“Condividi il viaggio”: la campagna Caritas per superare la paura dei migranti

“Il Papa chiede di aprire il cuore e la mente” ai migranti. Ma forse “non tutti sono pronti: bisogna cercare di comprendere le ragioni per le quali le persone sono costrette a migrare”. Così il cardinale Luis Antonio Tagle, presidente di Caritas Internationalis, ha sintetizzato lo scopo della campagna mondiale “Share the journey – Condividi il viaggio”. Un progetto biennale che punta soprattutto a cambiare la mentalità di chi ha paura del profugo attraverso un incontro diretto, che intende sensibilizzare, a partire dalle realtà più piccole per arrivare alle società nel loro insieme, a “incontrare l'altro, non averne paura, vederlo come un fratello”.

Il cardinale: “Mio nonno migrante”

Il porporato ha illustrato il progetto insieme a suor Norma Pimentel, che dirige la Caritas al confine tra Stati Uniti e Messico, Bekele Moges, direttore di Caritas Etiopia e Alfonso Apicella, referente della campagna. Il cardinale filippino ha ribadito una volta di più che “la migrazione deve essere una scelta libera, non una necessità”. Per questo occorrono “canali sicuri e legali”. Poi, rispondendo a una domanda su cosa direbbe “ai leader di paesi come gli Stati Uniti, o la Germania, dove correnti xenofobe invitano alla correzione delle politiche migratorie” ha detto che “dovrebbero stringere le mani, guardarli negli occhi. Ognuno arricchisce la comunità che lo accoglie: guardate me, mio nonno era un cinese senza un soldo, poverissimo, che mai avrebbe pensato che suo nipote sarebbe diventato un cardinale”. All'incontro erano presenti anche tre giovani immigrati provenienti da Gambia, Guinea e Senegal che grazie ai progetti della Caritas sono riusciti ad integrarsi e studiano o lavorano stabilmente. Erano una rappresentanza delle persone che hanno partecipato all'udienza in piazza San Pietro durante la quale il Papa ha lanciato la campagna a livello globale. Apicella ha spiegato che concretamente “Faremo iniziative nelle scuole, nelle famiglie e nelle parrocchie, per creare opportunità di incontro”. Un movimento di “educazione pubblica” che partirà “dal basso, dalle comunità di base, lì dove la Caritas è attiva” con l'obiettivo di superare “paure e pregiudizi”.

Dialogo con chi ha paura

“La campagna non vuole essere contro nessuno – ha spiegato Oliviero Forti, responsabile dell'Ufficio immigrazione di Caritas Italiana – ma vuole condividere un messaggio soprattutto con chi vive l'immigrazione come un disagio, con chi ha paura. Vogliamo far comprendere le cause che spingono le persone a lasciare le proprie case, che spesso è un pezzo della storia che sfugge: vogliamo creare occasioni di incontro per far capire che chi sta arrivando ha le sue ragioni”.

Ius soli

“La questione – afferma Forti – è stata eccessivamente strumentalizzata, i dati dimostrano che il nostro è un Paese maturo per riconoscere l'idea, attraverso un percorso, anche molto 'light' rispetto alle previsioni iniziali (si parla più di ius culturae), che un bambino nato in Italia, dopo un iter adeguato, possa acquisire la cittadinanza italiana. Crediamo sia un passo di civiltà che ormai è tempo di riconoscere. E' chiaro che ora siamo stritolati da interessi politici di altra natura e quindi siamo ancora al punto di partenza, nonostante lo sforzo di varie organizzazioni, come Caritas e altre, con la campagna 'L'Italia sono anch'io', che ha raccolto migliaia di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare. Nessuno finora ha avuto il coraggio di porre la questione come cruciale per il Paese. E' un passo indietro in un percorso che proprio ieri ha visto l'approvazione del piano per l'integrazione presentato dal ministero dell'Interno anche con il nostro contributo. Lo ius soli deve essere un punto di partenza irrinunciabile: come pensiamo di immaginare un Paese capace di integrare i migranti ma allo stesso tempo non riconosce a chi nasce in Italia la cittadinanza italiana?”

La legge sull'immigrazione

Altro punto caldo è la riforma della legge sull'immigrazione: “Non è una nostra iniziativa diretta – risponde Forti – ma sosteniamo dall'esterno la modifica di una norma ormai anacronistica che non permetteva una gestione oculata del fenomeno migratorio. Oggi servono strumenti nuovi e canali di ingresso legali. Se restiamo schiacciati sull'idea che per entrare in Italia bisogna salire su un barcone, non saremo mai in grado di creare le condizioni per l'integrazione. Ad esempio le quote oggi sono bloccate quindi un lavoratore che vuole venire qui può arrivare solo in maniera illegale e questo ha un impatto negativo su di lui e su chi accoglie”. Impossibile pensare che l'obiettivo possa essere raggiunto in questa legislatura “magari nella prossima”.

Corridoi umanitari

Intanto i corridoi umanitari frutto del protocollo d'intesa tra Caritas e governo italiano dovrebbero essere attivati entro la fine di novembre per consentire l'arrivo dei primi gruppi dal Nord dell'Etiopia, soprattutto eritrei della regione del Tigrai. Saranno accolti nell'ambito del progetto “Rifugiato a casa mia”. Il protocollo prevede l'arrivo di 500 persone in 12 mesi.