Charlie, il cardinale Bassetti ammonisce: “Non siano sospese nutrizione e idratazione”

“I genitori si sono trovati di fronte a una scelta drammatica che è stata quella di arrendersi alla malattia”. Lo ha affermato il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Conferenza episcopale italiana, commentando la decisione dei genitori del piccolo Charlie Gard di abbandonare la battaglia legale per le cure al figlio. In un’intervista rilasciata questa mattina a Radio Uno, il cardinale ha sottolineato come “veramente in tutta questa vicenda, in queste settimane, abbiamo condiviso che c’è qualcosa di più della ragionevolezza giuridica e clinica”.

Non sospendere i trattamenti vitali

“Abbiamo anche constatato – ha aggiunto – nuove disponibilità fra diversi medici al confronto per riconsiderare la possibilità di un’opzione terapeutica straordinaria. E mi sembra che tutto questo poteva essere fatto”. Ora “aspettiamo la fine” del piccolo malato ha proseguito il presidente della Cei. “A questo punto – ha ammonito – devono essere rispettati i diritti di Charlie, che dev’essere accompagnato e curato nel naturale decorso della malattia”. “Non può essere disidratato, non può essere privato del cibo – ha sottolineato il presidente dei vescovi italiani – Tutte le cose che si fanno normalmente per curare un malato – ha concluso – devono essere fatte anche nella sua condizione terminale”. Esattamente il contrario di quello che rischia di avvenire, ovvero una forma di eutanasia passiva con la sospensione dei trattamenti di alimentazione e idratazione che non possono mai essere equiparati a terapie mediche, come ha giustamente fatto osservare nelle scorse settimane il cardinale Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita.

Eutanasia per i disabili

“Il piccolo Charlie non ha soltanto commosso il mondo, ma ha mostrato che per i gravi disabili senza una possibilità di cura sta imponendosi l’eutanasia obbligatoria, il dovere di morire per decisione dello Stato. Ora che anche i genitori di Charlie, dopo cinque mesi di resistenza eroica, hanno gettato la spugna e mentre si attende lo spegnimento del respiratore, i contorni della vicenda si sono fatti più chiari, a cominciare dall’atteggiamento dell’ospedale che, rinunciatario fin dall’inizio, ha tolto al piccolo ogni chance di cura per la malattia degenerativa da cui era affetto, se mai ve ne fosse stata una. Fin dall’inizio era stato deciso che la vita di Charlie in quelle condizioni non era una vita degna di essere vissuta”. E’ durissima la presa di posizione dell’on. Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita Italiano. “Per affermare questo teorema, un ospedale già chiacchierato per numerosi casi di malasanità non ha esitato – sottolinea Gigli – a costituirsi in giudizio contro i genitori. Ribaltando il comune assunto secondo cui l’intervento del giudice tutelare è richiesto quando i genitori rifiutano di curare il proprio bambino, l’ospedale ha chiesto al giudice di intervenire perché i genitori smettessero di curarlo, privandolo della potestà genitoriale, del diritto alla libera scelta del medico e del diritto di espatrio, in nome del presunto superiore interesse del bambino ad essere lasciato morire. Infine, è stato affermato che al bambino sarà assicurata una morte dignitosa grazie alle cure palliative, dimenticando che l’obiettivo delle cure palliative non è mai, per definizione, quello di affrettare la morte, ma quello di lenire la sofferenza del paziente che muore della sua malattia”.