Crisi in Nicaragua, il dialogo riprende grazie alla Chiesa

Nicaragua

La Chiesa del Nicaragua si è detta disponibile all'apertura di un canale di dialogo nazionale per consentire al Paese latinoamericano di uscire dalla grave crisi politica in cui è precipitato ormai da mesi.

Le condizioni

Il Cardinale Leopoldo Brenes pone però delle condizioni: occorre che il regime di Daniel Ortega liberi i prigionieri politici, arrestati durante le proteste che si protraggono ormai da oltre 300 giorni. L'Arcivescovo di Managua, oltre a richiedere la liberazione di chi è in carcere per aver manifestato le sue idee, ha invocato il rispetto della libertà d'espressione dei media. Il rilascio dei detenuti viene presentato dal porporato come la conditio sine qua non per avviare un dialogo costruttivo con il governo. Questa disponibilità arriva dopo che il Cardinale aveva presenziato ad un confronto tra l'esecutivo e gli imprenditori. Questi ultimi, nel corso del faccia a faccia, avevano espresso le loro preoccupazioni per la crisi che sta tenendo bloccato il Paese da 10 mesi. L'esito dell'incontro, secondo Brenes, è stato positivo ed ha messo le basi per futuri colloqui che dovrebbero consolidare l'avvio del cammino di un dialogo nazionale anche più ampio. Il porporato ha dichiarato che bisogna avere a cuore la stabilità nel Paese. “Le cose – ha detto il presule – stanno avvenendo a poco a poco, spero che ci siano più incontri”. Segnali positivi apprezzati anche dal presidente della Camera di commercio americana del Nicaragua (AmCham), Mario Arana e dal direttore esecutivo della Fondazione del Nicaragua per lo sviluppo economico e sociale (Funides), Juan Sebastián Chamorro.

Il coraggio dei Pastori

Uno degli episodi più gravi in questi 10 mesi di manifestazioni e repressione si era verificato il 13 luglio con lo sgombero dell’Università autonoma nazionale. In quel caso era stato decisivo l'intervento dell'Arcivescovo di Managua e del nunzio apostolico, monsignor Waldemar Stanisaw Sommertag, i quali si erano mossi per evitare una carneficina ai danni dei ragazzi che si erano rifugiati nella parrocchia attigua all'Università pur di sfuggire alle cariche della polizia e dei paramilitari.