“Fidiamoci di Dio, in silenzio, come San Giuseppe”

Giseppe, nonostante i dubbi e i problemi che gli erano posti innanzi a causa della gravidanza di Maria, in silenzio, si è fidato di Dio e, in silenzio, si è fatto carico della “paternità e del mistero” che la sua sposa portava in grembo. “E se Gesù uomo ha imparato a dire 'papà' a Dio, lo ha imparato grazie testimonianza di Giuseppe: l’uomo che custodisce, che fa crescere, che porta avanti ogni paternità e ogni mistero” senza “prende nulla per sé”. Con queste parole, Papa Francesco commenta le letture proposte dalla liturgia del giorno. Descrive la figura di San Giuseppe, delle sue paure e della sua fede in Dio, sottolineando come la sua presenza silenziosa debba essere d'esempio per tutti i credenti.

Fede e obbedienza

Nel suo discorso, Bergoglio mette in luce le emozioni provate da Giuseppe quando in Maria iniziarono ad essere “visibili” i segni della gravidanza. Fa notare i tanti “dubbi” dell’uomo, il suo “dolore”, la sua “sofferenza”, i sentimenti provati mentre tutt’intorno le persone del paese iniavano a mormorare, “le chiacchierone”. “Non capiva – spiega Francesco – ma sapeva che Maria era una donna di Dio e così decise di lasciarla in silenzio senza accusarla pubblicamente”. E questo fino a quando non “intervenne il Signore con un angelo in sogno, che gli spiegò come il bambino generato in lei venisse dallo Spirito Santo”. E Giuseppe “credette e obbedì”. Certamente, fa notare il Papa, egli “lottava dentro ma in quella lotta riusciva ad ascoltare la voce di Dio che gli diceva 'Alzati'“, quella stessa parola che nella Bibbia sta a significare l'inizio di una missione. “Alzati, prendi Maria, portala a casa tua, gli diceva quella voce -. Fatti carico di questa situazione, prendila in manoe vai avanti”. Poi aggiunge: “Giuseppe non è andato dagli amici a confortarsi, non è andato dallo psichiatra perché interpretasse il sogno… no: credette. E’ andato avanti e ha preso in mano la situazione”. Poi si domanda: “Ma cosa doveva prendere in mano, Giuseppe? Qual era questa situazione? Di cosa Giuseppe doveva farsi carico?”. “Di due cose. Della paternità e del mistero”, è la risposta del Pontefice.

La paternità

“Giuseppe si fece carico di una paternità che non era sua, veniva da Dio. E l'ha portato avanti con quello che significa”, ovvero, “non solo sostenendo Maria e il bambino, ma anche farlo crescere, insegnargli il mestiere, portarlo alla maturità di uomo”. “Fatti carico della paternità che non è tua, è di Dio – aggiunge -. E questo senza dire una parola. Nel Vangelo non c’è alcuna parola detta da Giuseppe. Lui è l’uomo del silenzio, dell’obbedienza silenziosa“.

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Il mistero di Dio

Ma San Giuseppe è anche l’uomo che “prende in mano il mistero“. Per spiegare questo secondo aspetto, il Papa si serve della prima lettura (cfr. Ger 23, 5-8): “Si tratta del mistero di ricondurre il popolo a Dio”, ovvero “della ri-Creazione” che, come la definisce la liturgia, è “più meravigliosa della Creazione”. Lo sposo di maria si fa carico di questo “mistero” “con il suo silenzio e con il suo lavoro fino al momento che Dio lo chiama a sé”. Di lui, spiega il Pontefice, “che si è fatto carico della paternità e del mistero, si dice che era l’ombra di Dio Padre. E se Gesù uomo ha imparato a dire 'papà', al suo Padre che conosceva come Dio, lo ha imparato dalla vita, dalla testimonianza di Giuseppe”. Poi conclude: “Giuseppe è l’uomo che custodisce, che fa crescere, che porta avanti ogni paternità e ogni mistero, ma non prende nulla per sé. E' il 'grande' del quale Dio aveva bisogno per portare avanti il mistero della ri-conduzione del popolo verso la nuova Creazione”.