti difficili”. L'invito del Santo Padre è a restare uniti, “tutti insieme, in famiglia. Vi aiuterà tanto questa devozione, e questo che vi dico non è un consiglio per vecchietti… E' per uomini, per uomini che devono essere forti nell’annuncio del Vangelo. Andate dalla Madre e andate da quell’uomo che ha fatto da padre e ha fatto crescere il Signore. E imparate lì, in famiglia”.