Don Fausto Resmini e gli altri martiri del Covid nella diocesi di Bergamo

Nella pandemia i sacerdoti e i religiosi della diocesi più colpita dal Covid non hanno mai abbandonato i malati. Il ricordo di uno dei martiri dell'emergenza sanitaria: don Fausto Resmini

Martiri del Covid. “In tutta Italia sono tantissimi i protagonisti silenziosi della rete di solidarietà in tempo di pandemia. Sono tante le figure simbolo della resistenza civile di questa comunità che vorrei ricordare”, ha detto il premier Mario Draghi a Bergamo, nel suo intervento alla cerimonia in ricordo delle vittime del Covid. “Don Fausto Resmini era il prete degli ultimi- ha evidenziato il presidente del Consiglio-. A lui è stato intitolato il carcere di Bergamo di cui era il cappellano. Con lui rendiamo omaggio ai sacerdoti della diocesi bergamasca deceduti per il virus”. Nella pandemia i sacerdoti e i religiosi della diocesi più colpita dal Covid non hanno mai abbandonato i malati. Il ricordo di uno dei martiri dell’emergenza sanitaria: don Fausto Resmini.Covid

Carità contro il Covid

“Aver sentito pronunciare dal premier Draghi il nome di don Fausto Resmini ci ha riempito di gratitudine. Per il riconoscimento di quello che ha fatto nella vita. Per il suo impegno sociale. E  all’interno della Chiesa. Don Fausto ha vissuto da prete fino in fondo”, spiega al Sir don Dario Acquaroli. Il direttore della Comunità don Lorenzo Milani del Patronato di Sorisole rievoca la fatica di “giorni difficili che ci avvicinano all’anniversario della morte di don Fausto Resmini. Giorni in cui si fanno sempre più vivi i sentimenti di dolore che l’anno scorso ci hanno travolti. Sentire il suo nome pronunciato dal presidente del Consiglio ci fa vedere in faccia la realtà. Purtroppo don Fausto non c’è più”.

Beschi
Il trasporto di una salma risultata positiva al Covid-19 nel cimitero monumentale di Bergamo – Foto © Flavio Lo Scalzo per Catholic News Service

Segno di riconoscenza

Don Acquaroli è succeduto a don Fausto Resmini alla guida del Patronato. “Questo ricordo è un segno di riconoscenza per le opere fatte e ancora da fare- sostiene il sacerdote-. Dobbiamo fare qualcosa di buono non per sentirci bravi. Ma perché c’è qualcuno che ha bisogno. È l’insegnamento che ci ha lasciato don Fausto. Il suo stile. Fare il bene nel silenzio e nell’umiltà“.